Matrimonio
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L’assegno di divorzio? Calcolato sull'autosufficienza economica

Da Milano la nuova sentenza che supera la concezione patrimonialistica del matrimonio.

Da Milano la nuova sentenza che supera la concezione patrimonialistica del matrimonio.

“Il matrimonio è un atto di libertà e di autoresponsabilità”, scrive la Corte: “non è più la sistemazione definitiva”. Il messaggio, moderno e rivoluzionario, parla chiaro sia in termini legali che affettivi: meglio unirsi per amore ed evitare di fare le vittime ad amor finito.

I calcoli - legali e affettivi - di una volta funzioneranno diversamente: non sarà più il tenore di vita a determinare l’assegno del divorzio ma l’indipendenza economica dell’ex coniuge che lo pretende.

I fatti parlano poi più chiaramente delle parole. Già nel 2014 la Corte di Appello di Milano aveva respinto il ricorso di una ex moglie, che aveva richiesto un assegno di divorzio da suo marito, ex ministro. La donna non aveva fornito una documentazione completa, dall’altra i redditi dell’ex marito a fine del matrimonio sembravano contratti. Morale della "favola legale": alla donna non è stato riconosciuto il diritto di aggiudicarsi l’assegno.

"O tempora! O mores!” direbbero i latini. Perché ormai i costumi sono in cambiamento.

Via quindi al principio della legge 898, sancito nel 1970, e benvenuto al nuovo terremoto giurisprudenziale: l’assegno di divorzio potrà essere richiesto soltanto da chi dimostra di non avere i mezzi economici sufficienti al mantenimento personale. L’onere della dimostrazione tocca all’ex coniuge che fa richiesta dell’assegno.

“Il possesso di redditi patrimoniale formerà oggetto di prove documentali” - afferma la Suprema Corte - “ma anche le capacità e le possibilità effettive di lavoro personale formeranno oggetto di prova di natura presuntiva”. Insomma, val più la pena sposarsi per amore e con responsabilità piuttosto che per strategia o incoscienza.

Foto @ krivinis | Fotolia.com

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