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Un museo del cappello lungo le rive del Lago Maggiore

Il museo all'interno dell'ex cappellificio di Ghiffa, in Piemonte, per inoltrarsi nella storia della lavorazione del feltro e nella tradizione del cappello.

Il museo all'interno dell'ex cappellificio di Ghiffa, in Piemonte, per inoltrarsi nella storia della lavorazione del feltro e nella tradizione del cappello.

Un antico proverbio italiano recita: ‘A chi ha testa non manca il cappello’, a significare che chi ha cervello ha la capacità di arrangiarsi in qualunque situazione. Il Museo dell’Arte del Cappello di Ghiffa, in provincia di Verbania, è un perfetto esempio della capacità di sfruttare l’ingegno al massimo, superando le avversità.

Sorge, infatti, in alcuni ambienti del famoso Cappellificio Panizza, azienda produttrice di prestigiosi copricapi da uomo in feltro fine, attiva per un secolo esatto, dal 1881 al 1981, in questi locali che si affacciano sulla riva orientale del lago Maggiore, e trasferitasi in seguito a Montevarchi, in provincia di Arezzo. La chiusura dello stabilimento, però, non scoraggiò alcuni vecchi operai della fabbrica, particolarmente legati alla loro precedente attività: questi, grazie anche alla disponibilità della famiglia dell’ultimo amministratore dell’azienda, Antonio Gamba, decisero di raccogliere dei macchinari del ciclo produttivo, insieme a un nutrito gruppo di cappelli e campionari e realizzare, così, un museo permanente.

Nel 1992, perciò, nacque il Museo dell’Arte del Cappello nelle sale della vecchia fabbrica, che presero nuova vita, offrendo una testimonianza preziosa sugli antichi metodi di lavorazione dei cappelli di feltro, e dando la possibilità di osservare le mutazioni del copricapo nel corso del tempo.

Il percorso museale si articola in due sale, dedicate alla storia del Cappellificio Panizza, all’illustrazione minuziosa del procedimento che porta dalla materia prima al feltro e da questo al cappello, e all’esposizione di copricapi di vario genere e di diversa provenienza.

Nella prima sala il visitatore è condotto alla scoperta della storia del cappellificio e del processo di feltrazione.

All’inizio del percorso, infatti, si collocano dei pannelli che illustrano gli atti di fondazione dell’azienda e una serie di fotografie che documentano le diverse fasi della vita della fabbrica, mostrandone il progressivo ampliamento.

Sempre nello stesso ambiente sono mostrati i processi che portano alla produzione del feltro, ‘tessuto non tessuto’ le cui origini si perdono nella notte dei tempi. Questa stoffa, infatti, al contrario delle altre, non si ricava attraverso la filatura e la tessitura delle fibre animali di cui è composto, ma attraverso il loro infeltrimento, ottenuto attraverso l’effetto combinato di umidità, calore e lavoro meccanico, che porta le fibre (siano esse di lana di pecora, castoro, coniglio domestico o selvatico) a intrecciarsi tra loro inestricabilmente.

Per comprendere meglio le operazioni necessarie alla realizzazione di un cappello di feltro di qualità, sono presenti, inoltre, materiali, immagini fotografie e didascalie che illustrano il processo di feltrazione e, per uno sguardo più approfondito, sono disponibili videocassette e DVD, che documentano i passaggi dell’antica lavorazione artigianale del feltro in un importante cappellificio cecoslovacco negli anni Trenta, e le principali fasi del lavoro degli operai del Cappellificio Panizza nel 1951.

Per rendere il tutto ancor più realistico, inoltre, sono esposti nella prima sala una parte del corredo chimico usato per la colorazione o per l’indurimento del feltro, i macchinari originali più piccoli in uso nel processo di feltrazione e le parti più caratteristiche dei macchinari più grandi e pesanti, corredate da fotografie che li mostrano nella loro interezza.

In questa stessa sala, infine, si trova una bacheca che custodisce attrezzi artigianali rinvenuti a Intra, frazione di Verbania in cui si trovavano numerosi cappellifici specializzati nella lavorazione del feltro, e reperti di vario genere legati all’arte dei cappellai, tra cui antiche stampe di Diderot e D'Alembert.

Nella seconda sala, invece, sono presenti i macchinari utilizzati per la finitura dei cappelli.

Insieme a questi sono presenti un'importante serie di forme di testa e a molti documenti che testimoniano l’attività del Cappellificio Panizza nel corso del XX secolo. Ma l’elemento più interessante della stanza è, senza dubbio, la grande vetrina centrale, che raccoglie diverse fogge di cappelli in uso in vari momenti storici e in differenti luoghi geografici, consentendo al visitatore di affrontare un vero viaggio nello spazio e nel tempo seguendo l’evoluzione e le forme di questo accessorio intramontabile.

www.museodellartedelcappello.it