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Un'impronta di sangue sul muro

L'antica e triste storia della Baronessa di Carini

L'antica e triste storia della Baronessa di Carini

La leggenda racconta che la notte del 4 dicembre una donna disperata si aggiri fra le mura merlate del castello, piangendo e lamentandosi, e che sul muro di una stanza appaia come per magia l’impronta insanguinata di una mano, quella di una giovane donna ferita a morte. L’amaro caso della Baronessa di Carini, accaduto nel lontano 1563, è stato tramandato nei secoli dai cantastorie siciliani, e questa storia dolorosa ancora viene ricordata. Una vicenda d’amore, di onore e di sangue.

Il teatro di questa storia è l’imponente rocca che ancora si erge sopra il paese di Carini; bastano pochi passi per raggiungerlo, percorrendo le stradine del paese. Da lassù il panorama è veramente notevole: ci troviamo a pochi chilometri da Palermo, e il mare azzurro è a portata di mano. L’edificio è stato restaurato di recente e i lavori sono terminati nel 2001. Le facciate riportano i segni dei vari periodi di costruzione. All’interno una grande sala conserva il soffitto ligneo quattrocentesco, che testimonia il passaggio da fortezza militare a dimora rinascimentale.

I protagonisti della storia sono quattro, e sono tutti strettamente legati fra loro: Laura Lanza, la baronessa; suo padre Cesare Lanza, di recente nobiltà, barone di Castania e Trabia; suo marito Vincenzo la Grua, proveniente da una delle più antiche famiglie nobili della regione; infine l’amante, Ludovico Vernagallo, parente di Vincenzo. Lo sfondo è una Sicilia del XVI secolo, governata da viceré spagnoli, in una società che pone in primo piano gli interessi delle casate e non certo i sentimenti. Così Laura, giovanissima, sposerà Vincenzo La Grua, con nome nobile ma pochi quattrini: un matrimonio di puro interesse, dove Cesare Lanza continuerà però a esercitare la sua prepotenza. Nel corso degli anni nasceranno anche dei figli ma i rapporti tra i due sposi non sono saldi, tanto che la baronessa inizierà a frequentare Ludovico Vernagallo, che per affari capita spesso al castello. La storia durerà circa un paio d’anni; considerando la posizione del castello, è difficile pensare che gli abitanti del paese non sapessero nulla, visto che le cronache del tempo raccontano che Ludovico raggiungesse le stanze della baronessa con l’aiuto di una scala di corda. E sicuramente anche il marito era al corrente della relazione, ma evidentemente non era interessato più di tanto a farla interrompere. Ma allora cosa fece scatenare la tragedia?

Pare che il barone Cesare Lanza giungesse al castello per fare visita alla figlia Laura. Andando nei suoi appartamenti per avvertirla dell’arrivo del padre, il marito Vincenzo La Grua la sorprese con l’amante. Sconvolto, aspettò però l’arrivo del suocero, incapace forse anche di vendicarsi. Cesare Lanza era uomo violento, vendicativo e gelosissimo della figlia: i due fecero allontanare i servi, quindi entrarono nella camera di Laura. Fu il padre, però, a uccidere con un archibugio la figlia e Ludovico. La baronessa, colpita a morte, fece solo in tempo ad appoggiarsi al muro, lasciandovi la sua impronta insanguinata. A dimostrazione dell’aver lavato l’onta del disonore con l’omicidio, i corpi furono esposti perfino sulla piazza del paese, prima di essere sepolti in chiesa. Insomma, come il padre aveva dato la vita alla figlia, così gliela aveva tolta, continuando da affermarne l’esclusiva proprietà nonostante il matrimonio.

Un delitto terribile, che forse proprio a causa della sua atrocità rimase impresso nella memoria popolare, tanto che fu tramandato oralmente dai cantastorie, fino alla prima versione scritta del marchese di Villabianca a metà del Settecento. La versione più conosciuta però è del folclorista siciliano Salvatore Salomone Marino, che nel 1870 pubblicò un poemetto in ottave, abile e suggestiva ricucitura di tutte le varianti della storia che esistevano a quel tempo. Qualche anno fa la vicenda è stata ripresa e studiata con cura: il delitto d’onore è un falso. La verità è molto più squallida: Cesare Lanza doveva del denaro a Ludovico Vernagallo, e prese come scusa l’onore offeso per cancellare il debito, eliminando il creditore. Laura fu uccisa per nascondere il vero motivo del delitto. La giustizia spagnola volle credere all’onore offeso, e infatti nessuno fu punito per il duplice omicidio. I secoli passano, il sole di Sicilia batte splendido e implacabile sulle mura chiare del castello restaurato; ma nessuno, ogni 4 dicembre, può fare a meno di pensare a quella dolente fanciulla, la cui ombra pare ancora prigioniera nella torre.

www.comune.carini.pa.it/castello.asp