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Una città di donne potenti

L'antica Veleia romana

L'antica Veleia romana

La città romana di Veleia rivide la luce per caso nel 1747: fu, infatti, una casualità che Giuseppe Rapaccioli trovasse vicino alla chiesa alcuni frammenti di una grande tavola di rame iscritta; il prete aveva intenzione di vendere ciò che aveva trovato a una fonderia, fu quindi una doppia fortuna che i frammenti capitassero tra le mani del conte Roncovero, che riconobbe il valore dei reperti ed evitò che andassero inesorabilmente perduti. Grazie alla scoperta, Filippo I di Borbone diede l’avvio agli scavi e fondò il Museo archeologico di Parma che oggi conserva le principali testimonianze del sito.

Il reperto apparteneva alla tabula alimentaria di Traiano, la più grande iscrizione in bronzo dell’antichità; si tratta di un documento voluto da Nerva e Traiano per regolare i prestiti volti ai latifondisti per il mantenimento dei bambini bisognosi. La tavola misura 1,38 metri di altezza e 2,86 di larghezza, l’originale è oggi conservata a Parma, ma una copia è conservata presso l’antiquarium locale.

Il sito, tra le più importanti aree archeologiche dell’Emilia Romagna, si trova in provincia di Piacenza, presso il comune di Lugagnano Val d’Arda. La città di Veleia sorgeva fuori dal tracciato della via Emilia; era un centro piccolo ma attivissimo, costruito su una serie di terrazze alle pendici dei monti Moria e Rovinasso. L’area si componeva di complesso termale, foro, del quale rimangono la piazza, la basilica, i portici e le tabernae, e i quartieri residenziali.

La città era in ottimi rapporti con Roma e soprattutto con la famiglia imperiale; ce lo documentano gli scavi che hanno riportato alla luce 12 statue celebrative in marmo raffiguranti i membri della dinastia imperiale giulio-claudia; tra le poche oggi conservate, ben 4 sono di donne: Livia, moglie dell’imperatore Augusto, Agrippina maggiore, moglie di Germanico, la figlia Drusilla e infine Agrippina minore, moglie di Claudio e madre di Nerone. Le statue erano conservate presso la basilica e testimoniavano la fedeltà di Veleia a Roma e soprattutto il culto della famiglia imperiale.

Le figure femminili, identificate per lo più dalle dediche che le accompagnavano, sono rappresentate con abbigliamento ricercato e raffinato, tipico delle matrone romane: la stola è tenuta in vita dalla cintura, portano sul capo un lungo mantello che copre anche spalle e schiena.

Il vero mistero e tesoro del sito archeologico, però, è costituto dal busto di Beabia Bassilla, ritrovata nel XVIII secolo. Si tratta di una scultura bronzea che riproduce, con grande attenzione e cura dei particolari, il viso di una donna; gli occhi furono realizzati in calcedonio, anche se oggi se ne conserva solo uno. L’acconciatura è fedele alla moda del I secolo a.C.: capello corto pettinato all’indietro, fermato sulla fronte da una fascia; il taglio ha fatto pensare a una sacerdotessa, ma un’iscrizione su lastra di marmo ritrovata nel foro, vicino alla basilica, ha reso concorde la maggior parte degli studiosi sull’identificazione con la benefattrice Baebia Bassilla.

Nell’iscrizione si parla di un atto di evergetismo compiuto dalla ricca donna; l’evergetismo era un atto diffuso tra le famiglie nobili, che consisteva nella donazione di alcuni beni privati per aiutare la città; nello specifico di Bassilla, si tratta del finanziamento per la realizzazione di un edificio pubblico, ovvero di un ambiente della basilica. Compiere questo atto significava ottenere onore e rispetto all’interno del municipio; per questo, probabilmente, venne realizzato il busto commemorativo. L’originale e le altre statue si trovano al Museo Archeologico di Parma, ma è possibile vedere un calco fedele di Bassilla presso l’antiquarium di Veleia.

Il museo locale conserva numerose suppellettili in bronzo, tra le quali Ercole Ebbro e la Vittoria alata, vasellame, candelabri, lucerne e altro materiale che fornisce una ricca e rara documentazione della vita domestica degli abitanti della città. Una serie di pannelli accompagnano il turista e documentano con disegni e fotografie la storia degli scavi del parco archeologico.

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