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Arte e natura vanno in scena

Itinerario nei giardini di Villa Durazzo-Pallavicini a Genova

Itinerario nei giardini di Villa Durazzo-Pallavicini a Genova

GIARDINI D’ITALIA

A teatro passeggiando nel parco. È il concetto dell’itinerario che offrono i giardini di Villa Durazzo-Pallavicini a Genova Pegli, tra i più caratteristici nel panorama europeo. Un percorso nel romanticismo ottocentesco dove arte e natura diventano complementari e si presentano in tutt’uno al visitatore. Il complesso offre, oltre ai giardini, l’orto botanico ‘Clelia Durazzo Grimaldi’, fondato nel 1794, e il Museo Archeologico Ligure all’interno del palazzo un tempo residenza della marchesa e via d’accesso principale ai giardini.

Architetture neoclassiche, sculture e pagode che in simbiosi con le palme, il cedro del Libano e la collezione di antiche camelie, mettevano in scena l’inusuale rappresentazione teatrale, devono convivere oggi con gli impianti di ristrutturazione. Non per forza ci si deve però scoraggiare di fronte a questo. Libera da impalcature di restauro è la ricchezza botanica chiamata a ‘recitare’ la sua parte di fronte all’uomo, mai come in questo caso spettatore della natura e dell’arte. Durante la visita ci si imbatte in luoghi come la Coffée-House, edificio su due piani in stile gotico, nascosto tra le piante del viale d’ingresso che termina in un Arco di trionfo neoclassico. Proseguendo il cammino, dopo aver attraversato il viale delle camelie, gloriosamente in fiore durante la primavera, l’attenzione viene catturata dal tempietto sul lago dedicato alla dea Diana, ‘protetto’ da quattro sculture del Cevasco. Il chiosco turco e l’obeliscoegizio, posti nelle vicinanze del lago, anticipano l’arrivo alle grotte (l’unica parte non visitabile all’interno), ultimo atto prima della conclusione del percorso.

Il parco, realizzato per volere del nipote della marchesa Durazzo, Ignazio Alessandro Pallavicini, fu ideato e progettato dallo scenografo teatrale Michele Canzio. I lavori, durati sei anni e terminati nel 1846, diedero vita a un ambiente che ricostruisce un’intera opera teatrale divisa in prologo e tre distinti atti: il ritorno alla natura, la memoria e la purificazione. Quelli della seconda metà del XIX secolo sono gli anni dell’arrivo degli inglesi in Liguria e, come altri giardini botanici nella regione, straordinari esempi dell’influenza culturale anglosassone, Villa Durazzo-Pallavicini nasce da un concetto romantico che si oppose, accogliendo stili di diversa origine geografica, all’imperativo del progresso tecnologico. La marchesa Durazzo, scienziata soprannominata ‘l’erborista’, arricchì la villa di rarità vegetali come lo spinosissimo ‘cuscino della suocera’ o la Welwitschia mirabilis africana, una delle più antiche specie viventi conosciute. L’illuminata aristocratica non si limitò a questo: piante carnivore, oltre 200 specie di orchidee e circa 80 di palme ornano il giardino e l’orto botanico.

Nella visione di Michele Canzio, il percorso inizia dal Viale Gotico, la cui vegetazione fitta e opprimente simboleggia lo smarrimento dell’uomo, per poi snodarsi, quasi labirintico, tra paesaggi rustici e ricostruzioni medievali. La rappresentazione è messa in atto con il contributo del visitatore che fisicamente, camminando nel parco, passa da una scena all’altra: la natura incontaminata del Lago Vecchio, il Viale Classico, simbolo della vita urbana e agiata, l’arrivo al Castello, emblema di glorie e battaglie medioevali. Canzio, nella sua idea vagamente dantesca, immaginava la presenza di una guida, un Virgilio che illustrasse il passaggio di scena in scena al pubblico. Solo così le grotte potevano comunicare ciò per cui furono pensate: un rapido ma intenso viaggio agli inferi come estrema opportunità di pentimento prima dell’arrivo nella scena finale dell’Eden.

La straordinaria originalità del luogo è stata però vittima dei nostri tempi: anni di degrado e  urbanizzazione, che ha portato anche alla costruzione di una galleria autostradale sotto ai giardini, hanno messo a dura prova l’intero complesso. Ad oggi, però, sembra prospettarsi un lieto fine: parte del parco è ancora in ristrutturazione ma per la prima volta dopo anni, è interamente visitabile e di nuovo capace di lasciare a bocca aperta.

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