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Un giardino sorto dalla lava

Le trasformazioni e i manufatti del Giardino di Villa Trinità in Sicilia

Le trasformazioni e i manufatti del Giardino di Villa Trinità in Sicilia

Chi non ricorda la ginestra di leopardiana memoria che rinasce dalla lava impietrata sui fianchi, resi deserti, del Vesuvio, rappresentando un segno di speranza dopo l’azione devastatrice della natura? Sicuramente ognuno di noi ha trascorso ore, durante gli anni di scuola, a studiare questo celebre componimento di Leopardi, e sono proprio queste rimembranze scolastiche a riaffiorare alla mente visitando il Giardino di Villa Trinità a Mascalucia, cittadina dell’assolata provincia catanese alle falde dell’Etna.

Infatti, questo lussureggiante giardino botanico, ricchissimo sia di specie indigene sia di piante provenienti da altri continenti, sorge sulle colate laviche dell’eruzione etnea del 1382, divenute ormai roccia, che seppellirono l’antica vegetazione e i resti di numerose civiltà del passato.

Il giardino si trova nel complesso di Villa Trinità, tenuta agricola di proprietà della famiglia dei baroni Bonajuto da almeno otto generazioni e costituita da una casa padronale e da un appezzamento di terreno coltivabile di circa tre ettari.

La villa fu costruita nel 1609 e prese il nome dall’attigua chiesetta secentesca della Santissima Trinità; attualmente è circondata da una vera e propria oasi verde che comprende un giardino botanico e un agrumeto coltivato naturalmente, i quali mantengono ancora oggi l’antico sistema di irrigazione della ‘saja’ (dalla parola araba che dignifica ‘canale’), introdotto negli agrumeti siciliani nel periodo della dominazione araba e costituito da stretti canali in terracotta che permettono la distribuzione delle preziose acque irrigue attraverso caratteristiche chiuse.

Agli inizi del XIX secolo, la tenuta era adibita esclusivamente alla produzione del vino etneo, e, per buona parte dell’Ottocento e del Novecento, venne utilizzata dalla famiglia come residenza estiva, in modo che i proprietari potessero sovrintendere ai lavori di raccolta dell’uva e al processo di vinificazione.

Negli anni Sessanta del Novecento, però, Antonio Bonajuto, padre dell’attuale proprietario, decise di destinare gran parte del podere alla coltivazione degli agrumi, in quel periodo più redditizia delle vigne. Tuttavia, tra la fine degli anni Ottanta e l’inizio degli anni Novanta, quando ormai la coltura degli agrumi era in piena crisi, Villa Trinità fu sottoposta a un’opera di restauro e riqualificazione che l’ha trasformata in un fiorente agriturismo.

La villa divenne, inoltre, la residenza fissa della famiglia Bonajuto e Salvatore, l’attuale proprietario, agronomo e paesaggista per professione ma soprattutto per passione, iniziò quasi per scommessa a trasformare il terreno che circondava la sua residenza in un giardino botanico e decise di aprirlo al pubblico in modo che tutti potessero fruire delle bellezze che racchiudeva.

È possibile, infatti, passeggiare nel giardino sugli antichi camminamenti di pietra, detti ‘rasule’, accompagnati dallo stormire del vento tra le fronde e dal gorgoglio dell’acqua che scorre nei canali, ammirare i colori e le bellezze della straordinaria collezione di piante mediterranee ed esotiche, tra cui spiccano quaranta specie diverse di iris, piante aromatiche dal profumo inconfondibile (per esempio mirto, timo, lavanda e maggiorana), l’antico bagolaro, che troneggia per la sua maestosità, numerosi esemplari di succulente e lo Schinus molle, conosciuto comunemente come ‘falso albero del pepe’.

Tra la vegetazione fanno capolino antichi manufatti, rinvenuti nel giardino in seguito alle operazioni di dissodamento del terreno, che dimostrano la stratificazione di culture che si sono succedute in questo territorio così ricco di storia. Si passa, così, dalle antiche macine di frantoio realizzate con roccia lavica alla ‘gebbia’, una sorta di cisterna per la raccolta dell’acqua dalla quale si diramano le ‘saje’ utilizzata nel sistema di irrigazione arabo, dallo ‘Scifo delle gru’, abbeveratoio caratteristico della tradizione siciliana che serviva a ristorare le gru che migravano verso sud nei mesi più freddi, al tavolo di pietra costruito con pregiato granito rosso di Taormina e pietra di Comiso.

Il giardino è aperto tutto l’anno su prenotazione e, qualora fossero interessati, i visitatori hanno anche la possibilità di partecipare ai lavori agricoli stagionali, in modo da avere un genuino assaggio dei diversi aspetti del lavoro agricolo siciliano.

www.grandigiardini.it
www.aziendatrinita.it