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Silvia Fiorini: «Calcio femminile? La classe non ha sesso»

L’Italia, che torna al Mondiale femminile dopo 20 anni di assenza, partecipò alla prima edizione della storia, che si svolse in Cina nel 1991. Intervista all’ex calciatrice Silvia Fiorini, che faceva parte di quella nazionale.

L’Italia, che torna al Mondiale femminile dopo 20 anni di assenza, partecipò alla prima edizione della storia, che si svolse in Cina nel 1991. Intervista all’ex calciatrice Silvia Fiorini, che faceva parte di quella nazionale.

Palla al centro per il Mondiale di calcio femminile, in programma dal 7 giugno al 7 luglio in Francia, con tappe (quelle assicurate, almeno) a Valenciennes e Reims per le azzurre, attese da Australia, Giamaica e Brasile. Com’è noto agli appassionati, l’Italia falliva la qualificazione da Usa 1999, ma era stata invece presente alla prima storica edizione del torneo, che si svolse nel 1991 in Cina. Allora, tra le convocate azzurre figurava anche una mezzapunta con il vizio del gol, che sarebbe poi diventata campionessa d’Italia con la maglia dell’Agliana nel 1994/95: Silvia Fiorini, che abbiamo intervistato.

La convocazione da parte del ct Sergio Guenza fu una sorpresa?

Ero nel giro azzurro fin dal 1985, quando fui convocata nell’Under 20 per un torneo a Mentone. Nella nazionale maggiore giocavo già da un paio di anni e avevo fatto tutte le qualificazioni. La certezza non c’è mai, ma certo non fu una sorpresa. La convocazione arrivò con un telegramma, che conservo ancora.

Come fu il viaggio per arrivare in Cina?

Avventuroso. A quei tempi la federazione cercava di risparmiare il più possibile sul calcio femminile. Partimmo da Roma, poi una volta atterrati in Cina, ci toccò fare 25 ore di pullman per arrivare a Jiangmen, sede del nostro ritiro. Anche il ritorno fu allucinante, visto che ripartimmo da Canton in battello, con il mare mosso.

In ritiro andò tutto bene?

Sì, l’organizzazione da parte dei cinesi fu perfetta. Sbagliammo ‘noi’, nel senso che la federcalcio non aveva fatto i conti con il passaggio del turno e spedì in Cina una scorta di prodotti alimentari italiani, come prosciutto, formaggio e olio, che non ci bastò per tutta la permanenza. Pensavamo di stare poco, invece rimanemmo là 26 giorni.

Ricorda qualche aneddoto divertente del ritiro?

Sono passati quasi 28 anni… Beh, mi ricordo che Betty Bavagnoli, attuale allenatrice della Roma, si mise a sedere su una sputacchiera, che si trovava nella hall dell’albergo. Fu molto divertente (ride, ndr).

Nel girone affrontaste Taipei Cinese, Nigeria e Germania. Che ricordi ha?

La prima partita fu un’emozione bellissima. Lo stadio era pieno: non avevamo mai visto una roba del genere. Certo, prima del fischio d’inizio mi tremavano un po’ le gambe, poi non ci ho pensato più e ho giocato normalmente, addirittura fuori ruolo visto che il ct mi metteva in fascia.

La vostra corsa si arrestò ai quarti di finale, con la Norvegia.

Fu un grande risultato, alla fine arrivammo seste: se all’epoca il calcio femminile fosse stata disciplina olimpica, saremmo andate a Barcellona 1992.

Nazionale femminile 1999 - Foto: Facebook Silvia Fiorini

Insomma, ai quei tempi il calcio femminile italiano era al top.

Sì, sono stati anni ricchi di soddisfazioni, in cui le calciatrici venivano trattate molto bene. C’erano più soldi, anche per il calcio femminile. Nel 1992, ad Agliana, sono arrivata a prendere due milioni di lire al mese, più di un operaio.

Ha partecipato anche al Mondiale del 1999. Che ricordi ha?

Grande spettacolo, stadi pieni e organizzazione perfetta. D’altra parte negli Stati Uniti il calcio femminile è più popolare di quello maschile. Per il nostro movimento è stata però un’occasione persa, visto che le partite non sono state trasmesse in tv. Ci stiamo rifacendo adesso, ma la mossa di obbligare i club professionistici a dotarsi di squadre femminili poteva essere fatta anni fa.

Ha qualche altro suggerimento per favorire la crescita del movimento?

Dovrebbero far giocare le donne prima degli incontri della Serie A maschile. Prima, ripeto, non dopo. Una volta abbiamo giocato Italia-Germania dopo Roma-Juventus all’Olimpico: andarono via quasi tutti gli spettatori. Questa era la mentalità all’epoca, non molto diversa da quella di oggi.

Purtroppo il calcio femminile in Italia ha ancora molti detrattori.

Il fatto è che è davvero diverso da quello maschile. È più lento, ma a livello tecnico una donna può avere la classe di un uomo. Ecco, per rendere più potrebbero essere introdotte porte più piccole. Anche se, va detto, se ci limitiamo alla Fiorentina già adesso mi diverto di più a guardare quella femminile!

In attesa di crescere ancora e vincere a livello internazionale con i club, ci ‘accontentiamo’ del traino della nazionale.

La nazionale ha fatto un salto di qualità quando in federazione hanno capito che serviva un tecnico, donna o meno, che conoscesse il calcio femminile. Nel corso degli anni sono stati ct allenatori come Vatta, Facchin e Niccolai, che non c’entravano niente con il nostro ambiente. Ovviamente questo non si può dire di Milena Bertolini, che tra l’altro nel 1993/94 fu anche mia compagna di squadra ad Agliana.

Foto: LaPresse

A proposito, diverse sue ex compagne adesso allenano. Lei perché non lo ha fatto?

Eh, io sono andata a lavorare. Ho un carattere particolare, se fossi allenatrice giocherei con dieci Messi e un portiere. Non fa per me.

Le nostre calciatrici riusciranno mai a diventare professioniste?

Lo spero. Sarebbe giusto. Anche se con cifre inferiori quelle degli uomini. 5mila euro al mese, magari.

Chiudiamo con un pronostico. Dove può arrivare l’Italia al Mondiale?

Può fare bene. Il gruppo è valido e Milena è molto brava. Il passaggio del girone è sicuramente alla portata, poi chissà.

Foto apertura: Facebook Silvia Fiorini