Amore e coppia - Le guide
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Come difendersi dal sessismo in ufficio

C’è, ma non si vede: come fare a riconoscere il sessismo in ufficio e imparare a difendersi. 

C’è, ma non si vede: come fare a riconoscere il sessismo in ufficio e imparare a difendersi. 

Il sessismo, sul lavoro così come nella vita di tutti i giorni, è una sorta di minaccia fantasma: c’è, ma è travestito da fraintendimento. Al meglio, chi si comporta in maniera sessista nei vostri confronti, che sia un collega o il vostro capo, non ne ha neanche la consapevolezza. Certi atteggiamenti sono talmente consuetudinari per lui, che non si rende conto di ciò che fa.

Il sessismo è così radicato nella nostra società che essere in grado di riconoscerlo quando lo si subisce non è affatto semplice. È un po’ come il dosaggio sbagliato in una ricetta quando stai preparando un dolce: alla fine il dolce lo mangi, ma hai la sensazione che qualcosa non quadri.

Come si riconosce, quindi, il sessismo in ufficio? Come si può reagire in modo efficace, portando i propri colleghi a cambiare atteggiamento nei nostri confronti? Ecco qualche suggerimento da provare a mettere in pratica.

Sessismo in ufficio: istruzioni per l’uso

Il sessismo in ufficio è subdolo: il collega che tira fuori dal cappello la frase sessista di turno potrebbe persino definirsi un femminista. Ha l’etichetta del “politicamente corretto”, del “dai, non te la prendere, sto scherzando”. Peccato che, il più delle volte, questa frase venga palesata con la domanda “Come sei acida, da quanto tempo non scopi?”. 

Tutte quelle volte che vi sentirete chiedere “Hai il ciclo?”, tutte quelle volte in cui un incarico importante sarà affidato al collega, uomo, meno competente e meno brillante di voi, tutte quelle volte in cui vi chiederanno di fare il caffè per tutti, a prescindere dalla vostra posizione, tutte quelle volte in cui “Domani viene il cliente. Mettiti la gonna, mi raccomando”, tutte quelle volte in cui “A chi l’hai data per essere dove sei?”, tutte quelle volte in cui il mansplaining prenderà il sopravvento, ecco sarete di fronte a un silenzioso, camuffatissimo, ma pericolosissimo episodio di sessismo.

Sessismo in ufficio: i casi più comuni

Partiamo dallo stipendio: nonostante l'occupazione femminile in Italia sia cresciuta negli ultimi anni, il gender gap a livello salariale rimane molto elevato. A parità di competenze, esperienza e percorso di studi, le donne guadagagno 2.700 euro lordi in meno rispetto agli uomini. Le differenze di stipendio si fanno sentire di più soprattutto in alcuni settori, come per esempio quello finanziario in cui il divario relativo alla RAL è del 23,5% (i dati fanno riferimento al Gender Gap Report 2019 realizzato dall'Osservatorio JobPricing). 

Ci sono ancora oggi professioni che vengono considerate più maschili: spesso durante un colloquio può capitare che una donna si senta dire "pensavamo più a un uomo per questa posizione", in particolar modo quando si tratta di occupare ruoli di tipo manageriale. Restando in tema colloqui, non mancano le domande personali sulla situazione sentimentale e sul desiderio di avere figli in futuro: molte donne vengono scartate nel caso di risposta affermativa perché la maternità viene ancora oggi vista come una limitazione da molte aziende. Ci sono, poi, quesiti del tipo "è proprio sicura di farcela?" alle donne che hanno già dei figli o, più in generale, a qualsiasi donna che scelga di lavorare full time. 

Negli uffici si verificano spessissimo anche episodi di cameratismo tra maschi: le donne vengono escluse volontariamente da informazioni di rilievo dal punto di vista lavorativo. Quando ci si rende conto di avere a che fare con una collega che "sa il fatto suo" piovono espressioni della serie "Sei brava, per essere una donna. Ragioni proprio come un uomo". 

Sessismo in ufficio: come reagire?

La guerra contro il sessismo, non solo in ufficio, può essere vinta con piccole battaglie quotidiane con le quali provare a smuovere alcuni pilastri comportamentali. Primo fra tutti, il linguaggio. Sono tante le parole rivolte alle donne che hanno contribuito nel tempo a rafforzare la dicotomia fra "sesso debole" e "sesso forte".

Per esempio, quando una donna laureata viene chiamata “signorina”, mentre a un uomo ci si rivolge con il termine “dottore”. Potremmo iniziare da lì: la rivoluzione delle parole dovrebbe portare nel tempo a cambiamenti più radicali.

Dovremmo smetterla di dire che una donna forte e competitiva “ha le palle”, di definire un uomo che dà una mano in casa “la donna di casa”. Anche l’espressione “vediamo chi tra i due porta i pantaloni” dovrebbe essere rimodulata, così anche “è roba da femmina, è un colore da femmina, guidi bene per essere una donna”.

Partiamo pure da noi. Frasi come “Se non ci fossi stato tu, non so come avrei fatto” dovrebbero sparire dal nostro vocabolario. Anche noi possiamo montare un mobile, ve lo assicuro: io l’ho fatto.

Cercate di non rimanere passive di fronte a una frase o un atteggiamento sessista in ufficio. Reagite con l’arma del sarcasmo, rifiutatevi di fare il caffè o le fotocopie se il motivo per cui vi è stato chiesto è il semplice fatto di appartenere al “gentil sesso”. Non abbiate il timore di dire quello che pensate e prendetevi sempre il merito di un’idea o di un risultato.

Non vivete all’ombra di nessuno. Se vi spetta un posto sotto i riflettori, non lasciate mai che qualcuno vi rubi la scena solo perché “sta indossando una cravatta”.

Foto apertura: Dmytro Zinkevych - 123.RF