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Il vocabolario delle celebrità

Divertimento
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Sapore secondo Lorenzo Biagiarelli

Per gustare e incontrare il sapore dobbiamo essere attivi, aprire la bocca e scegliere: un'azione difficilissima ma necessaria secondo il cuoco innamorato. 

Per gustare e incontrare il sapore dobbiamo essere attivi, aprire la bocca e scegliere: un'azione difficilissima ma necessaria secondo il cuoco innamorato. 

Lorenzo Biagiarelli, chef star dello show condotto da Antonella Clerici E' sempre mezzogiorno e concorrente ballerino di Ballando con le stelle 2022 brilla tra i food influencer di Instagram per il suo profilo ricco di suggerimenti gastronomici mai banali, che oscillano tra la tradizione verace e l'esotismo più estremo (una volta ha anche mangiato un porcellino d'India). Ama definirsi un cuoco, e non uno chef, anche perché al momento la sua resident kitchen è nel cuore della casa che condivide con quello che definisce “l'amore della sua vita”, Selvaggia Lucarelli. A lei, “l'ingrediente segreto per la ricetta più difficile”, è dedicato il libro Qualcuno da amare e qualcosa da mangiare (DeA Planeta). Vi state chiedendo quale sia la ricetta? Semplice: “Quella della felicità e dell'amore”.

Intervista a Lorenzo Biagiarelli

A Lorenzo Biagiarelli abbiamo chiesto di riscrivere la definizione di Sapore per il nostro Vocabolario delle Celebrità. Ecco cosa ne è venuto fuori.

La tua definizione di sapore: cos'è per te?

È la più profonda natura delle cose, perché l'unica che presuppone una decisione attiva per essere scoperta. Gli occhi vedono sempre, le orecchie sentono, il profumo ti investe che ti piaccia o no e non puoi impedire alle tue terminazioni nervose di percepire lo sfiorarti di qualcosa. Per gustare, invece, devi decidere di aprire la bocca e di metterci dentro qualcosa che scegli tu. Il sapore è una scelta.

Qual è il tuo primo ricordo legato al sapore?

È un piatto di gnocchi alle melanzane, di cui non ricordo nulla se non che erano così buoni che ne mangiai otto piatti. Coincide anche con il mio primo ricordo di una mangiata epica. Ero a una sagra e completai il pasto con un Magnum. Ricordo sia il sapore che la sofferenza successiva.

Da cosa è stato influenzato il tuo concetto di sapore?

Dai viaggi e dagli incontri. Anche quello con un cavoletto di Bruxelles è un incontro, anche se traumatico. Ma è anche in momenti come questi che si forma la coscienza del diverso. C'è anche un libro che mi ha influenzato nella mia definizione: è la Grammatica dei sapori. Mi ha portato alla ricerca attiva e non passiva di abbinamenti, come lo splendido barbabietola e acciughe.

Quando hai deciso che saresti diventato un cuoco?

Cuoco è una parola desueta, ma che per me va molto bene. Ad un certo punto ho realizzato che le ore di veglia le trascorrevo o in cucina o al supermercato, alla ricerca di qualche elemento esotico. Quindi ho capito che non avevo molte altre ore per dedicarmi ad altro: è stata come un'epifania.

Quando pensi a "sapore" qual è la parola o l'aggettivo che associa nella sua mente? Perché?

Esplosione. Ho sempre associato il sapore allo sfrigolio della papilla gustativa che si prova quando si assaggia per la prima volta un pezzetto di Parmigiano, percependo l'umami (si tratta di uno dei sapori fondamentali insieme all'amaro, dolce, salato e acido, ndr.).

Qual è il sapore che rende irresistibile un piatto?

Proprio l'umami: è quello che lascia stesi al suolo. È anche il gusto associato al glutammato di sodio, vittima di un falso mito e di una leggenda metropolitana, dato che è ovunque, anche nei funghi e nel prosciutto crudo, e non sempre aggiunto artificialmente. In più, pervade un sacco di geografie.

Viaggi moltissimo, lo racconti molto bene nel tuo libro, anche per cercare nuove ricette e nuovi sapori: qual è il luogo dove hai scoperto i sapori più bizzarri?

In Cina, il posto geograficamente più distante dalla nostra lingua e gastronomicamente remoto, ci sono sapori che non pensi possano esistere.

Qual è il sapore che ti ha disgustato?

Il porcellino d'India: l'ho assaggiato in Perù dove era la tipicità di Arequipa. Avrei preferito non averlo fatto.

Qual è il sapore che rende la vita degna di essere vissuta?

Quello del prosciuttto crudo, dell'elemento singolo, non composto. Solo maiale e sale. Resto campanilista in fondo (Biagiarelli è nato a Cremona, ndr.). In senso metaforico, invece, il sapore che rende la vita degna di essere vissuta è quello ancora da scoprire. Una vita di cui conosci tutto, è già finita.

Foto: LaPresse

La tua fidanzata si chiama Selvaggia Lucarelli: a quale spezia la paragoneresti?

Al chiodo di garofano. È una spezia preziosa nella forma e nel procedimento di preparazione, ma è anche polarizzante. All'inizio puoi non capirla, odiarla se la mastichi, ma se la lasci sobollire e aromatizzare, ti conquista e profuma tutto ciò che circonda.

Qual è il sapore che ha aggiunto nella tua vita?

Ha aggiunto il profumo della casa, di qualcuno che cucina: ciò significa che c'è una famiglia che mangia, il vero cuore della casa.

Nel libro racconti che i piatti con cui hai conquistato Selvaggia sono il Risotto alla parmigiana sormontato da petto d'anatra alle prugne e lo shrimp roll. Se ne sono aggiunti altri nel corso del tempo?

Siamo curiosi e abitudinari, quindi andiamo in avanscoperta, ma quando cuciniamo per noi, facciamo qualcosa che ci piace veramente molto. E a lei, ho scoperto poi, l'anatra nemmeno piaceva. Con lei ho imparato a mangiare più crudo di pesce, ne va matta. Ho trovato mille modi di enfatizzare il salmone crudo. Prima era solo sushi, mentre ora l'abbiamo messo in un sacco di piatti.

Come mai ti sei affidato all'Asia e al mare per sedurla?

Sono stati due elementi casuali di esotismo, che volevano anche essere un augurio alla coppia: di non avere confini a tavola e nella vita.

Se Selvaggia fosse un piatto, quale sarebbe?

Un piatto etnico, di quelli odiati a prescindere soltanto dagli ottusi e gli ignoranti. Uno di quelli semplici e incredibili, da scoprire una volta per grande fortuna e da portarsi dietro, ed amare, per tutta la vita. Nello specifico, la vita è la mia.

E tu che piatto saresti e perché?

Una pizza margherita. È italiana, ma c'è dentro il pomodoro che è sudamericano, il basilico che è originario dell'india, la base lievitata che arriva dal Medioriente e la mozzarella, squisitamente nostrana. Mette d'accordo tutti, perché sono pacato e diplomatico, e c'è dentro tutto il mondo. Come nella mia cucina e nelle mie storie.