Gravidanza
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Partorire in epoca coronavirus: cosa cambia?

Le mamme che devono partorire nel periodo di pandemia di coronavirus devono rivoluzionare il percorso e adottare provvedimenti particolari: ecco cosa cambia.

Le mamme che devono partorire nel periodo di pandemia di coronavirus devono rivoluzionare il percorso e adottare provvedimenti particolari: ecco cosa cambia.

La pandemia di coronavirus ha rivoluzionato la maggior parte degli aspetti della vita di tutti i giorni, e anche gravidanza e parto vengono inevitabilmente condizionati da un virus che richiede distanziamento, spostamenti limitati, mascherine e altre protezioni.

Le donne che si trovano a gestire una gravidanza in questo periodo, dunque, devono sottostare a protocolli più rigidi, e rinunciare a una parte integrante e preziosa del loro percorso: la condivisione con le persone a loro più care. Lato emotivo e psicologico a parte, però, ci sono anche provvedimenti pratici da adottare in caso di gravidanza in periodo di coronavirus. Ecco cosa dice in proposito l’Istituto Superiore della Sanità.

Percorsi differenziati e protetti

La prima cosa a cambiare sono le visite e i parti. Con il dilagare dell’epidemia, gli ospedali sono diventati luoghi potenzialmente a rischio infezione, e per le mamme sono previsti percorsi differenziati “puliti”: anche la presenza del papà in sala parto è a discrezione della struttura sanitaria, che può decidere di ammetterli o meno: “Le agenzie internazionali hanno espresso generale consenso sul fatto che una persona a scelta della donna debba essere presente, se lo desidera - spiega l’Iss - nel rispetto di una serie di condizioni organizzative”.

donna incinta

Foto dolgachov © 123RF.com

Colloqui e controlli ancora più stringenti

Al momento dell’accesso alla maternità, alla donna - spiega ancora l’Istituto Superiore di Sanità - dovrebbe essere chiesto se la mamma o la persona che l’accompagna abbiano avuto sintomi riconducibili al coronavirus nei sette giorni precedenti. Nel caso in cui questa persona abbia presentato sintomi, non le sarà possibile accedere e alla donna dovrebbe essere suggerito di scegliere qualcun altro come supporto. Questa verifica è essenziale per la protezione dal rischio di infezione del personale sanitario, delle altre donne e dei neonati.

I sintomi da rilevare comprendono febbre, tosse persistente, congestione e secrezione nasale, difficoltà respiratoria, mal di gola, respiro sibilante o starnuti. Una volta accolto, l’accompagnatore deve ricevere istruzioni chiare sulla necessità di rimanere a fianco della donna senza spostarsi all’interno del reparto/ospedale e su ciò che potrebbe accadere nel caso gli fosse richiesto di accompagnare la donna in sala operatoria (ad esempio in caso di taglio cesareo).

Una sola persona in sala parto e in ospedale

Nell’ottica di limitare i contatti, per la futura mamma è possibile avere accanto solo una persona sia durante le visite (quando concesso da ginecologi e ostetrici) sia in sala parto, sia nei giorni di degenza in ospedale. In ogni caso, la presenza di un accompagnatore è subordinata al rispetto delle misure di screening all’ingresso, delle misure di prevenzione primaria (come l’uso della mascherina e il rispetto dell’igiene delle mani) e all’applicazione di una rigorosa limitazione degli spostamenti all’interno della struttura.

Cosa succede per le mamme positive

Per le donne covid-19 sospette o positive, la presenza dell’accompagnatore durante il travaglio, il parto e la degenza talvolta non è prevista. La mamma sarà dunque seguita da personale dedicato, sulla base dei sintomi e del quadro clinico.

Foto apertura: Natalia Deriabina - 123.rf