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Notti magiche sulla scopa

Streghe e sedie sull'altopiano dello Sciliar

Streghe e sedie sull'altopiano dello Sciliar

Pallottole benedette e fucile bagnato con l’acqua santa: questa era l’attrezzatura del contadino dello Sciliar per combattere contro le streghe che volavano sopra la sua testa, per proteggere il raccolto e il bestiame dalle magie e dalle tempeste. Lo Sciliar è quel singolare scoglio nudo che si erge  solitario sul bordo dell’Alpe di Siusi, nelle Dolomiti non lontane da Bolzano. Arrivando quassù di notte, solo la luna, bianca e abbagliante, riesce a illuminare il grande altopiano a 2000 metri di quota e i sentieri che si perdono in lontananza; nessun rumore, se non, d’estate, un leggero scampanio delle mandrie al pascolo. In questa atmosfera, forse, nessuno si meraviglierebbe di cogliere un vociare incerto e confuso, accompagnato da un chiarore rossastro, giungere da dietro l’altura detta Bullaccia, e neanche se vedesse spuntare dai Denti di Terrarossa l’ultima strega ritardataria, a cavallo della sua scopa, che raggiunge l’allegra compagnia oltre la Bullaccia, per celebrare il sabba. Già, perché questa zona delle Dolomiti, famosa in tutto il mondo per i suoi paesaggi e le sue vette, mantiene ancora oggi una tradizione di magia e di stregoneria.

Il nome ‘strega’ deriva dal latino strix, con il quale si indicavano civette e barbagianni: si pensava infatti che le streghe si trasformassero in uccelli notturni per volare e muoversi nella notte. Leggende di streghe se ne trovano lungo tutto l’arco alpino, ma qui, nell’area dolomitica, hanno un sapore forse un po’ più forte, rafforzato da fonti storiche. L’altopiano più grande d’Europa, infatti, già in tempi antichissimi venne prescelto come luogo di culto per celebrare riti propiziatori, affinché gli spiriti della natura portassero buoni raccolti e tenessero lontane le tempeste. Con l’arrivo del Cristianesimo, poi, i riti sacri si fusero, inevitabilmente, a quelli pagani. In seguito però tutto ciò che esulava dai riti cristiani fu considerata manifestazione diabolica, ed esseri diabolici, per esempio certe donne, considerate appunto streghe da coloro che li praticavano; tali persecuzioni si concentrarono soprattutto nelle campagne e nelle zone di montagna.

Fu con la Controriforma, comunque, cioè all’inizio del Cinquecento, che iniziò la cosiddeta caccia alle streghe, nel corso della quale donne colpevoli solo di essere esperte erboriste furono processate con accuse false e infondate e condannate alle pene più terribili, fra cui il rogo. Il solo castello di Presule, presso Fiè, ai piedi dell’alpe, fu teatro di numerosi processi, nel corso dei quali furono condannate otto donne. Le accuse più frequenti erano quelle degli incontri con il diavolo, e durante questi incontri, proprio sull’altopiano o sulla schiena dello Sciliar, si facevano magie per propiziare tempeste e distruzione di raccolti. I luoghi di tali raduni, i famosi sabba, erano noti e di vario genere: oltre che sull’Alpe di Siusi, anche nella vicina val di Fassa, dove non lontano dal passo di Antermoia si trova il laghetto dove si davano convegno le streghe (strie). E al passo del Tonale, a cavallo fra Trentino e Lombardia, si diceva che fossero più di 1500 le streghe che si radunavano in quel luogo desolato e inospitale.

Sull’Alpe di Siusi, nei pressi della Bullaccia, i punti d’incontro delle streghe sono identificati con i nomi di Hexenstügle (Sedie delle Streghe) e Hexenbänke (Panche delle Streghe), dove alcuni massi sono curiosamente collocati a formare dei veri e propri sedili di roccia da cui è possibile ammirare un magnifico panorama. In questa zona però le streghe, invece di essere un ricordo negativo e buio, sono diventate un punto di forza dal punto di vista turistico: è una streghetta a cavallo di una scopa il simbolo dello Sciliar, e a Castelrotto, ai piedi dello Sciliar, d’estate si festeggiano le Notti delle Streghe, in occasione delle quali figure dal naso adunco e dalle vesti scure si muovono per le strade del paese, urlando, facendo scherzi e donando caramelle ai bimbi spaventati. Presso l’ingresso delle stalle, ancora oggi, è possibile vedere la stella a otto punte intagliata: è una stella dei Re Magi che protegge le mucche e il loro latte, e che un tempo teneva lontane le streghe e le loro fatture stregonesche. Chissà se si tratta solo di tradizione…