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Eutanasia secondo Marco Cappato

Il tesoriere dell'Associazione Luca Coscioni rischia fino a 12 anni di carcere per aver aiutato Dj Fabo a morire. Ma oggi gli italiani si dicono sempre più favorevoli a questa pratica. Ecco cos'è l'eutanasia secondo Marco Cappato.

Il tesoriere dell'Associazione Luca Coscioni rischia fino a 12 anni di carcere per aver aiutato Dj Fabo a morire. Ma oggi gli italiani si dicono sempre più favorevoli a questa pratica. Ecco cos'è l'eutanasia secondo Marco Cappato.

Secondo un sondaggio Eurispes sei italiani su dieci sono favorevoli all'eutanasia, oltre sette su dieci al testamento biologico e tre su dieci al suicidio assistito. Il sondaggio giunge dopo la resa della Corte Costituzionale sul caso di Marco Cappato, autodenunciatosi per aver aiutato Fabio Antoniani, noto come Dj Fabo, a morire. La suprema Corte ha chiesto al Parlamento di riempire il vuoto normativo oggi esistente sull'eutanasia.

Attualmente la legge italiana definice come eutanasia tutti gli interventi medici, attivi o passivi, volti a interrompere la sofferenza di una persona malata terminale, previo suo inequivocabile consenso. L'interruzione volontaria delle cure è legale, mentre l'eutanasia è considerata un intervento attivo, senza il quale il paziente - anche se in condizioni drammatiche - sopravviverebbe. Questi atti sono consideati reati e vengono disciplinati dall'articolo 579 e 580 del Codice Penale.

Marco Cappato, tesoriere e volto simbolo della lotta alla legalizzazione dell'eutanasia, per la sua scelta di aiutare le persone a "morire nel modo meno peggiore possibile" rischia fino a 12 anni di carcere.

Ecco cos'è l'eutanasia secondo Marco Cappato.

La sua definizione di eutanasia.
"Morire nel modo meno peggiore possibile". Non dico "migliore possibile" perché la morte non può essere "buona". Si può solo aspirare a morire soffrendo il meno possibile, in un momento e con modalità più simili possibili alla propria volontà e scelta.

Ricordo che all'inizio della mia militanza nel Partito radicale appresi dell'eutanasia come di una proposta radicale, ma non mi appassionava. Credevo infatti non fosse una esigenza realmente presente nella società. Oggi ho capito che è una grande questione sociale su un tema, quello della morte, che è l'ultimo tabù rimasto.

Quando pensa all'eutanasia qual è la parola o l'aggettivo che vi associa nella sua mente?
Opportuna. Molti anni fa appresi da Piergiorgio Welby la definizione del teologo Jacques Pohier di eutanasia come "morte opportuna". Welby diceva che la vita, non la morte, può essere dignitosa; la morte può essere solo opportuna, cioè arrivare al momento giusto, come approdo alla fine della vita.

Cosa l'ha spinta a intraprendere il cammino verso l'assistenza alle persone che vogliono praticare l'eutanasia?
È stato Piergiorgio Welby a chiedermi aiuto. Era Co-Presidente dell'Associazione Luca Coscioni, della quale ero il Segretario. Lui voleva che gli portassi clandestinamente il farmaco letale dal Belgio. Invece poi si è battuto pubblicamente con noi per ottenere legalmente in Italia la sospensione delle terapie.

Quando pensa a chi ostacola l'affermazione del diritto all'eutanasia, cosa vede?
In alcuni vedo la sincera e condivisibile preoccupazione di non far mancare cure e assistenza ai malati terminali o alle persone depresse. In altri vedo una concezione ideologica di vita come mera sopravvivenza biologica, come se la libertà non fosse un elemento indispensabile alla vita.

Quali sono i suoi prossimi progetti legati alla questione "eutanasia"?
Fare approvare la nostra legge di iniziativa popolare, che attende da 5 anni di essere discussa: non "a favore dell'eutanasia", ma "per l'eutanasia legale contro l'eutanasia clandestina". 

Foto @LaPresse