Psiche
Psiche

Millennials, allarme 'Workaholism': lavorano persino in bagno

Molti nati tra il 1981 e il 1996 soffrono di una vera e propria dipendenza da lavoro, detta Workaholism, con conseguenze molto preoccupanti sulla salute.

Molti nati tra il 1981 e il 1996 soffrono di una vera e propria dipendenza da lavoro, detta Workaholism, con conseguenze molto preoccupanti sulla salute.

Chi l'ha detto che i Millennials non hanno voglia di lavorare? Secondo uno studio americano pubblicato su Forbes la generazione nata tra il 1981 e il 1996 è una delle più dedite al lavoro, tanto da arrivare a scatenare un vero e proprio allarme Workaholism.

Il 63% dei Millennials intervistati restano produttivi anche se malati, il 70% è attivo anche nei weekend e il 32% lavora anche in bagno.

Cos'è il Workaholism

Il termine coniato nel 1971 dallo psicologo Wayne Oates nel libro Confessions of a workaholic: The Facts about Work Addiction, indica “la compulsione o l'incontrollabile necessità di lavorare incessantemente”. Le conseguenze del workhaolism sono terribili: chi ne è affetto soffre di ansia, insonnia, depressione e aumento di peso.

Secondo la psicoterapeuta Amy Morin, autrice di 13 Things Mentally Strong People Don't Do, il 42% dei Millennials che lavorano intensamente più di 9 ore al giorno e rimangono costantemente attaccati allo schermo del pc hanno avuto riscontri negativi sulla propria salute mentale, andando a peggiorare le relazioni sociali con amici, parenti e il proprio partner.

In uno studio pubblicato del dottor Justin Bazan, citato dal Daily Mail, si riporta che il 58% dei giovani lavoratori della fascia 18-32 ha accusato forti problemi alla vista a causa del tempo eccessivo trascorso al computer.

Il problema è che il tempo dedicato al lavoro sembra essersi dilatato troppo a causa dell'egemonia tecnologica in cui viviamo, del perenne comandamento dell'always on, dell'essere sempre connessi, aggravata dalla costante presenza che ognuno di noi è chiamato ad avere sui social network. Secondo gli esperti ciò comporta un cambiamento della percezione del tempo e uno stato di trance.

Secondo un sondaggio pubblicato sul Washington Examine questa "febbre da lavoro" spingerebbe il 39% dei nativi digitali sarebbe disposto a lavorare perfino in vacanza.

Una versione distorta del workaholism è anche il fenomeno dell'Hikikomori, adolescenti che decidono di non uscire di casa durante l’intero arco della giornata, trasferendo la propria vita su Internet. Inizialmente il fenomeno ha interessato solo il Giappone, ma negli ultimi anni si è diffuso anche in l’Europa e il Belpaese.

Foto: dotshock © 123RF.com

Cosa spinge i Millennials verso il workaholism?

Ci sono diverse motivazioni. In primo luogo, la pressione del capo, seguita dalla paura di non riuscire a fare carriera e il forte desiderio di avere successo dal punto di vista professionale, obiettivo che sembra raggiungibile per lo più lavorando sodo. Poi c'è l'ansia di dover essere più bravi degli altri.

Il tutto ha un carburante molto potente: la paura del futuro. Rispetto alla generazione precedente si percepisce maggior incertezza, oltre alla necessità di ricercare un'indipendenza economica per creare una famiglia.

Il workaholism è trattato ormai come una vera e propria dipendenza, come l'alcolismo, tanto da aver fatto nascere dei veri e propri centri di recupero come la derivazione nata in seno agli Alcolisti Anonimi, i Workaholics Anonymous.

Gli esperti consigliano di ricercare un equilibrio consapevole fra i vari aspetti della vita, facendosi affiancare da un mentore che possa trasferire la propria esperienza. Inoltre, al termine di ogni giornata lavorativa ci si deve concedere una pausa costruttiva, ricordandosi che la qualità del benessere psicofisico è insostituibile.

Secondo Marina Osnaghi, prima Master Certified Coach in Italia, il problema non è tanto una predisposizione genetica al superlavoro, ma l'immersione in un ciclo continuo di stimoli. Questo costringe i Millennials "a lavorare un numero di ore dilatato rispetto a quello che sarebbe in un mondo senza tecnologia. E con l’aumento delle ore di lavoro si annullano inequivocabilmente gli spazi per la vita privata".

Proprio Marina Osnaghi fornisce 10 pratici consigli per limitare la dipendenza eccessiva dal lavoro

Oltre a perseguire un equilibrio fra i vari aspetti della vita e affidarsi a un mentore che trasmetta linee guida per una vita sana, bisogna prendere come esempio qualcuno che abbia raggiunto il giusto equilibrio tra vita personale e professionale.

Inoltre, è necessario ricordare che la qualità della vita è un bene insostituibile. Durante le giornate bisogna osservare sé stessi e l’ambiente circostante, imparando a prendere una meritata pausa dal lavoro.

Per facilitare il distacco dal lavoro, si può stilare un elenco delle attività extra lavorative preferite a cui dedicare più tempo, fissare un obbiettivo legato al proprio benessere psicofisico e mantenerlo e soprattutto ricordarsi di vivere anche per sé stessi.

Per fare tutto questo, sarà necessario rivedere la strategia con la quale vengono affrontate le giornate lavorative, cercando di capire cosa cambiare per migliore la qualità della propria vita. Una missione impossibile? No, basta solo iniziare. 

Foto apertura: dolgachov © 123RF.com