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Antonino Cannavacciuolo: “Ai fornelli da quando avevo 13 anni”

Gli inizi (“aprivo 800 uova al giorno”), la forza di un mestiere ben fatto, l’amore per l’Italia e i progetti in tv: Antonino Cannavacciuolo si racconta.
 

Gli inizi (“aprivo 800 uova al giorno”), la forza di un mestiere ben fatto, l’amore per l’Italia e i progetti in tv: Antonino Cannavacciuolo si racconta.
 

Le avventure di Antonino Cannavacciuolo in cucina? Sono iniziate a 13 anni: “La notte tornavo a casa con spalle e braccia blu per le mazzate che mi rifilava uno chef. Mia mamma voleva protestare. Mio padre disse: ‘Se gliele ha date, significa che se le meritava’. Ora quello chef lo arresterebbero per maltrattamenti. A me è servito... Sono state formative, quelle botte”.

Figlio d’arte, Antonino: suo padre era professore all’istituto alberghiero di Vico Equense, dove è nato: “Da ragazzo studiavo nella scuola dove papà insegnava e lavoravo nell’hotel dove cucinava: La Sonrisa, un cinque stelle a Sant’Antonio Abate, vicino a Pompei”, racconta sul Corriere della Sera.

Il primo incarico fu aprire le uova - ricorda - Romperle, separare il tuorlo dall’albume, montarle per il gelato alla vaniglia. Aprivo 800 uova al giorno, per fare 50 contenitori di gelato da mettere sulla macedonia e le fragoline di bosco”.

Tantissima fatica, ma l’unica via per arrivare ai risultati: “Imparare un mestiere è la cosa più importante, e l’unico modo è il lavoro”, assicura lo chef, che esprime anche tutta la sua amarezza per lo stallo dell’Italia. “Sono legatissimo al nostro Paese, e soffro a vederlo così depresso - ammette -. Il Sud può diventare l’orto d’Europa. Ora sul palcoscenico ci siamo noi chef; ma tra dieci anni ci saranno i contadini. Sono stufo di lavorare arance spagnole mentre in Sicilia abbattono gli agrumeti. Basta con il pesce del Marocco o della Tanzania mentre i nostri pescatori pagano il gasolio con accise scandinave. Più lavori, più lo Stato ti penalizza; dovrebbe essere il contrario”.

Del suo “secondo lavoro”, quello di star televisiva, è più che soddisfatto. A Masterchef ha firmato per altre due stagioni: “A Masterchef mi diverto perché non recito - racconta -. Non ho i tempi televisivi, non ho il linguaggio. Mi dicono però che ho un mio stile. Con i colleghi che ho avuto nel corso delle varie edizioni mi sono trovato benissimo. Barbieri, il nano malefico. Bastianich, il businessman. Cracco, un grande. Locatelli, "l'avvocato"”.

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Su Sky è tornato dal 2 aprile con Cucine da Incubo -  ogni domenica per sei settimane, alle 21.15 su Sky Uno e in streaming su Now e si è raccontato in una lunga intervista al Messaggero: "Le mie stelle Michelin sono anche di mia moglie Cinzia. “A 23 anni ho accettato di fare il capo cuoco a Villa Crespi. Due matti, io e mia moglie. Cinzia aveva la mia età ed è con lei che ho fatto tutto”.

Foto: LaPresse