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Conoscere la Sardegna nascosta

Un viaggio dal Sulcis al Campidano

Un viaggio dal Sulcis al Campidano

L’itinerario per scoprire questa parte di Sardegna ‘nascosta’ parte da una delle spiagge più belle del sud della regione: Torre di Chia. La località che dà il nome alla spiaggia circondata da dune bianchissime è stata edificata sull’antico insediamento fenicio di Bithia. Da qui ci si dirige verso Capo Spartivento per godere del mare trasparente nei pressi dell’isola di Tuaredda, capo Malfatano e Piscinni.

Dalla penisola di Teulada, nell’estremità meridionale della regione, si giunge al promontorio di Porto Pino, passando per grandi distese di sabbia bianca e interessanti aree umide, che si ritrovano anche più a nord, di fronte all’isola di Sant’Antioco. Si attraversa quindi la piana agricola di Sant’Anna Arresi e del basso Sulcis.

Da Giba si può scegliere se proseguire direttamente per Sant’Antioco oppure per Siliqua attraverso la piana di Santadi e, dopo una visita alla necropoli di Montessu, alla fortezza punica di Pani Loriga e alle grotte di Is Zuddas, ci si affaccia sulla valle del Cixerri. Lì si erge solitario il castello di Acquafredda, del XIII secolo, prigione di Guelfo, figlio del conte Ugolino della Gherardesca.

Da Santadi, che oltre alle rilevanti raccolte etnografiche e archeologiche propone anche alcuni tra i vini più celebri dell’isola, costeggiando lo stagno di Santa Caterina, si raggiunge Sant’Antioco, isola vulcanica collegata alla Sardegna da un istmo che immette subito nell’area portuale del capoluogo, zona dedita alla pesca e alla lavorazione del tonno.

Porto caro ai Fenici e poi ai Cartaginesi e ai Romani, l’antica Sulcis ha conservato numerose testimonianze di quelle civiltà, in parte raccolte nel piccolo Museo archeologico o nel contiguo tophet (santuario). Si consiglia una doppia visita: la necropoli punica, con in cima la fortificazione sabauda del 1812, detta forte su Pisu, e la chiesa del XII secolo di Sant’Antioco, eretta sopra catacombe cristiane.

Dal porto passeggeri di Calasetta, sulla sponda settentrionale dell’isola di Sant’Antioco, si può partire per l’isola di San Pietro, sempre di natura vulcanica, oppure per Portoscuso. Nel primo caso si sbarca nella settecentesca Carloforte, pittoresca cittadina stretta tra i carrugi del centro. Il tessuto urbano e la parlata ne ricordano le origini genovesi: l’isola, su invito di Carlo Emanuele III di Savoia, fu popolata da un gruppo di pescatori liguri provenienti da Tabarca, che svilupparono l’attività delle saline, delle tonnare e navali. Portoscuso invece è un centro peschereccio anch’esso celebre per le sue tonnare.

Proseguendo verso l’interno si raggiunge Carbonia, città mineraria sorta in epoca fascista, dove si può visitare la fortezza punica di Monte Sirai. Da Carbonia si può fare un viaggio all’interno di uno dei più importanti bacini minerari del Mediterraneo, tutelato dal Parco culturale geominerario, istituito nel 1997. Più a nord si aprono scenari ambientali e paesaggistici mozzafiato, tra coste alte e spiagge solitarie, da capo Altano a Masua e Nebida, a Buggerru e alla Costa Verde con le grandi dune di Piscinas.

Meritevole di interesse è la città di Iglesias, l’antica Villa di Chiesa, dal glorioso passato medievale, legata al già citato conte Ugolino della Gheradesca, che fece riattivare le vecchie miniere e riorganizzò anche politicamente questa attività con una sorta di statuto.

Attraversando le montagne di Fluminimaggiore, tra cui spicca il profilo del monte Linas, si raggiunge Arbus, dove si può visitare il Museo del coltello sardo. Una sosta è d’obbligo ad Antas, uno dei monumenti più suggestivi dell’isola, dedicato alla divinità Sardus pater Babaj. Proseguendo verso nord si arriva a Fontanazza e quindi a Torre dei Corsari e a Sant’Antonio di Santadi, costeggiando lo stagno di Marceddì e di San Giovanni.

Attraverso Santa Maria di Neapoli, importante insediamento punico, si entra nel Campidano, dove si possono visitare Terralba, Marrubiu e Arborea; quest’ultima, sorta negli anni Venti del XX secolo durante la bonifica dell’area umida, è oggi il principale punto di riferimento di una zona che vanta ottime produzioni zootecniche.

Da Torre di Chia ad Arborea