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Donne contro gli stereotipi: lo speciale

PEOPLE: L'ATTUALITA'
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Franca Viola, la prima donna italiana che rifiutò il matrimonio riparatore

Aveva diciassette anni quando fu stuprata, ma al processo non accettò di diventare “proprietà” del suo aguzzino. Ecco la storia della donna che ha cambiato per sempre il significato dell'espressione “violenza sessuale” in Italia. 

Aveva diciassette anni quando fu stuprata, ma al processo non accettò di diventare “proprietà” del suo aguzzino. Ecco la storia della donna che ha cambiato per sempre il significato dell'espressione “violenza sessuale” in Italia. 

Era il giorno di Santo Stefano del 1965. Franca Viola aveva diciassette anni. Fu rapita da un gruppo di dodici uomini guidati da un certo Filippo Melodia. Fu violentata più volte. A quel tempo un crimine come questo aveva una "pena" chiara: il matrimonio riparatore. Come se, dopo aver subito una violenza sessuale, per una donna fosse naturale imparare ad amare il proprio aguzzino.

Franca era siciliana e, nonostante la sua castità fosse stata violata, disse no a questo "rimedio". Fu la prima donna italiana a ribellarsi a questa consuetudine che umiliava le vittime, aggiungendo oltre al danno, la beffa di poter rivivere per sempre la violenza carnale con il proprio aguzzino.

Grazie a Franca Viola iniziò un lungo cammino - durato quasi quindici anni - che ha portato al cambiamento di status giuridico per lo stupro e all'abolizione del matrimonio riparatore contro la violenza sessuale e a quella del delitto d'onore.

Franca Viola fu la prima donna contro gli stereotipi relativi alla violenza sessuale.

Chi era Franca Viola

Franca era figlia di una coppia di contadini. Erano gli anni Sessanta. In Sicilia la riforma agraria e in Sicilia stava liberando le terre e tanti mezzadri stavano diventando piccoli proprietari di appezzamenti da coltivare. Franca aveva quindici anni e suo padre le aveva dato il consenso a fidanzarsi con Filippo Melodia, l'uomo che sarebbe diventato il suo aguzzino.

Melodia era nipote di un noto mafioso locale, membro di una famiglia ricca. Finito in carcere per furto e appartenenza mafiosa, Filippo fu allontanato dalla famiglia Viola. Il padre di Franca ruppe il fidanzamento, ma lui non si arrese. Iniziò a minacciare la famiglia, bruciando le vigne dei Viola.

Lo stupro di Franca Viola

Il 26 dicembre 1965, con l'aiuto di dodici persone armate, Melodia si presentò a casa di Franca e, dopo aver distrutto l'abitazione e malmenato la madre, prese Franca e la portò via. Fu segregata per giorni. «Lui mi dileggiava e provocava. Dopo una settimana abusò di me. Ero a letto, in stato di semi-incoscienza», raccontò la giovane durante il processo.

Fu liberata solo il 6 gennaio 1966. Melodia fu arrestato con i suoi complici, ma senza preoccuparsi troppo. La legge italiana era dalla sua: il matrimonio riparatore avrebbe annullato la distanza tra lui e Franca. Ma lei decise di non piegarsi a questa pena, più grande dello stesso stupro.

Durante il processo contro Filippo Melodia, la donna disse: «Io non sono proprietà di nessuno, nessuno può costringermi ad amare una persona che non rispetto, l'onore lo perde chi fa certe cose, non chi le subisce». Parole dure, inedite per una donna siciliana del 1966.

L'attenzione della stampa è altissima. Franca si dichiarò pubblicamente una "svergognata". Sfidò le regole del patriarcato in tema di onore. Suo padre non trovava più lavoro. Melodia venne condannato a 11 anni, insieme ai suoi complici. Franca dichiarò: «Non ho mai avuto paura, non ho mai camminato voltandomi indietro a guardarmi le spalle. È una grazia vera, perché se non hai paura di morire muori una volta sola».

L'impatto sulla storia italiana

Questa storia segnò un vero e proprio spartiacque nella società italiana, tanto che attirò l'attenzione di Damiano Damiani, che ci fece un film, La moglie più bella, affidando il ruolo di Franca a Ornella Muti, al suo debutto cinematografico.

Come ha scritto lo storico Niamh Cullen, citato nel libro L'Italia e le sue storie 1945-2019 di John Foot (Laterza), «il caso di Franca Viola costrinse il pubblico italiano ad affrontare il problema della violena di genere e del suo ruolo culturale e sociale nella vita della nazione».

All'epoca il sistema giudiziario italiano non sanzionava né il sequestro di persona né lo stupro. Il delitto d'onore era consentito per salvaguardare l'uomo (mica la donna). Il famigerato articolo 587 del codice penale recitava così:

"Chiunque cagiona la morte del coniuge, della figlia o della sorella, nell'atto in cui ne scopre la illegittima relazione carnale e nello stato d'ira determinato dall'offesa recata all'onor suo o della famiglia, è punito con la reclusione da tre a sette anni.

Alla stessa pena soggiace chi, nelle dette circostanze, cagiona la morte della persona, che sia in illegittima relazione carnale col coniuge, con la figlia o con la sorella".

Ci vollero quindici anni ancora affinché fossero approvati i provvedimenti che abolivano la "cancellazione" dello stupro con il matrimonio e il delitto d'onore. Nel 1996 la legge italiana ridefinì lo stupro come un reato contro la persona, e non contro la morale com'era prima. Ma l'eguaglianza costituzionale non coincise - e forse, ancora non coincide - con quella sociale e culturale.

Cosa è successo a Franca Viola?

Franca non è rimasta zitella, come profetizzava l'arciprete di Alcamo, il paese in cui era cresciuta. Si sposò il 4 dicembre 1968 con Giuseppe Ruisi, nonostante le minacce di morte di Melodia ricevute durante il processo. Oggi Franca vive ancora ad Alcamo, in Sicilia. È diventata madre di tre figli, a cui ha dovuto raccontare la sua storia.

Ogni tanto, per strada, incontra i complici di Melodia. «Preferisco evitarli, ma se non riesco li saluto e loro mi salutano, quasi sempre abbassano gli occhi. Magari anche loro sono stati ingannati, magari quello lì gli aveva detto quello che poi ha detto al processo, che io ero d’accordo a sposarlo ma mio padre no».