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Vita da Mamma: la rubrica di Federica Federico

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130 neonati partoriti sotto le bombe, la guerra non ferma la vita

130 donne diventate mamme mentre fuori c’è la guerra, 130 uomini diventati papà mentre il paese li chiama alle armi, è questo il ritratto delle neo-famiglie ucraine.

130 donne diventate mamme mentre fuori c’è la guerra, 130 uomini diventati papà mentre il paese li chiama alle armi, è questo il ritratto delle neo-famiglie ucraine.

Piovono bombe dal cielo come annunci di morte e distruzione, intanto negli scantinati degli ospedali, nei tunnel delle metropolitane o nei sottoscala delle abitazioni la vita oppone i suoi primi gemiti: si stima che dall’inizio del conflitto russo-ucraino ad oggi siano venuti alla luce circa 130 bambini ucraini

Il mondo ha bisogno di vedere come vengono alla luce i figli della guerra 

Questi neonati partoriti sotto le bombe non sono riduttivamente l’emblema romantico della vita che non si ferma; loro, piccoli e inconsapevoli, vulnerabili e già “feriti”, sono soprattutto la fotografia più spietata della crudeltà umana che non cura, aborra e viola la vita sin dalla sua espressione più fragile e pura. I “nati sottoterra” durante il conflitto hanno visto la luce espulsi dal ventre materno, ma dopo il parto non hanno mai conosciuto il sole, né l’aria aperta, qualcuno di loro non ha mai nemmeno assaporato la carezza del padre.

Neonati nati sotto le bombe, corsi e ricorsi storici

Se potessi farvi sentire la mia voce, se questo fosse un podcast, vi direi: “Chiudete gli occhi, facciamo un viaggio nella storia” perché la nascita dei bambini in tempo di guerra è un evento storico che coinvolge le donne così come il conflitto armato coinvolge gli uomini al fronte.

Nelle guerre ciascuno fa la sua parte, nessuno ne resta escluso e persino i neonati imprimono una traccia nell’orrore di questi scenari. La donna ha un corpo, un ritmo suo proprio, che la costringe a rimanere legata alla natura: bombe o non bombe la donna mestrua, sanguina, è fertile, qualche volta resta incinta e, quindi, partorisce (sempre che il dolore, l’ansia o la fame non la privino della creatura generata). 

Le nostre nonne ai tempi della guerra usavano foglie e carte di giornale per assorbire il sangue del mestruo; le infermiere al fronte trafugavano le garze per contenere il flusso; molte donne in guerra hanno avuto cicli irregolari perché malnutrite, se non affamate, impaurite, se non traumatizzate. In tante sono diventate mamme e di queste tante molte, se non troppe, sono state vittime di violenza. Le pagine dei libri li chiamano “Children Born of War”, ovvero i bambini nati dalla guerra come frutto amaro delle violenze subite dalle loro madri.

Dall’Ucraina in fiamme, la storia, fatta di corsi e ricorsi, incomincia, per ora, a restituirci i racconti di nascite solitarie, nei rifugi, negli scantinati, nei tunnel, in condizioni di “ostetrica pericolosa”. La guerra è appena iniziata e le mamme col pancione non hanno potuto fare altro che aspettare la nascita restando esattamente lì dove erano.

Ricordo i racconti di mia nonna, scampata ai tedeschi, bambina durante una guerra lontana, e mai avrei pensato di ritrovarne l’evocazione nella mia vita, mai avrei creduto che i mie figli potessero vivere in un tempo di guerra. Sì, questo è un tempo di guerra i cui scenari non sono così lontani da noi.

130 neonati partoriti sotto le bombe e 2 nascite trigemellari

La storia insegna che durante la guerra il tasso di mortalità per parto sale in modo significativo; allo stesso modo sale il tasso di nascite premature, con tutte le complicanze che ne conseguono; aumentano anche i lutti perinatali, complici la carenza di cibo, di medicine e di assistenza medica adeguata.
 
Che lo sappiano tutti, specialmente quelli che fanno grandi elogi alla forza delle donne, che patrocinano la vita che nasce (esattamente come faceva il regime fascista una volta) o che edulcorano le “nascite in trincea” ritraendole come inno alla vita. C’è assai poco di romantico nella fuga delle donne-mamme che stanno portando in salvo un’intera generazione di bambini; c’è meno romanticismo ancora nel partorire mentre un allarme anti-aereo risuona assordante e incessante

Queste donne, poeticamente decantate come emblema della cura e della vita, sono disperate, divise a metà, dilaniate e meritano l’attenzione dell’opinione pubblica internazionale perché l’atrocità che incarnano sia fermata. 

Le mamme ucraine che stanno partorendo sotto i bombardamenti sono bloccate all’inferno, che si guardi la realtà diritta in faccia: servono corridoi umanitari sostenibili per mettere fine alla sofferenza. Se non possiamo fermare il corso della storia, quantomeno dovremmo attingere dalle esperienze passate per arginarne la crudeltà.

La condizione dei neonati partoriti sotto le bombe e quella delle loro mamme

Le fonti stampa ucraine parlano senza poesia di ciò che accade da quando gli ospedali sono stati evacuati e le partorienti hanno dovuto trovare posto nei sottoscala, luoghi una vota adibiti a depositi, freddi, anzi gelidi, e assolutamente inadeguati al parto. 

Le sirene antiaeree sono un altro dei ricordi atroci che mia nonna mi restituiva per educarmi alla pace, che il loro suono potesse durare ore me lo raccontava anche lei e oggi lo leggo tra le righe delle cronache di guerra.

Il 2 marzo, mentre le sirene suonavano, è stata colpita la maternità dell’ospedale di Zhytomyr (città storica dell’Ucraina occidentale). Chi può testimoniarne lo stato attuale parla di “frammenti e rovine” per descriverne le condizioni dopo i raid arei. 

Lo stesso giorno, la medesima sorte è toccata alla maternità dell’ospedale di  Mariupol (centro portuale di grande importanza strategica), città in lutto per la morte di un bimbo di 18 mesi, Kirill. Le immagini della morte del piccolo hanno scosso il mondo intero, il papà, nel disperato tentativo di trarlo in salvo, lo ha condotto in un ospedale senza energia elettrica, con medici costretti ad osservarne le ferite con le torce dei cellulari e a ventilare a mano le vittime dei bombardamenti. 

Marina Yatsko e il suo compagno, Fedor, si confortano a vicenda dopo la morte del figlio Kirill, uccisio dal bombardamento. LaPresse

Il 3 marzo è stata la volta dell’ospedale multidisciplinare di Vasylivka, nell’Oblast di Zaporizzja (Ucraina sud-orientale). 

Anche a Kherson (Ucraina meridionale) medici, ostetriche, donne incinte, puerpere, neonati e prematuri sono nei sottoscala. La testimonianza di Yuri Herman, ostetrico-ginecologo del Kherson Regional Hospital, arriva proprio da quei sottoscala impreparati alla vita: "Immaginate una cella frigorifera adatta solo a resistere ai bombardamenti. Ci sono le donne incinte, quelle che hanno già partorito, i bambini, compresi i prematuri. In tali circostanze, non si parla di ostetricia sicura. Se dovessi fare un intervento chirurgico, allora dovremmo uscire dal seminterrato ed essere in pericolo o permettere a una donna di morire di parto nel 21° secolo", ha dichiarato alla stampa

All’atto delle prime evacuazioni, ovvero non appena il cielo ucraino è stato sopraffatto dal rombo degli aerei armati dalla Russia, i medici, le ostetriche e gli infermieri hanno attrezzato alla meglio i seminterrati degli ospedali. Questo è avvenuto per i reparti maternità come per le oncologie pediatriche. Sta succedendo ovunque, in queste ore anche a Odessa (Ucraina meridionale).

Nessuno si aspettava una guerra, men che meno questa guerra con tutta la ferocia che sta esprimendo. Le donne che non hanno potuto raggiungere gli ospedali hanno partorito a casa, è accaduto che gli operatori sanitari ne abbiano seguite alcune al telefono istruendole a tagliare e legare il cordone ombelicale. Queste mamme non hanno ricevuto assistenza e si sono dovute preoccupare immediatamente di portare i propri bambini in salvo. Per la maggior parte donne e bambini si rifugiano sotto terra, in ucraina incominciano a chiamarli i bambini ratto e si fa riferimento non solo ai neonati. Moltissimi minori sono vivi e nascosti in territorio di guerra e intorno a loro il cordone degli adulti (prevalentemente donne ucraine, madri e nonne) si sforza solo per tenerli in vita.

Come avviene un parto sotto le bombe

Letti, cuscini e coperte sono le sole cose che sono state portate negli scantinati degli ospedali, i reparti ostetrici sono rimasti ai piani superiori. Raramente qualche attrezzatura ha raggiunto i sottoscala e i rifugi antiaerei, Chernihiv costituisce un’eccezione in questo senso.

Se non ci sono complicazioni le nascite avvengono sui letti di fortuna così organizzati. Nelle circostanze migliori gli ospedali, per quanto colpiti dalle bombe, sono ancora funzionali. Le pazienti e i bebè restano negli scantinati per sicurezza, non potendo garantire una pronta evacuazione ad ogni allarme antiaereo, tuttavia in caso di complicazioni si sale in reparto. In questi giorni, grazie ai reparti scampati alle bombe, diversi bambini sono nati con taglio cesareo, qualche volta anche mentre il cielo tuonava bombe.  

Tra gli altri, l’ospedale di Chernihiv (Ucraina settentrionale), ha subito un attacco missilistici il 2 marzo, l’edificio dell'ospedale distrettuale è stato danneggiato gravemente ma reparto di maternità ha resistito. Nel rifugio antiaereo di Chernihiv i medici sono riusciti a trasportare macchinari per la ventilazione, un generatore di luce, ci sono dei bagni funzionanti e hanno allestito persino una sala operatoria. Non tutte le realtà hanno potuto attrezzarsi allo stesso modo o sono scampate alle bombe potendo rimanere operative. 

Proprio a Chernihiv sono nati 6 bambini da due parti trigemellari in questi giorni, 40 le  nascite totali nel rifugio antiaereo adibito a sala operatoria. Tutti i bambini sono sani. Dei due parti trigemellari in una famiglia sono arrivate tre femminucce, in un’atra due femmine e un maschio.

Queste stesse nascite sarebbero state possibili in condizioni diverse da Chernihiv? Difficile dare una risposta certa a questa domanda. Quel che resta inequivocabile è che la gestione di un parto, anche se spontaneo, sotto la pressione delle sirene antiaeree e dei bombardamenti è complicatissima.

Le partorienti hanno difficoltà a restare concentrate sul loro respiro mentre le sirene antiaeree suonano e le bombe cadono; la collaborazione al parto è inficiata dall’ansia, dalla paura e dalla solitudine, moltissime donne partoriscono sapendo che il compagno è al fronte, eventuali altri figli sono magari in fuga con nonni o familiari; la percezione del corpo e delle contrazioni è falsata e i bambini, che del parto sono attivi e cooperanti, ne risentono.

I tempi stessi del parto si alterano, ansia, paura, perita di controllo sulla realtà circostante sono fattori demotivanti che nelle gestanti possono condizionare una risposta del corpo anomala. L’ostetrica Maria Spirina, che è rimasta nella sua Berdyansk (città portulale dell’Ucraina sud orientale) sta già registrando le prime nascite pretermine: il fenomeno del parto prematuro può e deve essere considerato come un’emergenza di guerra se mina la sicurezza dei neonati.

Il 7 marzo i cellulari di Berdyansk hanno smesso di funzionare, la comunicazione mobile è stata interrotta, scarseggia persino l’acqua e ci sono problemi con la fornitura di elettricità, questo impedisce di riscaldare gli ambienti e costringe i neonati a combattere contro il freddo sin dai primi momenti di vita. 

Una donna incinta di 7 mesi è entrata in travaglio e prima di poter raggiungere l’ospedale è rimasta per strada per 2 ore con una emorragia già in corso. Quando i medici hanno potuto prenderla in cura aveva perso già molto sangue. Fortunatamente la vita ha vinto ancora una volta e la bambina che è venuta alla luce è sana. A Berdyansk il rifugio antiaereo è attrezzato con due impianti di riscaldamento a infrarossi che consentono di tenere al caldo i neonati e a quanto pare l’accesso al reparto per le emergenze resta ancora possibile.

Neonati partoriti sotto le bombe senza i loro papà 

Molti papà non hanno nemmeno visto i loro figli, qualcuno neanche sa che sono venuti alla luce, altri hanno avuto appena il tempo di una carezza perché l’impegno in difesa del loro paese è adesso l’impegno per il futuro dei loro stessi bambini. Qualcuno tra i neonati venuti alla luce in questi giorni è già orfano di padre. Cosa accadrà alla prossima bomba? Le mamme che hanno appena partorito, i neonati nati sotto le bombe e soprattutto i prematuri che via di scampo hanno ora

Foto apertura: LaPresse