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Aborto, cosa succederà dopo la decisione Usa

La Corte Suprema americana ha abolito la sentenza Roe vs Wade, che riconosceva in tutti gli Stati Uniti il diritto all’aborto. Quello che succederà ora avrà ripercussioni che potrebbero andare al di là dei confini nazionali

La Corte Suprema americana ha abolito la sentenza Roe vs Wade, che riconosceva in tutti gli Stati Uniti il diritto all’aborto. Quello che succederà ora avrà ripercussioni che potrebbero andare al di là dei confini nazionali

Gli Stati Uniti hanno inventato una potentissima macchina del tempo, capace di riportare tutta la federazione indietro di mezzo secolo. Questo dispositivo si chiama Corte Suprema. Il 24 giugno 2022 questo organo ha abolito la sentenza conosciuta come Roe vs Wade, che riconosceva il diritto all'aborto in tutti gli Stati Uniti. Questa decisione ha una conseguenza importante: la scelta di abortire sarà appannaggio dei singoli Stati. Ma non si deve pensare che questa scelta non ci riguardi: le conseguenze di questo salto indietro nel tempo potrebbero avere eco anche in altri Stati democratici.

Cosa succederà negli Stati Uniti

Secondo il Guttmacher Institute 26 Stati su 50, dove vive oltre la metà delle donne degli Usa in età fertile, potrebbero limitare o vietare l'aborto quasi completamente. Il Texas, ma anche altri, avevano già introdotto leggi molto restrittive proprio per aggirare la sentenza Roe vs Wade. Frantumato questo baluardo alla libertà di scelta delle donne, si apre il far west delle limitazioni "pro vita" a tutti i costi.

Ad esempio, il governatore repubblicano dell'Oklahoma Kevin Stitt ha firmato la legge più restrittiva sul fine vita prenatale della federazione. In questo Stato è vietato l'aborto "fin dal concepimento", costringendo ogni donna a portare a termine ogni tipo gravidanza. Solo due le eccezioni: concepimento provocato da stupro o incesto, ma solo se denunciati alla polizia. E considerato che si denuncia solo il 10% degli stupri, con quasi totale omertà di quelli che avvengono in famiglia, l'eccezione è una barzelletta.

Cosa dice la sentenza Roe vs Wade

La decisione della Corte Suprema è arrivata dopo la legge emanata in Mississippi, ma bloccata dalla sentenza Roe vs Wade. Facciamo un passo indietro. La decisione del 1973, presa anch'essa dalla Corte Suprema, vietava infatti qualsiasi limitazione all’aborto nel primo trimestre di gravidanza, permetteva di introdurre limiti nel secondo trimestre ma solo per salvaguardare la salute della donna e permetteva di proibire l’aborto durante il terzo trimestre, quando il feto acquisisce la possibilità di sopravvivere fuori dall’ambiente uterino.

Nel 1992, è stata emessa un'altra sentenza importantissima per il fine vita del feto: la Casey. In questa decisione veniva sostituito il criterio dei semestri con quello della possibilità di sopravvivenza del feto, sancendo che con le tecniche mediche disponibili un feto può sopravvivere dalla 23esima o 24esima settimana di gravidanza e che l’aborto deve essere consentito entro quel limite.

Cosa succede dopo l'attuale decisione della Corte Suprema

Senza il baluardo federale, che garantisce il diritto di interruzione volontaria della gravidanza, il primo numero a calare sarebbe quello degli aborti legali. Il che non significa che le interruzioni di gravidanza cesserebbero, ma che aumenterebbero le pratiche illegali, quelle più pericolose per la salute delle donne.

E non si deve credere che il problema sia solo "feto sì, feto no". Un aborto - spontaneo, volontario, terapeutico - ha effetti atomici sulla psiche di una donna e di una famiglia. Si mette in discussione il proprio corpo, le proprie priorità, la propria soggettività. Gli ostacoli procedurali non faranno che aggravare un passaggio delicato e profondamente doloroso nella vita di milioni di persone.

La voce di Jia Tolentino

L'articolo più forte e condiviso sul tema nelle ultime ore è stato quello di Jia Tolentino. Pubblicato sul New Yorker, il pezzo si intitola Trick Mirror: Le illusioni in cui crediamo e quelle che ci raccontiamo.

Tra i passaggi più importanti, c'è quello secondo cui non si tornerà indietro. No. Si vivrà in un mondo peggiore. «Siamo entrati in un’epoca non di aborto pericoloso, ma di sorveglianza statale diffusa e di criminalizzazione delle donne incinte, ma anche dei medici e dei farmacisti, del personale delle cliniche e dei volontari, degli amici e dei familiari, di chiunque entri in contatto con una gravidanza che non si conclude con un parto sano». Roba che fa venir voglia di cancellare qualsiasi app di tracking del proprio ciclo mestruale. Sì, perché i pubblici ministeri possono esaminare tutto questo se ritengono che la perdita di una gravidanza possa essere provocata intenzionalmente. Di fatto, l'aborto potrebbe diventare un crimine, indagato e punito come tale.

Cosa succederà negli Usa e altrove

Il Presidente degli Stati Uniti Joe Biden, deluso da questa decisione, si è impegnato a garantire l’accesso alla pillola abortiva e ha aggiunto che «le donne devono rimanere libere di viaggiare in sicurezza in un altro stato per cercare le cure di cui hanno bisogno».

Ma l'onda lunga di questo viaggio indietro nel tempo della Corte Suprema si sente anche in Italia, dove la Meloni non si è espressa e il Vaticano ha esultato. «Dopo 50 anni è importante riaprire un dibattito non ideologico sul posto che la tutela alla vita ha in una società civile», ha dichiarato la pontificia Accademia per la vita.

Considerata l'elevata quantità di ginecologi obiettori presenti in Italia, non stiamo messi molto meglio. A queste persone, si aggiungono le scelte omertose di chi non informa le donne sulle eventuali scelte da compiere all'inizio del percorso. Se il bimbo nel grembo fosse affetto da una malattia genetica e non si volesse portare avanti la gravidanza perché economicamente e volontariamente impossibilitati a farlo, bisognerebbe essere informati sulle scelte possibili. Invece, molto ginecologi eseguono il Duo test o il test del Dna oltre la 12esima settimana, limite massimo in Italia per l'interruzione volontaria di gravidanza. Ciò impedisce una scelta libera e meno dolorosa dell'interruzione terapeutica, che di fatto è un vero e proprio parto. Con insulti di infermiere e ostetriche pro vita inclusi nel prezzo.

Vigilare e continuare a scegliere

Le posizioni antiabortiste fanno rumore ma non possono rappresentare la totalità degli individui su questo pianeta. Decidere di limitare il libero arbitrio di una donna sul suo corpo, impedendole di scegliere seguendo valori in linea con la tutela del suo corpo, della sua salute e delle sue scelte è pericoloso per tutti. Rimanere vigili è una priorità. Votare, scegliere e svecchiare una classe politica che vuole rendere questi viaggi indietro nel tempo condizione permanente del nostro presente, è la via. Evitare che il tweet di Tea Hacic-Vlahovic – «In America bisogna aspettare di uccidere il proprio neonato con una pistola» – diventi realtà è un dovere.