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Vita da Mamma: la rubrica di Federica Federico

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Annalisa Minetti torna a “vedere” grazie alla tecnologia

Cantante, modella, showgirl e atleta paralimpica, Annalisa Minetti testimonia la risposta del cuore alla disabilità delle mamme e dimostra quanto la tenacia possa essere risolutiva nella vita di tutte noi.

Cantante, modella, showgirl e atleta paralimpica, Annalisa Minetti testimonia la risposta del cuore alla disabilità delle mamme e dimostra quanto la tenacia possa essere risolutiva nella vita di tutte noi.

Ci sono molti modi di essere mamma, ma una cosa che ci accomuna tutte è l’incertezza, quella sottile paura che il “nuovo” e l’inesplorato portano con sé. La forza delle mamme sta nella resilienza anche rispetto all’incerto.

La mamma è una “nuova donna” e nessuna neomamma può azzardare previsioni sulla propria metamorfosi, la sola cosa certa è che sin dalle primissime settimane di gravidanza il cambiamento, nel corpo come nell’animo, è profondo.

Una disabilità fisica non rende una mamma più “sopraffatta dall’incertezza” rispetto a una sua collega normodotata, tuttavia può facilmente dare adito a domande profondamente diverse da risolvere. Annalisa Minetti, cantante, modella, showgirl e atleta paralimpica, testimonia oggi la risposta del cuore alla disabilità delle mamme e riporta a tutti noi una prova di tenacia che è fattiva e risolutiva. 

Le mamme non hanno bisogno solo di filosofia, ricercano, piuttosto, soluzioni concrete. Ci definiscono multitasking, in realtà siamo solo organizzate, concrete e pratiche e il nostro quotidiano è favorito da soluzioni per vivere meglio.

L’esempio di Annalisa si sostanzia nella maternità, desiderata, consapevole e conquistata, ma contemporaneamente in due medaglie d’oro nell’atletica, due vittorie al Festival di Sanremo e due lauree.

Come ha perso la vista Annalisa Minetti?

Annalisa Minetti non è nata priva della vista, questo vuol dire che custodisce una sua memoria visiva sulla quale ha strutturato l’abitudine al buio. 
Ha iniziato a perdere la capacità visiva all’età di 21 anni a causa di una malattia genetica: la retinopatia pigmentosa, il cui processo degenerativo può condurre, come nel caso della Minetti, alla totale cecità.

Il buio in cui Annalisa ha vissuto sino ad oggi è stato squarciato dalla tecnologia supportiva alla disabilità. È la stessa Minetti ad aver presentato in televisione e su Instagram i nuovi occhiali smart OrCam MyEye Pro, lo strumento con cui i non vedenti o gli ipovedenti gravi possono riconquistare padronanza di sé nel mondo, quindi autonomia.

Facciamo subito chiarezza sul concetto di tecnologia supportiva: è tale tutto quell’insieme di strumenti tecnologici capaci di funzionare in modo assistenziale. È altresì necessario chiarire che, pur parlando di occhiali, qui la tecnologia non ha a che fare con la montatura e nemmeno con le lenti dell’occhiale stesso, non incide affatto neanche sulla vista. Si tratta di una telecamera montata su una delle asticelle laterali dell’occhiale; senza richiede una connessione internet, tale telecamera riesce a trasformare le immagini che cattura in descrizioni verbali trasmettendo l’audio all’orecchio. Gli occhiali, dunque, sono solo la sede su cui si alloca lo strumento; detto strumento è in sé un convertitore di immagini in parole. Pur non ingerendo con la vista (gli occhiali che ospitano la telecamera, infatti, potrebbero anche non avere lenti o avere lenti non graduate), il dispositivo assistenziale viene montato a ragion veduta su una stanghetta degli occhiali. Il perché di questa collocazione è presto spiegato: la stanghetta è sita accanto agli occhi e quindi può seguire l’orientamento che nei normodotati è quello oculo-visivo; d’istinto la persona rivolge il capo (quindi lo sguardo) verso la fonte del rumore e nel campo visivo riconosce individui, animali o cose.

In questa posizione la telecamera può perfettamente simulare l’occhio cogliendo ciò che attira l’attenzione del cieco o dell’ipovedente. Inoltre diviene facile istruire il fruitore al posizionamento degli oggetti da esaminare dinanzi alla telecamera. Tutto avviene come leggendo: si portano gli oggetti, per esempio i prodotti alimentari con le loro etichette, piuttosto che i libri, direttamente davanti agli occhi. A misura di sguardo avviene la conversione da scritto a parlato, ovvero quello che è riportato in forma scritta viene raccontato dal convertitore della telecamera. Di fatto il mondo si svela. Il kit complessivamente comprende, oltre alla telecamera, anche un paio di auricolari Bluetooth. Infatti è alle orecchie che va direzionato il messaggio finale, cioè la voce narrante che permette di leggere e riconoscere cose o persone. La tecnologia di supporto diventa in questo modo un’opportunità importante. Allargando la mano dinanzi agli occhiali Annalisa blocca la trasmissione del messaggio verbale, avvicinando il menù di un ristorante, invece, legge, allo stesso modo legge un libro e cercando con lo “sguardo” suo figlio lo intercetta nel “campo visivo”, ovvero in quel mondo tutto intorno che non avrebbe altrimenti più potuto indagare se non col tatto.

Cosa sono in grado di fare i nuovi occhiali smart OrCam MyEye Pro indossati anche da Annalisa Minetti

Questa innovativa tecnologia di ausilio ha un costo assai elevato, riconosciuta dal TIME come una delle 100 migliori invenzioni del 2019, è oggi sul mercato a un prezzo che sfiora i 5mila euro. Va detto che, sebbene esistano tecnologie similari e app gratuite per smartphone che riescono a svolgere una analoga funzione di traduzione verbale del catturato visivo, nessun dispositivo è così esemplificato e perfettamente adattato all’uso nel quotidiano. Senza contare che il quid pluris di questi particolari occhiali sta nel loro “addestramento”, ovvero nella programmazione che si adatta alle esigenze del singolo fruitore ed è messa in pratica sfruttando gli algoritmi tipici dell’intelligenza artificiale. Questa tecnologia è finalizzata a esemplificare le azioni più comuni, tra le altre cose, gli occhiali in questione possono:

  • previa registrazione dei volti, riconoscere le persone (funzione di riconoscimento facciale) quando queste compaiono nel campo visivo;
  • previa cattura dell’immagine scritta, leggere ciò che è riprodotto graficamente (funzione di lettura);
  • riconoscere le banconote;
  • riconoscere i segnali stradali;
  • riconoscere gli schermi del computer, dello smartphone e del tablet.

Col termine addestramento si intende, ovviamente, la programmazione, all’utente fruitore basterà inquadrare i volti delle persone e “salvare”, uno per uno, le informazioni correlate, il dispositivo chiamerà per nome quelle persone ogni qualvolta entreranno nello spazio visivo.

Qual è il messaggio che Annalisa Minetti restituisce con il suo esempio

Partendo dall’idea che le tecnologie supportive meritano una crescente attenzione sociale e che dovrebbero essere accessibili a tutti coloro i quali sono in condizioni bisogno, l’esempio che Annalisa restituisce è piuttosto una testimonianza: questa donna non ha alcuna fragilità perché la sua forza è stata come resina e ha intrappolato il dolore facendone qualcosa di meravigliosamente più grande, ovvero le ha fatto da scudo permettendole di maturare in forza e tenacia. Questa mamma dimostra a tutte noi quanto potenziale abbiamo dentro, come la nostra forza possa sgorgare senza sosta e senza limiti. Bisogna amare se stesse, amare la vita e imparare a interpretare le circostanze in positivo. Guardare alle mamme speciali, quelle con abilità fisiche diverse dalle ordinarie, equivale a rimetterci tutte in gioco sull’onda emotiva e coinvolgente della grande spinta dell’esempio propositivo.

Condividere il messaggio di questo scritto porta con sé un duplice risultato:

  1. promuovere le tecnologie di aiuto alle diverse abilità;
  2. trarre dalla diversità linfa per essere solari anche quando il cielo delle nostre vite è nuvoloso o spento, l’arcobaleno è dentro di noi e parte dalle emozioni più profonde, stimolatele sempre!

A una mamma basta “guardare” i propri figli, è bello sapere che questo mondo, tanto sgangherato e ultimamente duramente messo alla prova, sia fiorito un modo per cui anche le mamme non vedenti e fortemente ipovedenti possono “guardare” i loro bambini e “riconoscerne” il volto immediatamente.

Foto apertura: LaPresse