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Ipocondria, fenomenologia del disturbo d'ansia di malattia

L’ipocondria è una preoccupazione infondata ed eccessiva di aver contratto una o più malattie. Ecco come riconoscerla e come poterla curare.

L’ipocondria è una preoccupazione infondata ed eccessiva di aver contratto una o più malattie. Ecco come riconoscerla e come poterla curare.

Ammettilo, anche tu hai quell’amica che cerca su Google ogni sintomo – anche impercettibile – e tartassa il suo medico di base per farsi prescrivere esami su esami? Oppure quell’amica sei tu? Finché si mantiene entro i livelli di guardia, l’ipocondria è piuttosto comune e può strappare un sorriso. Quando si sfocia nell’ipocondria ossessiva, però, i sintomi possono diventare talmente pesanti da impedire di fare una vita normale. Ed è a quel punto che conviene correre ai ripari

Il significato di ipocondria

L’ipocondria, o disturbo d’ansia da malattia, è una preoccupazione eccessiva e non fondata data dalla convinzione di avere una o più gravi malattie. Il paziente che ne soffre interpreta erroneamente qualsiasi sensazione o alterazione fisica, anche di lieve entità, convincendosi che sia il sintomo di una patologia. Questo accresce la sua preoccupazione, tanto da spingerlo a cercare continue conferme del fatto di essere malato, anche se ciò non trova riscontro oggettivo negli esami clinici e nei pareri medici.

L’ipocondriaco vive con terrore anche la sola prospettiva di potersi ammalare in futuro. Per questo, entra in uno stato di tensione anche se sente parlare di una determinata patologia, se legge un articolo al riguardo o se viene a sapere che un’altra persona si è ammalata. Questa preoccupazione eccessiva lo porta a fossilizzarsi sul tema della propria salute, facendo delle possibili malattie contratte un argomento abituale di conversazione e il proprio modo di rispondere agli stress della vita quotidiana.

Cause dell’ipocondria

Senza dubbio i fattori ambientali e le esperienze personali hanno un peso nell’insorgere dell’ipocondria. Pensiamo per esempio al primo periodo della pandemia: con giornali, telegiornali e social network focalizzati unicamente sulla malattia, le pesanti restrizioni alla vita quotidiana per evitare il contagio e l’assoluta incertezza sul futuro, era inevitabile nutrire preoccupazione per il proprio stato di salute. Molte persone si sono trascinate questa preoccupazione nel tempo, anche quando la fase emergenziale era finita. Vale lo stesso discorso per chi ha subìto un lutto improvviso ed è rimasto convinto del fatto che potesse essere evitato, se solo i medici fossero stati più accorti e scrupolosi.

Il significato psicologico dell’ipocondria può essere anche legato a una scarsa autostima, a una concezione di se stessi come persona fragile, vulnerabile e insicura. All’origine può esserci anche il rapporto con la famiglia: figure di accudimento iperprotettive, sempre tese a enfatizzare qualsiasi pericolo (anche inconsistente), rischiano di crescere un bambino – e poi un adulto – che non si sente mai al sicuro.

Come curare l’ipocondria

Ciascuno di noi può avere periodi di particolare tensione e sfogare questa tensione della salute. Finché si tratta di un atteggiamento sporadico, e finché le conseguenze sulla vita quotidiana sono limitate, significa che l’ipocondria è sotto controllo. Quando invece l’ansia è forte e costante, anche quando i sintomi fisici sono lievi o del tutto assenti e non c’è dunque alcun motivo di preoccuparsi, l’ipocondria può diventare un problema serio.

In questo secondo caso, la persona rischia di entrare in un circolo vizioso in cui i tentativi di auto-rassicurarsi non servono a nulla, e anche i pareri delle persone vicine risultano ininfluenti. Anzi: quando si ha a che fare con una persona gravemente ipocondriaca, è bene evitare di giudicare, di schernirla o di sminuire ciò che prova. Piuttosto, può essere utile farla sentire accolta, accompagnarla alle visite, oppure distrarla proponendole attività piacevoli.

Per poter curare in modo definitivo l’ipocondria, quindi, può essere utile rivolgersi a uno psicoterapeuta che aiuterà il paziente a individuare (e interrompere) le spirali viziose messe in atto. In alcuni casi potrebbe essere necessario anche ricorrere ad una terapia farmacologica basata sull’assunzione di antidepressivi (sia triciclici che SSRI) o, nelle forme lievi, di sole benzodiazepine. Sarà lo specialista ad individuare la cura più indicata in base all’esigenze individuali e alla gravità del disturbo.