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Lisa Montgomery, criminale con un passato di torture: storia dell’unica donna nel braccio della morte

Lisa Montgomery era stata condannata a morte per l'omicidio della giovane Bobbie Jo Stinnett. Dopo una serie di rinvii, la Corte Suprema degli Stati Uniti ha dato il via libera all'esecuzione, avvenuta con un'iniezione letale. Vi raccontiamo la sua vita, tra abusi, violenze e torture.

Lisa Montgomery era stata condannata a morte per l'omicidio della giovane Bobbie Jo Stinnett. Dopo una serie di rinvii, la Corte Suprema degli Stati Uniti ha dato il via libera all'esecuzione, avvenuta con un'iniezione letale. Vi raccontiamo la sua vita, tra abusi, violenze e torture.

Sarebbe dovuta morire l’8 dicembre 2020 Lisa Montgomery, ma la sua esecuzione era stata rimandata per via del contagio da Covid di alcuni suoi legali. La nuova data stabilita era il 12 gennaio, nove giorni prima dell’insediamento di Joe Biden, ma l'esecuzione era stata provvisoriamente sospesa per valutare le capacità mentali della donna. A qualche ora dalla sospensione, la Corte Suprema degli Stati Uniti ha dato il via libera, permettendo all'Ufficio federale delle carceri di procedere all'esecuzione. Lisa non c'è più.

Era l’unica donna nel braccio della morte degli Stati Uniti d’America, e la prima a essere giustiziata – con un’iniezione letale – dopo 70 anni (l’ultima fu Bonnie Heady nel Missouri, era il 1953). Aveva commesso un crimine atroce, nel 2004, nei confronti di un’altra donna e del feto che aveva in grembo. Ma aveva anche alle spalle una storia devastante di abusi sessuali, violenze e torture. La difesa aveva chiesto infatti a Donald Trump di tramutare la condanna a morte in ergastolo senza possibilità di libertà condizionale, per via della malattia mentale di cui è affetta Montgomery chiedendo di “fare appello al presidente per concederle misericordia e commutare la sua condanna in ergastolo”. Un appello ignorato da Trump, che nel 2020 ha rispolverato la pena capitale federale dopo una moratoria di 17 lunghi anni.

IL CRIMINE DI LISA

Era il 16 dicembre del 2004, quando Lisa Montgomery, allora 36enne, partì dalla sua casa in Kansas per raggiungere una piccola città del Missouri dove doveva incontrare una donna che aveva conosciuto online per via del comune amore per i cani. Si chiamava Bobbie Jo Stinnett ed era un’allevatrice alla quale Montgomery disse di voler comprare uno dei suoi cuccioli. Una volta entrata in casa però, strangolò a morte la donna, incinta di otto mesi, poi le tagliò il ventre estraendo il feto sopravvissuto, che nelle ore successive fece passare come suo figlio. 
Un crimine dei più efferati della storia che gli avvocati della donna riconoscono, ma si battono perché venga tenuta in considerazione anche la sua, di storia. Perché il suo passato sembra un buco nero senza via d’uscita, senza possibilità di salvezza. 

UNA STORIA DI TORTURE

Le prime esperienze di abusi sessuali nei confronti di Montgomery avvennero indirettamente quando aveva tre anni. Di notte giaceva a letto accanto alla sorellastra di otto anni, mentre lei, Diane, veniva violentata dal loro babysitter. Poco dopo, ell’età di 11 anni, anche Lisa è stata vittima di violenza. Il suo patrigno, un uomo alcolizzato che picchiava la moglie, ha iniziato a violentarla regolarmente. Con il tempo gli abusi peggiorarono: il patrigno invitò gli amici ad abusare di lei in gruppo, e la umiliarono a tal punto da urinarle addosso, come fosse spazzatura, racconta il Guardian. La madre fu complice: quando aveva bisogno di lavori occasionali in casa, come dell’idraulico o l’lelettricista, vendeva sessualmente la figlia. 
La sua, sostengono i medici, gli psicologi e gli assistenti sociali che se ne sono occupati negli anni, è una storia di torture. 

LA CONDANNA A MORTE

L’amministrazione Trump vuole che Montgomery, oggi 52 anni, venga uccisa nel braccio della morte perché assassina fredda, colpevole di un crimine “particolarmente atroce”, considerando l’ergastolo una punizione insufficiente. Ma molti esperti la pensano diversamente. Per Sandra Babcock, direttrice di facoltà del Cornell Center on the Death Penalty Worldwide e consulente del team legale di Montgomery. "Lisa non è la peggiore delle peggiori - è la più distrutta tra le persone distrutte”. 

Un caso, il suo, che spacca gli Stati Uniti: è difficile che un omicidio così efferato, dai dettagli tanto raccapriccianti, muova nell’opinione pubblica un sentimento di comprensione. Ma se Montgomery non avesse subito le umiliazioni e gli stupri a cui è stata costretta da bambina, avrebbe agito in quel modo? 

"Dobbiamo capire cosa potrebbe portare qualcuno a essere così profondamente disconnesso dalle proprie azioni da essere in grado di fare qualcosa che una persona normale e sana troverebbe inimmaginabile", sostiene Katherine Porterfield, psicologa infantile specializzata nel trattamento dei sopravvissuti alla tortura. L’esperta ha trascorso molte ore con Montgomery durante il processo di appello nel 2006: “Fatti quasi impossibili da comprendere diventano comprensibili se ti tiene conto della malattia mentale e delle conseguenze di massicci traumi infantili sulle persone”. 

La storia processuale inizia nel 2007, quando alla giuria, che l’aveva già condannata per omicidio e sequestro di persona, fu chiesto di stabilire se dovesse essere spostata nel braccio della morte. La difesa non fu convincente e la giuria votò positivamente. I pubblici ministeri hanno criticato la richiesta poco argomentata di risparmiare alla donna l’esecuzione con “la scusa degli abusi”. Così Montgomery venne condannata a morte il 26 ottobre 2007. Soltanto anni dopo, quando una nuova squadra di difensori iniziò a rappresentarla in Appello, iniziò a emergere la portata delle violenze subite da bambina: il team legale ha chiamato diversi testimoni per ricostruire la storia della detenuta. 

LA MALATTIA MENTALE

Janet Vogelsang, assistente sociale, nel 2016 ha trascorso diversi giorni a parlare con Montgomery e ha riferito di aver avuto una sensazione di déjà vu con sessioni simili che aveva effettuato con veterani militari traumatizzati dalla guerra: “Parlare con Lisa è stato come parlare con veterani di guerra del Vietnam e della Corea che erano stati rinchiusi in buchi e gabbie di bambù nelle condizioni più orribili", ha detto Vogelsang al Guardian. L’esperta ha raccolto 184 pagine di storia di Montgomery, la maggior parte del cui materiale non era mai stato presentato alla giuria. Oltre alle violenze sessuali, nei documenti veniva raccontata ogni umiliazione subita dalla detenuta: da quando da piccola la madre le chiudeva la bocca con del nastro adesivo per impedirle di parlare, a quando la fece uscire in veranda completamente nuda di fronte a un gruppo di uomini ubriachi o quando il patrigno fece un buco nell’armadio per spiarla nella sua stanza.

Porterfield ha raccontato che nelle sue sessioni individuali con la detenuta, è arrivata rapidamente a riconoscere i sintomi del trauma e della malattia mentale. “Vive in uno stato di dissociazione. Quando le ho chiesto della sua infanzia, mostrava un'incapacità di connettersi alle sue emozioni - con un'espressione facciale vuota, una voce vuota, parlando di se stessa in terza persona ". Porterfield e Vogelsang sono concordi nella diagnosi. "Non ci sono dubbi: la signora Montgomery è profondamente malata di mente”. Le sono stati diagnosticati disturbo bipolare, disturbo post traumatico da stress, ansia e depressione, psicosi, sbalzi d'umore, dissociazione e perdita di memoria. Studi approfonditi sulla sua infanzia e la prima età adulta hanno suggerito che fosse alle prese con molte di queste condizioni anche immediatamente prima che commettesse il crimine.

Nei mesi precedenti l'omicidio, ebbe diversi episodi in cui diceva alle persone intorno a lei che era incinta - affermazione falsa poiché dopo la nascita del suo quarto figlio le dissero che era diventata sterile. E mostrava tutti i sintomi della malattia mentale. Ma nessuno le ha mai offerto aiuto: secondo la difesa, la società l’ha delusa e abbandonata.

Solo una volta durante l’infanzia gli assistenti sociali fecero visita alla famiglia, ma i genitori la fecero tacere. Un medico che riscontrò le violenze subite non fece nulla, così come il  giudice del tribunale di famiglia che aveva presieduto il divorzio dei genitori rimproverò la madre di Montgomery per non aver denunciato lo stupro di sua figlia alla polizia, ma nemmeno lui fece nulla. Per gli esperti che l’hanno a lungo ascoltata e studiata, la società ha deluso ripetutamente Lisa Montgomery. E ora quella stessa società si prepara a ucciderla, con il benestare di Trump.
Sandra Babcock ha raccontato al Guardian di aver difeso centinaia di prigionieri che rischiano l'esecuzione in Paesi di tutto il mondo negli ultimi trent’anni ma di non aver “mai visto un caso come questo. Non so di alcuna esecuzione negli Stati Uniti o altrove che sia stata eseguita su qualcuno che è stato sottoposto a tale inesorabile tortura e violenza sessuale".

Secondo Babcock la maggior parte degli americani avrebbe voluto interrompere l'esecuzione se solo avesse conosciuto tutti i fatti che riguardavano il suo passato. Ma l’opinione pubblica sapeva soltanto che quella donna dallo sguardo vuoto aveva commesso un crimine atroce. E le mobilitazioni per chiederne la grazia non hanno fatto troppo rumore. Oggi restano il senso di impotenza e il dolore per una vita già distrutta, spenta con un’iniezione letale. La società l’ha abbandonata di nuovo. Questa volta per sempre.

Foto: LaPresse