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Sofia Borri e il suo Piano C per le donne

Da quattro anni aiuta «le donne a trovare un lavoro che gli piaccia di più», cercando di farle rimanere fedeli ai loro desideri. Ecco chi è Sofia Borri e cos'è Piano C.

«Non credo nei miracoli, ma nei microcambiamenti», dice Sofia Borri, parlando della sua vita personale e professionale. Origini italo-argentine, ha vissuto come rifugiata in Svezia prima di arrivare in Italia. Ha investito tempo e dedizione in una relazione che dura da oltre un decennio, ripartendo carichi e responsabilità nella cura di due figlie. Lo stesso impegno lo mette tutti i giorni in Piano C, un’associazione non profit che “ha l’obiettivo di partecipare alla creazione di una nuova organizzazione del lavoro, più a misura di vita”.

Ma c'è di più. Sofia Borri, 42 anni, è un'iniezione di fiducia naturale per tutte quelle donne che hanno passato la vita a rinunciare, a dire «Tanto, ormai...» dopo aver avuto dei figli. Che ogni giorno soccombono sotto le cose da fare per la cura familiare e domestica. Sofia e lo staff di Piano C le incontrano, le scompongono e le ricompongono, dando loro un nuovo cammino che le porta di nuovo, felici nel mondo del lavoro.

Chi è Sofia Borri e cosa fa con Piano C

«Piano C nasce per valorizzare il talento femminile, aiuta le donne a riprogettarsi», spiega Sofia. Da quattro anni l'organizzazione si occupa di scovare tutti i potenziali invisibili al mercato del lavoro. «Avevamo la sensazione di avere a che fare con una situazione macroscopica, ma di cui non si occupava nessuno, - aggiunge – perché sulle donne c'è una patina che le spegne». Si può accedere al servizio gratuitamente se si è disoccupate (in quel caso, la consulenza è finanziata da enti pubblici o privati) oppure a pagamento, se si ha un reddito.

Come funziona Piano C

La consulenza di Piano C prevede tre step: l'empowerment (per diventare consapevoli delle proprie risorse), il design thinking (progettazione del proprio ruolo lavorativo, da mettere alla prova con dei colloqui), e lo storytelling. Nel primo step si lavora su se stesse, si inizia a osservarsi. «Spingiamo le donne a lavorare sulla loro unicità - sottolinea Sofia -. L'unico modo per rendere unico il curriculum è mapparlo, osservarlo, fare un progetto che lo metta al centro, chedendosi che differenza si può fare nel mondo del lavoro». Praticamente si smonta la storia personale, si individuano i mattoncini del talento e poi li si rimette insieme. Capacità non formali come quelle di fare networking, diventano importantissime.

Poi c'è il design thinking. Ci si mette lì e si inizia a pensare - da soli o in gruppo, per uscire dalla solitudine - a cosa si ha voglia di fare. Si monta un profilo e si prova con dei colloqui per capire se può funzionare. Se non funziona, si ricostruisce e si prova ancora. Confrontarsi è fondamentale: «Se sei a casa tua, in pigiama, che ti guardi il cv tutto il giorno, mandi 100 email e nessuno ti risponde, si autoalimenta l'idea del “non valgo io”».

Infine c'è lo storytelling. Al termine del percorso, le donne che hanno partecipato, raccontano la propria esperienza, vivendo un secondo momento di consapevolezza, che rafforza tutto il lavoro fatto. I racconti sono sul blog di Piano C.

Chi si rivolge a Piano C

Tutte le donne che hanno voglia di valorizzare il proprio talento possono rivolgersi a Piano C. Non serve essere disoccupate: basta anche voler semplicemente cambiare la propria strada professionale. Ma il target a cui inizialmente Piano C si è rivolto è quello delle donne che hanno smesso di porsi il problema, che magari hanno investito anche tanto tempo nella propria formazione e che poi hanno semplicemente rinunciato perché, in fondo, “va così”.

«Abbiamo cercato le donne che non vanno all'agenzia interinale o all'ufficio di collocamento – ricorda Sofia – luoghi che offrono risposte troppo standardizzate, quando non sai come ritrovare la tua strada. Questo è un target che fa fatica ad uscire di casa. Che ha “un problema che non è un problema”».

Il “buco nero” della maternità

La maternità è un'esperienza bellissima, fortemente inseguita da moltissime donne. Anche Sofia, che ha due figlie, l'ha cercata e voluta. Ma non è tutto, non può essere tutto per tutta la vita. In tutta Europa nella fascia 0-24 mesi c'è una leggera flessione nell'occupazione, ma poi si torna al lavoro. In Italia, in quei 24 mesi, si perdono numerosi talenti. Perché succede?

Mancano i servizi alle famiglie, poi c'è il condizionamento culturale – cosa dovrebbe volere di più dalla vita, una donna, in fondo? – oltre al fatto che i datori di lavoro iniziano a vedere le donne con figli come un problema. Fino ai tre anni l'accudimento dei figli è quasi totalmente in mano alle mamme e resta così. Ci si sente indispensabili e si cerca in questa condizione un senso totale dell'esistenza.

«Ma le cose succedono anche se tu non ci sei – puntualizza Sofia – e quando arriva quel momento, giunge anche il senso di inutilità. E le donne si deprimono». Tutto questo – dalla frustrazione per aver rinunciato ai propri sogni alla depressione per l'essere inutili – mette a dura prova e a volte spezza le famiglie più solide.

Cosa succede quando una donna entra nel mondo del lavoro

Per accudire la famiglia in modo perfetto molte donne cercano il part time, senza pensare che ciò impoverisce il Paese e le loro future pensioni, mettendo a rischio anche il reddito familiare. Secondo le stime della Banca d'Italia il Pil aumenterebbe di 7 punti se arrivassimo al 60% di occupazione femminile. Il motivo: le donne usano molti più servizi, generano lavoro per qualcun altro. Inoltre, l'Italia ha bisogno di innovazione, ma per cambiare c'è bisogno di nuovi approcci. «Abbiamo un bacino di diversità a portata di mano preziosissima. Una donna in un ruolo dirigenziale può innovare di più, portando linfa nuova nel tessuto produttivo», spiega Sofia.

Le skills che le donne portano nel mondo del lavoro

Le donne nei posti di comando fanno paura perché hanno introiettato il modello di leadership maschile e lo hanno esasperato, da vere “secchione”. Ma le stesse donne, forti della loro capacità di generare vita e di accudire, sono capaci di costruire alleanze e di guardare al futuro. «Basti pensare alla preistoria – spiega la leader di Piano C – . Di fronte al pericolo l'uomo attaccava da solo e la donna rimaneva a proteggere la prole. Questo crea una visione d'insieme, più lunga, utile per arrivare insieme a un obiettivo».

Le donne sono anche campionesse di gestione del tempo e problem solving: «Gli uomini sono stati disabituati a gestirlo e i manager oggi fanno corsi per riappropriarsi di questa competenza. In un momento di crisi con poche risorse, le donne sanno esercitare in maniera creativa questa capacità». Inoltre, il modello di leadership femminile è più inclusivo: nessuno viene lasciato per strada e si fa in modo che ognuno dia il meglio in base alle proprie capacità.

Gli ostacoli da rimuovere

Le aziende però devono cambiare. Il primo ostacolo da rimuovere è un'organizzazione improntata sull'orario di lavoro: meglio valorizzare i risultati. Quindi sì allo smart working e no alle classiche otto ore che diventano dieci. Inoltre, il dialogo tra pubblico e privato deve essere più contemporaneo. Ad esempio, gli orari dei nidi potrebbero essere più flessibili, per venire incontro ai freelance e ai loro picchi di lavoro. E poi niente quote rosa: Sofia Borri suggerisce di forzare l'ingresso di più donne per avere una maggiore diversity aziendale.

Una difficoltà tutta italiana

Ma perché a un uomo cinquantenne disoccupato non si guarda allo stesso modo di una donna nella stessa condizione? Il primo lo si compatisce, la seconda la si ignora, liquidando il problema con un “in fondo è una donna, ha la famiglia e la casa a cui badare, cosa potrebbe volere di più?”. Il cambiamento deve avvenire in famiglia, dove il carico mentale va redistribuito. Le prossime generazioni saranno più abituate a un modello diverso.

Per chi inizia una famiglia ora, bisogna iniziare a raccontare la famiglia e la condivisione in modo positivo, sottolineando cosa ci si perde a non condividere il tempo con i figli. Le donne invece devono cancellare o mitigare l'idea del “tanto so io come funziona”. Sofia dà anche i compiti a casa: «Provate ad uscire dalla chat delle mamme della scuola e inserite il papà». Il mondo andrà avanti.

Camera: Valentina Mele e Claudiu Rednic
Montaggio: Valentina Mele