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Alberto Mantovani, virologo: «Fase 2, perché la patente di immunità non basta»

Alberto Mantovani, immunologo di fama internazionale e direttore scientifico dell’Irccs Humanitas, spiega perché il ritorno alla normalità ha bisogno di scienza, intraprendenza e responsabilità. 

Alberto Mantovani, immunologo di fama internazionale e direttore scientifico dell’Irccs Humanitas, spiega perché il ritorno alla normalità ha bisogno di scienza, intraprendenza e responsabilità. 

Con lo scorrere dei giorni della Fase 2, stiamo entrando passo dopo passo in un mondo nuovo. Qui ci sono nuove regole, nuove cose a cui fare attenzione, nuovi principi da tenere a mente per essere dei buoni cittadini. I pronto soccorso e le terapie intensive iniziano a tirare piccoli respiri di sollievo. Si esce un po' di più, muniti di guanti e mascherine, sempre più oggetto trendy del momento. Il mondo affronta il cambiamento, con cautela. Un ruolo chiave potrebbero giocarlo gli anticorpi e la relativa patente di immunità, ma la partita più importante si gioca sul vaccino.

Alberto Mantovani, immunologo di fama internazionale e direttore scientifico dell’Irccs Humanitas, spiega perché il concetto di patente di immunità e fuorviante e pericoloso.

Patente di immunità: cos'è e a cosa serve davvero

In questa Fase 2 si è più volte sostenuta l'introduzione della cosiddetta patente di immunità. In pratica, chi è stato in ospedale per il Covid-19 ed esce da negativo al virus, il test sierologico diventa una specie di documento di immunità, che gli/le permette di girare liberamente. Tanto il Coronavirus l'ha già avuto. Dunque, si è fatto gli anticorpi.

«Il test sierologico può costituire un foglio rosa, di certo non una patente - sottolinea Alberto Mantovani in un'intervista a Genio&Impresa, magazine di Assolombarda - Dobbiamo ricordare alcune cose sugli anticorpi: non sono da soli un test diagnostico, visto che la risposta contro questa malattia è molto lenta e la loro presenza non esclude quella del virus». Insomma, uno strumento imperfetto, che anche l'Oms ha sconsigliato.

Il limite della patente di immunità è anche tecnologico. Ad oggi ci vogliono 20 giorni per veder apparire gli anticorpi dopo l'esposizione al virus e ne occorrono fino a 15 dopo la comparsa dei sintomi. «Al momento, dunque, non abbiamo dati certi e dire a qualcuno “hai gli anticorpi” può indurre a comportamenti irresponsabili - avverte l'immunologo - Adesso, con la consapevolezza che i dati illustrati ogni giorno sono soltanto la punta dell’iceberg, è importante capire quante persone sono state realmente esposte e che livello di immunità di gregge potremmo aver raggiunto».

Vaccino, strada maestra

Se sulla scoperta di una cura al Coronavirus Mantovani appare scettico, sul vaccino è più sicuro. «Ci sono centinaia di candidati vaccini nel mondo, - sottolinea Mantovani - ma in un contesto come questo ogni previsione è un azzardo. Una volta scoperto il vaccino bisognerà renderlo disponibile per centinaia di milioni di persone. In un report sul Covid-19 dell’Accademia dei Lincei al quale ho contribuito, si parla di 18 mesi, una tempistica verosimile».

In questa maratona l'Italia è in prima linea. «Le nostre aziende hanno messo a punto test rapidi e affidabili per il virus, stanno sviluppando test sierologici e sono in corsa per i vaccini. Stanno lavorando in un contesto in cui pubblico e privato marciano a braccetto». Gli studiosi, l’industria farmaceutica, diagnostica e di vaccini presenti in Italia rappresentano «un patrimonio incredibile ed è proprio da qui che arriva quell’innovazione che è un’arma contro il virus», aggiunge lo studioso.

Un solo comandamento: non abbassare la guardia

La prima regola della Fase 2 è stata chiara sin da subito: mai abbassare la guardia. Lo ribadisce anche Mantovani. «Le partite si chiudono al novantesimo, a volte ai supplementari o persino ai rigori. Se si abbassa la guardia perché si crede di aver vinto, la fatica fatta fino ad ora sarà vanificata». Per questo dobbiamo continuare ad assumere atteggiamenti responsabili, cioè distanziamento sociale, uscire con indosso i dispositivi di protezione, fare attenzione ai sintomi.

«Il nostro Paese ha una struttura familiare molto salda e richiede ai più forti della nostra popolazione un esercizio maggiore di responsabilità, per proteggere se stessi e i più deboli».