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Diritto all'aborto, la battaglia delle donne polacche

Il 23 ottobre il Pis ha reso ancora più severa la legge sull'interruzione di gravidanza (già tra le più severe d'Europa). Ecco il cammino che ha portato a questa tragica decisione e alle proteste che stanno scuotendo il Paese.

Il 23 ottobre il Pis ha reso ancora più severa la legge sull'interruzione di gravidanza (già tra le più severe d'Europa). Ecco il cammino che ha portato a questa tragica decisione e alle proteste che stanno scuotendo il Paese.

Dal 23 ottobre la Polonia è scossa da violente proteste scatenate dalla decisione del Pis (partito ultraconservatore al potere) di rendere ancora più severa la legge sull'aborto. La Polonia non brilla per apertura sul tema dell'interruzione volontaria della gravidanza. Si era già fatta notare nel Vecchio Continente per le sue gravi restrizioni a questo diritto delle donne. Ora in questo Paese la Corte costituzionale ha vietato l’interruzione di gravidanza in caso di gravi malformazioni del feto, la causa più diffusa legata all'aborto.

Cosa potrebbe prevedere la nuova legge sull'aborto

La presidente della Corte, Julia Przylebska, ha affermato che la legislazione che lo permetteva era «incompatibile» con la Costituzione del Paese, che tutela «il diritto alla vita». In questo modo i giudici hanno reso illegale il motivo più comune per cui le donne polacche abortiscono. D'ora in poi si potrà abortire solo in caso di stupro, incesto o minaccia alla salute e alla vita della madre: un misero 2 per cento sul totale delle interruzioni di gravidanza effettuate negli ultimi anni.

Solo nel 2019 gli aborti praticati negli ospedali polacchi per il motivo ora illegale sono stati 1.100. In Italia sono stati circa 80 mila. Un segnale che nasconde una dolorosa verità: molte donne polacche si rifugiano all'estero per interrompere le proprie gravidanze. La nuova legge fa pensare a un progetto per criminalizzare l'aborto dei feti malformati. E la brutta notizia è che il capo dello Stato conservatore ha già dichiarato il suo sostegno al disegno di legge.

Le proteste

La commissaria per i diritti umani del Consiglio d’Europa, Dunja Mijatovic, in un tweet ha affermato che la sentenza praticamente «equivale a un divieto» di abortire e «viola i diritti umani». Kasia Smutniak ha dedicato al caso un post in cui, mettendoci la faccia, lancia un duro messaggio nella sua lingua madre.

Panie Jarosławie Kaczyński, Przekroczył Pan granice wiele razy podczas ostatnich lat. Jako polka, która większość życia spędziła poza krajem, przyglądałam się temu z daleka. Ze smutkiem i przerażeniem widziałam jak decyzje Pana rządu zmieniają powoli moje wyobrażenie o Polsce. Jak plazmują społeczeństwo. To, o co walczyli moi rodzice, dziś zostało zgwałcone i podeptane. Za te gigantyczne kroki do tyłu będą odpowiadać moje dzieci. Jako matka, kobieta i obywatelka tego kraju , mówię DOŚĆ! 🇮🇹 Sig. Jarosław Kaczyński, Lei ha violato molte volte i confini negli ultimi anni. Come donna polacca che ha trascorso la maggior parte della sua vita all'estero, l'ho guardato da lontano. Con tristezze e orrore, ho visto che le decisioni del suo governo hanno lentamente cambiato la immagine della mia Polonia. Ciò per cui i miei genitori hanno combattuto è stato oggi violentato e caplestato . I miei figli pagheranno le conseguenze di questi giganteschi passi indietro. Come madre, donna e cittadina di questo paese, dico BASTA! 🇬🇧 Mr. Jarosław Kaczyński, You have crossed borders many times in recent years. As a Polish woman who spent most of her life abroad, I watched it from a distance. With sadness and horror, I saw how the decisions of your government slowly changed my image of Poland. What my parents fought for has been stripped and trampled today. My children will be responsible for these gigantic steps backwards. As a mother, woman and citizen of this country, I say ENOUGH! #JarosławKaczyński @strajk_kobiet #prawodoabrcji #prawoczlowieka #HumanRights #abortionrights #ToJestWojna #wypierdalać

Un post condiviso da Kasia Smutniak (@lasmutniak) in data:

Ma alle ferventi proteste del mondo politico internazionale, si sono unite quelle delle donne polacche, scese in strada per protestare, guidate dal movimento Strajk Kobiet. Uomini e donne hanno sfilato vicino alla casa di Jaroslaw Kaczynski, leader del partito conservatore Diritto e Giustizia che guida da cinque anni il Paese. Artisti e cantanti hanno dato vita a spettacoli di protesta.

Durante una manifestazione a Varsavia sono state arrestate 37 persone contro le 100 mila scese in piazza a sostegno del diritto delle donne alla libera scelta. Tutto questo in piena pandemia da Coronavirus. Insieme a megafoni e musica techno, i manifestanti di questa protesta orizzontale urlano: «La Costituzione è donna».

La protesta ha portato in piazza giovani manifestanti, laici, che non hanno paura di agire sopra le righe. Il problema è che i sit-in davanti alle chiese rischia di alienare le simpatie dei moderati verso il movimento. Così come non sembra esser stata una mossa molto furba quella di pubblicare online gli indirizzi dei giudici del Tribunale costituzionale.

Intanto le proteste hanno fermato l'avanzata del progetto di legge. Come riporta la CNN, un portavoce del governo ha dichiarato che il Paese ha bisogno di calma per discutere il provvedimento, alla luce delle proteste che imperversano nelle città da quando è stato annunciato. Michał Dworczyk, capo dell’ufficio del Primo Ministro, ha dichiarato: «È in corso una discussione e sarebbe bene dedicare un po’ di tempo al dialogo e alla ricerca di una nuova posizione in questa situazione che è difficile e suscita forti emozioni».

L'atmosfera è molto tesa anche a causa dell'incombente processo a tre attiviste accusate di "offesa ai sentimenti religiosi". Sei Ong ne chiedono l'assoluzione. Il reato commesso secondo le autorità riguarda l'affissione di poster raffiguranti la Vergine Maria con un'aureola color arcobaleno. Rischiano fino a due anni di carcere. L’accusa: pubblico insulto di «un oggetto di culto religioso mediante una raffigurazione che ha offeso i sentimenti religiosi di altre persone».

La legge del 1993

Finora la legge che disciplinava l'aborto, approvata nel 1993, prevedeva che l'interruzione di gravidanza fosse possibile in caso di pericolo di vita imminente per la madre, stupro, o malformazioni fetali. Si tratta di una delle leggi più rigide in materia perché non contempla l'aborto per volontà della donna entro le 12 settimane, come accade in molti paesi Ue. Fu creata durante la presidenza di Lech Wałęsa . Ma le donne polacche hanno continuato a protestare.

Nel 2016, pochi mesi dopo la vittoria del Pis alle elezioni legislative, la Conferenza episcopale polacca diffonde un comunicato, letto in tutte le chiese, che invita il parlamento a modificare la legge sull’aborto. Nonostante le forti restrizioni previste dalla legge del 1993, i prelati polacchi chiedevano di più.

>>>LEGGI ANCHE: I paesi dove l'aborto è vietato

Al primo tentativo di riscrittura, le donne sono scese in piazza, costringendo il leader Kaczyński a fare retromarcia. Ci ha riprovato nel 2018, ma deve fermarsi: le polacche non ci stanno. Per questo il capo del Psi ha tentato l'ultimo affondo attraverso il Tribunale costituzionale, saltando il passaggio parlamentare. Consapevola di essere in piena seconda ondata, con la Polonia zona rossa e rigidi vincoli per la circolazione, Kaczyński pensava di aver aggirato le voci contrarie al suo progetto. Niente di più sbagliato.

Cosa c'è dietro il disegno di legge sull'aborto

Insieme a chi protesta, in piazza ci sono i cosiddetti Berretti Rossi. La polizia militare è stata schierata apparentemente per proteggere la Chiesa di Santa Croce di Varsavia. La difesa delle chiese è la ragione con cui il governo ha schierato il suo braccio armato e proprio nel profondo cattolicesimo di questa nazione sta una delle motivazioni che ha spinto il partito conservatore verso questa decisione che potrebbe cambiare per sempre la vita delle donne polacche.

Secondo Thibault Deleixhe, ricercatore dell’Inalco di Parigi, «la chiesa, convinta di rafforzare il suo controllo sulle donne, ha dilapidato il proprio monopolio sul sacro. La laicizzazione della società polacca, già sulla buona strada, sta subendo un’accelerata inedita».

In questa situazione ad uscirne con le ossa rotte è la chiesa polacca. Questa legge e il condizionamento politico inflitto è un durissimo colpo alla sua credibilità. L'anima conservatrice che la guida, molto critica verso Papa Francesco, insieme agli scandali legati agli abusi sessuali su minori, sta accelerando l'allontanamento dei credenti. Basti pensare che una delle parole più ricercate sui motori di ricerca in Polonia è apostazja, apostasia.

Foto di apertura: Cecilia Fabiano/ LaPresse