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Troppa chimica nociva nell’ambiente. E la fertilità maschile crolla

In media, gli uomini di oggi hanno la metà degli spermatozoi rispetto ai loro nonni. Ed è colpa soprattutto dell'onnipresenza di alcune sostanze chimiche nocive.

In media, gli uomini di oggi hanno la metà degli spermatozoi rispetto ai loro nonni. Ed è colpa soprattutto dell'onnipresenza di alcune sostanze chimiche nocive.

Countdown. Ha un titolo eloquente il nuovo libro di Shanna Swan, epidemiologa, docente presso la Icahn School of Medicine at Mount Sinai di New York. L’argomento? Il drastico calo della fertilità maschile a cui abbiamo assistito nell’ultimo mezzo secolo. Un tracollo che sembra non avere alcuna intenzione di fermarsi, con conseguenze tangibili per la nostra società così come la conosciamo.

Il tracollo della fertilità maschile

Cominciamo con un po’ di numeri. Swan è co-autrice di un’autorevole meta-analisi pubblicata su Human Reproduction Update nel 2017. Si tratta di uno studio che passa in rassegna la letteratura scientifica esistente su un determinato argomento, in questo caso la fertilità maschile, integrandone i risultati. Ebbene, questa poderosa pubblicazione ci svela che il numero medio di spermatozoi degli uomini occidentali è crollato del 50-60% tra il 1973 e il 2011. Insomma, un adulto di oggi ha la metà degli spermatozoi rispetto a suo nonno. Andando avanti di questo passo, già nel 2045 la maggior parte delle coppie dovrà ricorrere alla fecondazione assistita. Le pagine di Countdown sciorinano dati allarmanti anche sull’incidenza di aborti spontanei e di anomalie come l’iposviluppo del pene, la compresenza di caratteri maschili e femminili e la mancata discesa dei testicoli.

Paghiamo il prezzo della chimica nociva

Questi fenomeni si possono in parte spiegare con il radicale cambiamento del nostro stile di vita negli ultimi quarant’anni, tra sedentarietà, alimentazione e consumo di alcool. Ma sembra che il momento davvero decisivo per la salute riproduttiva maschile risalga a molto, molto prima: per la precisione, alla fase in cui il feto sviluppa caratteristiche maschili. È proprio in questo delicatissimo frangente che la costante esposizione a sostanze chimiche può alterare l’equilibrio ormonale, con le conseguenze che Swan ha descritto.

Le sostanze chimiche a cui dare la colpa per questa crisi si trovano dappertutto: contenitori in plastica, involucri per alimenti, vestiti impermeabili, fragranze nei prodotti per la pulizia, saponi, shampoo, dispositivi elettronici, moquette”, scrive la celebre attivista statunitense Erin Brockovich in un accorato editoriale pubblicato dal Guardian. Alcune di queste sostanze chimiche suonano molto familiari a noi italiani, ai veneti in particolare. Sono i cosiddetti Pfas, quelli che per anni alcune industrie hanno riversato nelle acque, all’insaputa dei cittadini. Se sono stati soprannominati “forever chemicals” è proprio perché non si biodegradano ma si accumulano, danneggiando l’ambiente e l’organismo umano giorno dopo giorno.

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Foto apertura: Viacheslav Iakobchuk / 123rf.com