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Il carico mentale: cos'è e come gestirlo nella vita di coppia

Le donne gestiscono le case come fossero dei project manager, trovandosi spesso ad organizzare le mansioni per mariti e figli. Ma perché gli uomini non sono in grado di pensare autonomamente a ciò che c'è da fare in casa? 

Le donne gestiscono le case come fossero dei project manager, trovandosi spesso ad organizzare le mansioni per mariti e figli. Ma perché gli uomini non sono in grado di pensare autonomamente a ciò che c'è da fare in casa? 

Quante volte hai esclamato, esasperata, "Devo dirti sempre tutto!": sembra assurdo ma i mariti sembrano abitare le proprie case come se non fossero anche loro, non pensando a ciò che è necessario fare. Così il carico mentale della gestione della casa – fenomeno poco noto alle generazioni precedenti ai Millennials – ricade sempre sulle donne. Ma cambiare le cose è possibile.

Ecco cos'è il carico mentale e come imparare a ripartirlo con il proprio partner.

Cos'è il carico mentale

Iniziamo con un esempio. Il carico mentale è quella cosa che ci cade addosso quando il convivente - sia esso marito, partner o coabitante - ti guarda con l'occhio bovino e ti chiede: "Faccio la spesa? Mi fai una lista?".

Quella banale domanda avvia un algoritmo interno, a volte molto più complesso di quello elaborato da Katie Bouman per fotografare il buco nero, che sfocia in un semplice elenco di cose a cui il maschio di turno può far riferimento per "fare la sua parte".

La verità è che con la domanda originaria dimostra di non assumersi alcuna parte di responsabilità nell'organizzazione delle faccende domestiche.

Che poi torni con cose diverse da quelle che avete chiesto "perché tanto è uguale" è solo uno dei problemi che aumentano lo stress e fanno propendere la povera donna verso un "meglio che lo faccia io". Ciò significa che al carico mentale si aggiunge l'esecuzione, mentre il lui di turno si sente sollevato dall'incarico e può godersi del tempo libero (questo sconosciuto).

Ma non c'è solo la spesa. In famiglia c'è da organizzare le pulizie, le vacanze, le attività dei bambini, i loro vaccini, assicurare loro che ci sia sempre qualcuno che li vada a prendere e ad accompagnare, fare il cambio di stagione negli armadi. Per dedicarsi a queste cose – ma anche per delegarle – bisogna anzitutto pensarci, pianificarle e ricordarsene, ed è appunto questo il carico mentale.

Citando il libro di Marie-Laure Monneret Devo dirti sempre tutto, definiamo il carico mentale come una sorta di lavoro full-time, spesso logorante, ma soprattutto invisibile e necessario per mandare avanti la vita di famiglia.

Salvo alcuni casi fortunati, ricade sempre sulle donne, il cui cervello finisce per essere assediato dal pensiero delle responsabilità domestiche, da cui non riescono a staccarsi nemmeno quando lavorano.

I sintomi del carico mentale

Mentre i manager degli anni Settanta combattevono per non portare in casa le ansie di lavoro (il "loro" carico mentale) oggi le donne devono gestire il flusso inverso: non portare i pensieri legati alla sfera privata alla scrivania.

I primi sintomi di eccesso di carico mentale si verificano quando si pensa a liste di cose da fare anche di notte, ci si destreggia tra più agende, se è sempre la donna a lasciare la scrivania per soccorrere un bambino a scuola, o banalmente si è nervosi.

Le cause del carico mentale

Eppure è strano. Anche gli uomini vanno in bagno, ma se finisce la carta igienica e non ne trovano altra in casa, non pensano che vada acquistata, ma forse credono che si rigeneri da sola, dai rotoli di cartone dimenticati nel porta rotolo.

Incapacità logica? Mah. Sicuramente da parte delle donne c'è una spiccata mancanza di fiducia nel partner. Si crede che se si desse il controllo ai maschi, le cose non sarebbero fatte come si deve. Quindi delegare va bene, purché si riesca sempre a controllare ciò che viene fatto.

E se fosse colpa di madri troppo presenti, che li hanno completamente deresponsabilizzati, proteggendoli come piccoli principini nell'infanzia? Forse, ma anche vittime di un ruolo, affibiato loro dalla società e che, ancora oggi anima le donne.

Quando gestiamo tutto, ci sentiamo delle Wonder Woman - il che non è sempre qualcosa che risuona alle nostre orecchie in modo negativo. È ben radicata l'idea di dover essere sempre attive su tutti i fronti, efficienti sul lavoro e in famiglia, e ci sentiamo in colpa se non accade.

Tra le cause c'è anche la mancanza di dialogo tra i partner sull'argomento. Non si chiede aiuto, ci si esaspera per le "soluzioni alternative" proposte dagli uomini, che vengono giudicate inefficaci o non adatte al compito da svolgere.

I figli poi sono l'elemento che scompagina anche la squadra più affiatata. L'allattamento rende la donna indispensabile per il bambino e ciò allontana il padre dalla gestione delle visite con il pediatra, dall'iscrizione all'asilo e simili.

Il risultato non cambia: le donne si sentono oberate dal pensiero che il buon funzionamento di casa e famiglia ricada esclusivamente sulle proprie spalle.

Le strategie per liberarsi del carico mentale

In Devo dirti sempre tutto, Marie-Laure Monneret suggerisce di interrogarsi su convinzioni tipo "le donne sono più brave degli uomini nel gestire la casa".

Poi si deve agire sul comportamento, dialogando nel modo giusto su ciò che c'è da fare ed eliminando accuse tipo "Non fai mai niente". Impareremo così anche a modificare la nostra percezione dell'altro con un ascolto attivo.

Bisogna imparare a condividere le responsabilità in casa, ma anche a lottare fuori, per un maggiore riconoscimento della figura del padre come membro attivo della vita famigliare da parte delle aziende.

Infine, il libro dà dei consigli su come comprendere e gestire lo stress, amministrare il poprio tempo e lavorare sulla concentrazione.

Con un po' di impegno, la vita in famiglia può tornare ad essere anche piacevole e divertente e non solo un insieme di liste e compiti da assolvere.

Foto: ximagination -123rf.com