Editoriali

Fabrizio De André, cantautore libero, brillante ed enigmatico, ci ha lasciato un'enorme eredità musicale. Un omaggio alla sua poesia, attraverso l'umanità delle donne che ha cantato.

Fabrizio De André, cantautore libero, brillante ed enigmatico, ci ha lasciato un'enorme eredità musicale. Un omaggio alla sua poesia, attraverso l'umanità delle donne che ha cantato.

Libertà. Di vivere, di agire, di amare, di odiare. Di essere forti, impavidi, altruisti. E poi inetti, egoisti, vigliacchi. Di essere fragili, di avere paura. Di scegliere e sbagliare. 

Ci sono alcune domande sulle quali tutti noi, in un modo o nell'altro, ci siamo trovati almeno una volta nella vita a sbattere la testa. De André con la sua poesia ci suggerisce alcune risposte, raccontando delle storie, senza mai ergersi a maestro: si limita a guardare, vedere, certamente soffrire. E infine narrare. 

Innanzitutto: che cosa signfica essere Liberi? 

La risposta forse non c'è e se anche ci fosse, non la si potrebbe certo semplificare qui. Essere liberi significa essere umani, ma essere umani, troppo umani, implica una serie di sentimenti e azioni - per naturale inclinazione - contraddittorie: gioire e soffrire, amare, odiare, far del bene, far del male, perdonare, condannare, infierire, assolvere. E assolversi. 

Quindi, ancora: che cos'è bene? E cosa, male?

De André va ben oltre la superficie, rifiutando ogni costrutto sociale. Ogni imposizione morale. Cerca dentro e fuori di sé, senza giri di parole, qualcosa che si avvicini realmente, carnalmente, alla verità. 

Anche soltanto immaginare di ingabbiare un'opera così ampia e multiforme, così ricca di sfumature e sottigliezze, sarebbe presuntuoso e di certo fallimentare. Non è questa quindi, evidentemente, la nostra intenzione. 

Proveremo invece a puntare l'attenzione su alcune figure femminili emblematiche della sua opera, per evidenziarne l'attualità, e l'affascinante - in quanto priva di qualsivoglia retorica - profondità. Quello con Faber è un viaggio alla ricerca di un senso, un tuffo alla radice delle passioni umane, nel motivo per il quale in alcuni momenti, guardandoci senza filtri allo specchio, ci siamo sentiti, anche noi, colpevoli. Forse, soltanto, di troppa umanità

Bocca di Rosa

Bocca di Rosa è il brano più noto e rappresentativo di De André, che qui ribalta l'immagine della prostituta, spogliandola di ogni perbenismo, liberandola dalla condanna maschilista: la protagonista è una donna che fa l'amore per passione, e che viene malvista, additata e condannata dal giudizio "popolare". Ma perché, ci fa notare Faber, il problema dovrebbe essere lei, donna libera, e non tutti quei mariti, quei padri di famiglia, che decidono di avvicinarla per godere della sua bellezza

Ma la passione spesso conduce
A soddisfare le proprie voglie
Senza indagare se il concupito
Ha il cuore libero oppure ha moglie
E fu così che da un giorno all'altro
Bocca di rosa si tirò addosso
L'ira funesta delle cagnette
A cui aveva sottratto l'osso

Marinella

Questa di Marinella è la storia vera
Che scivolò nel fiume a primavera
Ma il vento che la vide così bella
Dal fiume la portò sopra una stella

In questo brano, ispirato da un fatto di cronaca nera, De André racconta di nuovo la storia di una giovane prostituta. Sembra una tragica, ma dolcissima, storia d'amore, che però in realtà nasconde - ancora una volta - una motivazione sociale. Di questo brano, disse: «La Canzone di Marinella non è nata per caso, o semplicemente perché volevo raccontare una favola d'amore. È tutto il contrario. È la storia di una ragazza che a sedici anni ha perduto i genitori, una ragazza di campagna dalle parti di Asti. È stata cacciata dagli zii e si è messa a battere lungo le sponde del Tanaro e un giorno ha trovato uno che le ha portato via la borsetta dal braccio e l'ha buttata nel fiume. Non potendo fare niente per restituirle la vita, ho cercato di addolcirle la morte».

Princesa, Fernanda

Princesa è ispirata alla storia vera di una transessuale brasiliana, tratta da un libro biografico scritto da Maurizio Janelli e Fernanda Farias. Lei, nata in un corpo che non sente suo, decide e riesce, dopo anni di difficoltà e sofferenze, a lasciare andare Fernandinho e diventare Fernanda, "Princesa" 

E allora il bisturi per seni e fianchi, 
In una vertigine di anestesia, 
Finché il mio corpo mi rassomigli 
Sul lungomare di Bahia. 

Dopo aver finalmente conquistato il suo corpo, Princesa inizia a prostituirsi: lungi dal giudicarla, qui De André ci mostra questa scelta come una tappa di libertà, un momento catartico che, “tra ingorghi di desideri”, la porterà a trovare l'amore vero. Un amore che dovrà, però, tenere nascosto.

[...] A un avvocato di Milano, ora Princesa regala il cuore
e un passeggiare recidivo alla penombra di un balcone.

Di nuovo, Faber ci racconta la storia di una donna che vuole essere se stessa e che può esserlo solo parzialmente a causa dell'ipocrisia borghese. Quell'ipocrisia per la quale va bene tutto, purché non si sappia

Ballata dell'amore cieco

Tutti gli esseri umani - in modo diverso - sono in grado più o meno consapevolmente di procurare dolore. In questa ballata, De André racconta di un uomo innamorato, vittima della vanità della donna che ama.  

Gli disse ancor se mi vuoi bene,
tralalalalla tralallaleru
gli disse ancor se mi vuoi bene,
tagliati dei polsi le quattro vene.
Le vene ai polsi lui si tagliò,
tralalalalla tralallaleru
e come il sangue ne sgorgò,
correndo come un pazzo da lei tornò.

Lui si taglia le vene per accontentare lei che, dopo aver gioito freddamente nel vederlo uccidersi per il suo amore, resta sgomenta vedendolo morire "contento e innamorato".

Morir contento e innamorato
Quando a lei niente era restato
Non il suo amore, non il suo bene
Ma solo il sangue secco delle sue vene

Rimini

Teresa è una ragazzina che sogna di scappare dall'opprimente realtà di Rimini, diventata simbolo del capitalismo, di passioni frivole, effimere. Viene sedotta per scommessa da un bagnino, resta incinta, abortisce, e sogna di scappare. Non prova rancore verso il ragazzo, ma lascia un avvertimento a chi l'ascolta: "Non regalate terre promesse, a chi non le mantiene".

E due errori ho commesso
Due errori di saggezza
Abortire l'America
E poi guardarla con dolcezza
Ma voi che siete uomini
Sotto il vento e le vele
Non regalate terre promesse
A chi non le mantiene

Ave Maria

Alla figura di Maria, De André ha dedicato un intero album: La buona novella, tratto dalla lettura di alcuni Vangeli apocrifi. Qui la figura di Gesù Cristo (e tutto ciò che ruota intorno ad essa), viene raccontata in una dimensione terrena, rivoluzionaria. Su quest'opera, disse: «Avevo urgenza di salvare il cristianesimo dal cattolicesimo». Anche Maria viene raccontata in una dimensione terrena, fragile, umana. 

Il brano Ave Maria racconta la gravidanza e il parto: c'è sì un omaggio alla donna e madre, ma contemporaneamente una critica alla visione maschilistica della figura femminile: il desiderio di essere donne concesso per un solo giorno, e il destino "obbligato"  - nella visione tradizionale e maschiocentrica - di diventare madri (e mogli) per sempre

Ave Maria, adesso che sei donna,
ave alle donne come te, Maria,
femmine un giorno per un nuovo amore
povero o ricco, umile o Messia.
Femmine un giorno e poi madri per sempre
nella stagione che stagioni non sente.