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Mathou e Caro: lasciateci libere di essere grasse e felici

Intervista alle due autrici di “A volontà - Giornata semi-vera in compagnia di due amiche che sfidano i pregiudizi sulla grassofobia”, una graphic novel per spiegare che il peso non è e non dovrebbe essere mai una scala di valore.

Intervista alle due autrici di “A volontà - Giornata semi-vera in compagnia di due amiche che sfidano i pregiudizi sulla grassofobia”, una graphic novel per spiegare che il peso non è e non dovrebbe essere mai una scala di valore.

Mattino, colazione. Fame. Un biscotto, due biscotti, tre… può bastare, no? Ancora uno, l’ultimo…

Un biscotto per ogni pensiero cattivo, uno per ogni voglia di tenerezza, un altro per addolcire la tristezza. Finché la mano fruga sul fondo del sacchetto e sulle dita rimangono solo le briciole.

E poi quel gonfiore all’addome, il senso di appagamento. La rabbia. Il pentimento. Il peso della bilancia. Un vestitone nero mimetizzatore, una borsa a tracolla per nascondere la pancia grossa, una guaina mozzarespiro per le grandi serate. Le stupide battute della gente: “Però hai davvero una bella faccia”,“Il grasso ti stira i lineamenti, ti fa sembrare più giovane”, “Sei tutta moscia, combatti, fai uno sforzo!”.

Immaginate la vita di una persona sovrappeso in una società dove il peso rappresenta una scala di valore. Immaginate di essere donna. Una persona sovrappeso donna.

Non riuscite a calarvi del tutto nella parte? Vi consigliamo di leggere “A volontà - Giornata semi-vera in compagnia di due amiche che sfidano i pregiudizi sulla grassofobia” (Edizioni Lswr). Le autrici sono due note illustratrici francesi, Madamoiselle Caroline, 46 anni, nata con 25 chili di troppo, una passione sfrenata per il melone e la pasta al pesto e Mathou, 37 anni, un amore senza fine per il cibo italiano e diversi chili in più da fin troppo tempo. Mathou e Caro raccontano con ironia e leggerezza cosa significa essere vittime della grassofobia e dei pregiudizi di una società che non lascia spazio a chi non rientra nei canoni di bellezza imposti dalla moda del momento.


 

Cosa c’è dietro l’incapacità di seguire una dieta? Cosa si nasconde dietro la voglia di cercare sempre del cibo? “A volontà” è un invito a riflettere, a non giudicare, ma soprattutto a non smettere di sperare che noi e il mondo intorno a noi possano cambiare.

“Quando avremo veramente capito che:
- "io non sono un numero sulla bilancia, non sono una sfigata"
- prendere peso non vuol dire sprecare la propria vita
- la grassofobia rende la gente più grassa e più triste
- nessuno decide se sono bella, sexy e adorabile...

Quando tutte queste parole non saranno più discorsi da attivisti che ammiriamo o frasi ritrite di pseudo-sviluppo personale... Quel giorno sarà una grande vittoria".

Come è nata l’idea di questo libro?

Caro: Era un po’ di tempo che volevamo lavorare insieme e cercavamo un argomento… Poiché le nostre discussioni continuavano a ritornare sul nostro rapporto con il corpo e con il peso, ci è sembrato chiaro che avremmo dovuto farne un fumetto...

Mathou: Ci siamo conosciute nel 2016 ed è stato un colpo di fulmine in termini di amicizia. Fin dall’inizio abbiamo parlato di quanto sarebbe stato bello fare un progetto insieme. Quando ci siamo veramente messe all’opera sul serio, l’idea del rapporto con il corpo, con il nostro corpo, è venuta immediatamente a galla.

Da dove viene il titolo “A volontà”?

Caro: Credo di essere stata io ad averlo trovato. La parola «volontà» è importante, perché quando si è troppo grassi si dice che manca la volontà, la capacità di controllare il rapporto con il cibo (in pratica, l’immagine è di una persona che mangia troppo e di continuo). Esiste anche l’espressione “a volontà” di alcuni ristoranti che hanno un’offerta “all you can eat”.

Mathou: Proprio così. E abbiamo aggiunto il sottotitolo “ti sei vista mentre mangi?” (come la campagna pubblicitaria contro l’alcol “ti sei visto mentre bevi?”) per far riferimento all’idea delle persone grasse che i cliché dipingono come golose, pigre e senza alcuna volontà.

Qual è l’obiettivo di questa graphic novel?

Caro: Mettere in primo piano la sofferenza delle persone in sovrappeso, fare in modo che le persone interessate si sentano meno sole, dimostrare che la grassofobia esiste dappertutto e da sempre…

Mathou: Far vedere agli altri i pensieri che ci ossessionano costantemente: essere troppo grasse, non nella norma, diverse. Cosa che avviene dal mattino alla sera con mille diverse piccole situazioni o pensieri quotidiani, dimostrare che la grassofobia è ovunque, quella degli altri e quella che noi stesse abbiamo interiorizzato per il fatto che ci detestiamo.

Cosa rappresenta per voi il cibo?

Caro: Da molto tempo è per noi croce e delizia … Io ho iniziato a seguire delle diete a 11 anni ed è questo che mi ha fatto ingrassare… È stato il mio primo errore e ha rovinato completamente il mio rapporto con il cibo. Ho smesso di ingrassare da quando non mi controllo più, da quando faccio dello sport e da quando ho trovato anche il mio equilibrio. Di conseguenza, il cibo non è più un problema. E non lo è neanche il rapporto con il mio corpo.

Mathou: Io sono il risultato di 30 diete non riuscite. Se non avessi iniziato non credo che oggi sarei grassa. Ha rovinato il mio rapporto con il cibo. Calcolavo tutto, pensavo tutto, misuravo tutto. A un certo punto sono riuscita a lasciare perdere, ma comunque non è andata meglio. Il cibo per me resta un momento di relax, di decompressione, di festa. Ogni pasto deve essere una festa ed è proprio questo il mio problema :)

Voi avete fatto molte diete nella vostra vita… Cosa si nasconde dietro la difficoltà nel seguire una dieta?

Caro: Seguire una dieta è infernale. È maltrattarsi, obbligarsi, limitarsi, non ascoltarsi più. È PUNIRSI. È impossibile farlo per sempre, a meno che non si sia masochisti. In particolare, nel mio caso, l’inizio non è stato affatto una cosa giustificata. Ho seguito una dieta per imitare mia madre: da quando la conosco non fa altro che “morire di fame” (lo fa ancora oggi a 78 anni) … È questa la difficoltà: punirsi a vita oppure ingrassare… È infernale.

Mathou: Dovrebbero vietare le diete. È la mia principale lotta in questo campo. Obbliga a una limitazione che alla fine non può far bene al corpo. Secondo uno studio dell’OMS il 95% delle diete fallisce dopo 5 anni. Anche se si perde peso limitandosi, lo si riprende più o meno a breve termine. La dieta non funziona e, nonostante ciò, si continua a venderla come il segreto per riuscire a sentirsi meglio con il proprio corpo e la propria testa. Limitarsi, contare, calcolare, fare attenzione, tutto questo altera il nostro rapporto con il cibo, con la convivialità, con il piacere… e alla fine niente ha più senso.

“La montagna da scalare per la perdita di peso è fatta molto più di emozioni da combattere che di calorie”, si legge nel vostro lavoro. Ed è vero che il rapporto col cibo è qualcosa di strettamente collegato alle nostre emozioni: quello che mangiamo influisce sul nostro stato d’animo e le emozioni che proviamo influiscono sul nostro modo di mangiare.
Mangiamo spesso per rabbia, ansia, fame d’amore, o anche semplicemente per darci piacere. Parlatemi del vostro rapporto tra cibo ed emozioni, magari facendo un esempio pratico.

Caro: Per molto tempo, quando non riuscivo a trovare un’idea o quando ero stressata al lavoro, mi rasserenavo mangiando, senza rendermene conto… Lavoravo a casa ed era così facile. Lavoravo inoltre molto anche la notte e mangiucchiavo frequentemente. È in questo modo che ho preso peso.

Durante le mie fasi depressive non mangiavo più per 15-20 giorni, magari solo un succo di frutta al mattino e un pezzo di pane… Perdevo 10 kg in 7 giorni senza avere per niente fame, semplicemente perché non pensavo più a nutrirmi… Non ne sentivo più il bisogno; in realtà non sentivo proprio più niente. Alla fine ero diventata magra ma talmente triste…

Mathou: Quando mi sento triste mi viene voglia di mangiare un buon pasto per tirarmi su il morale. Quando sono felice ho voglia di festeggiare con un buon pasto. Le mie emozioni guidano sistematicamente la mia voglia di cibo. Ogni giorno penso a ciò che mangerò la sera e il giorno dopo. Elaboro delle buone piccole pietanze e faccio la spesa di conseguenza. Le mie emozioni sono la base dei miei pasti e dopo numerose diete sistematiche e restrittive, mi rifiuto a tal punto di privarmi ogni giorno del fatto che ogni giorno sia una festa o che debba festeggiare con un buon pasto. Risultato: ogni evento, ogni emozione della mia vita è una buona scusa per mangiare.

Il peso del giudizio degli altri nel vostro rapporto col cibo… La grassofobia rende la gente più grassa?

Caro: Sì certo, poiché vogliamo dimagrire, ci priviamo del cibo, seguiamo diete, e siccome non le facciamo per tutta la vita, inevitabilmente ingrassiamo, spesso prendendo più chili di quelli che abbiamo perso... è un vizioso cerchio infernale. Quando si vuole perdere peso, si finisce per ingrassare.

Mathou: Esattamente. Il circolo vizioso è totale, e si vuole essere delle brave persone, per compiacere gli altri, per compiacere la tua famiglia. Per questo ho perso peso per compiacere, per tornare nella norma, ho accumulato diete che mi hanno fatto ingrassare tantissimo.

In che modo un corpo grasso viene quotidianamente svantaggiato rispetto a un corpo magro? Quali sono gli stereotipi e pregiudizi più comuni legati all’essere “grassi”?

Caro: La persona grassa è una che si lascia andare, che è debole, incapace di controllarsi, che si fa male da sola, che manca di forza di volontà. Ridiamo di lei, la insultiamo. Tutto questo è avvilente. 

Mathou: È vera discriminazione. Gli studi hanno dimostrato che, se si è in sovrappeso, è più difficile trovare lavoro, alloggio, ecc. (le persone grasse sono pagate il 18% in meno rispetto agli altri). Le persone grasse sono infatti considerate pigre e, quindi, meno efficienti, meno motivate, non sono considerate forze trainanti. Cliché che pesano molto (è il caso di dirlo) e che discriminano le persone grasse.

Grasso equivale a dire “non conforme” a quello che è l’ideale di bellezza dominante.
Secondo voi aumentare attraverso i media la presenza di immagini di donne normopeso o sovrappeso, cosa che pare stia avvenendo, potrebbe ridurre nelle persone in generale il sentimento di frustrazione nei confronti del proprio corpo? Potrebbe far sentire meglio le “donne imperfette”?

Caro: Certamente!!! le ragazze costruiscono la propria immagine su ciò che viene loro mostrato: mi sono sempre state mostrate modelle rachitiche, eroine cinematografiche magrissime, quando la simpatica amica del cuore sfondo, la spalla, era quella grassa.

Se mi fosse stata mostrata una supereroina o un'attrice "normale", una Barbie con la pancia, o dei manichini nei negozi con i rotoli di ciccia, mi sarei sentita tranquilla, avrei potuto identificarmi e dire "Va bene, sono parte di questa società"

Mathou: Sicuramente! E i social network - che in altre situazioni possono essere decisamente criticati - hanno davvero permesso una migliore visibilità dei corpi grassi e questo è davvero un bene! Sarebbe l’ideale se la società patriarcale seguisse questo esempio attraverso riviste, discorsi dei medici, ecc. e che potessimo permettere alle nostre figlie di sentirsi normali in futuro, anche se fossero diverse, grasse, ecc.

Ma la spettacolarizzazione dei chili di troppo non potrebbe avere anche “effetti collaterali”? Mi spiego meglio: passare il messaggio: “bisogna accettare il proprio corpo in maniera incondizionata, anche quando non lo si vorrebbe,” non potrebbe causare comunque delle frustrazioni in chi in quel corpo non si riconosce?

Naturalmente, il movimento positivo per il corpo adottato in salsa di marketing può raggiungere eccessi dannosi. E l'obbligo di amarsi è un'ulteriore ingiunzione che grava pesantemente sui nostri corpi stanchi di essere sistematicamente sotto i riflettori. Non mi amo, probabilmente non mi amerò mai, non mi amo per errore, per un malinteso.

Qual è secondo voi la via migliore per prevenire bullismo, discriminazione e infelicità per il proprio aspetto? Per slegare il grasso da tutti i significati che vi associamo? C’è bisogno secondo voi di un’educazione che parta dall’infanzia e che insegni che le diversità sono normali e sono anzi una ricchezza?

Caro: Sì, certo, e questo vale per tutte le “differenze”: peso, altezza, sesso, colore… Che i genitori inizino a dare l'esempio. Quello di mia madre e di mia nonna era molto negativo: mia madre era sempre a dieta, controllava costantemente tutto e si sentiva in colpa appena mangiava qualcosa che la rendeva felice. Mia nonna mi ha chiamata cicciona fin dalla nascita, e non perdeva mai un'occasione per farmi sentire troppo grassa.

Anche gli insegnanti di educazione fisica dovrebbero accettare tutte le taglie, anche gli insegnanti di danza. Non devono ridere quando vedono arrivare una ragazzina paffutella.

Il rugby è uno sport formidabile per questo: ci sono tutte le taglie in una squadra, e tutti sono allo stesso livello, perché tutti i giocatori sono necessari. Praticarlo ha cambiato la mia vita e la mia visione del mio corpo.

Mathou: Penso che si debba ricominciare daccapo, andare avanti anche nel discorso medico. Non si deve mettere a dieta un bambino perché è rotondetto, MAI più mettere a dieta un bambino o un adulto. Non bisogna imparare a limitarsi ma piuttosto il piacere di mangiare di tutto quando si ha fame e di fermarsi quando si è sazi. Imparare di nuovo a mangiare in modo intuitivo.

La vita degli uomini sovrappeso è difficile tanto quanto quella delle donne grasse? Ci sono differenze di genere quando si parla di grassofobia?

Caro: Certo, ma in tutti i campi: non perdoniamo niente alle donne quando invece tolleriamo la stessa cosa per gli uomini... Ma è lo stesso per l'invecchiamento: un uomo ne ha il diritto, mentre per una donna, le rughe sono meno sexy. Basti guardare tutte queste attrici botoxate …

Mathou: Certo, anche gli uomini sono discriminati, ma i dati mostrano che le donne lo sono molto di più: secondo l'OIT, una donna con un IMC superiore a 30 ha 8 volte più possibilità di trovare un lavoro di una donna con un IMC inferiore. Per gli uomini il rapporto è di 3 volte. E per le donne grasse c’è una difficoltà in più: quando vengono assunte, non fanno carriera nell’azienda, a differenza degli uomini che normalmente salgono di livello.

Parliamo di emozioni “positive”…. Qual è il cibo/piatto che vi rende più felici? Il vostro comfort food preferito.

Caro: Io metto il melone al PRIMO posto, ma anche i profiterole, una buona costata di manzo, un dauphinois gratinato… e la pina colada.

Mathou: Haha. Anch'io amo il melone, ma adoro il cibo italiano più di ogni altra cosa: pasta, lasagne, pizza, insalata di pomodoro e mozzarella in estate!

Come vi difendete di solito dal fat shaming? Cosa vi aiuta (e potrebbe aiutare anche altre persone)?

Caro: A 48 anni ho finalmente fatto pace con il mio corpo, quindi ora faccio incazzare la persona che osa farmi anche una sola osservazione e ho il coraggio di espormi (esporre me stessa equivale a mostrare le braccia; come vedi, parto da lontano)... e sto educando mia figlia in modo che lei faccia lo stesso.

Mathou: Non ho avuto la fortuna di aver fatto pace con il mio corpo, ma mi piacerebbe tanto! Passo da periodi di profondo odio per il mio corpo a periodi di "me ne sbatto proprio, sono come sono". Mi auguro un giorno  di trovare la pace.