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10 stelle che illuminano il cielo d’Iran

Attrici, giornaliste, scrittrici, giuriste, premi Nobel. Le voci di 10 famose esuli iraniane che stanno facendo eco con parole e azioni al coraggio delle "sorelle" che lottano in Iran per la libertà.

Attrici, giornaliste, scrittrici, giuriste, premi Nobel. Le voci di 10 famose esuli iraniane che stanno facendo eco con parole e azioni al coraggio delle "sorelle" che lottano in Iran per la libertà.

Una morte, quella della ventiduenne Mahsa Amini, prelevata per strada dalla polizia morale il 13 settembre 2022 perché le uscivano i capelli dal velo, che è stata come la miccia che ha acceso una rabbia sopita. Uomini e donne sono fluiti per le strade d’Iran urlando il suo nome. Spalla a spalla. A mani nude. Senza paura. Lo slogan delle proteste "Donna, Vita, Libertà" è diventato ben presto una dichiarazione di opposizione alla Repubblica islamica.

Le donne sono state il motore di una rivolta che si è trasformata in lotta collettiva. Una lotta per la libertà e i diritti universali, quelli fondamentali, inalienabili, che non hanno sesso né genere. «La gente è scesa in strada perché vuole che il regime vada via, senza nessuna intenzione di venire a patti con quest'ultimo - mi racconta Kayhan, iraniano trapiantato in Italia -  Via, dopo 43 lunghissimi anni di oppressione, violenza, manipolazione, di cui hanno fatto le spese soprattutto le donne. Possiamo dire che questa è una rivoluzione femminile, che è iniziata con le donne e va avanti grazie alle donne e alla loro voce alta e bellissima, che poi è diventata la rivoluzione di tutti. A questo punto la richiesta del popolo non riguarda più soltanto il velo. Non basteranno concessioni del tipo: ḥijāb libero o "potete ballare per strada". L'unica volontà degli iraniani adesso è il crollo del regime».

L’Iran brucia. Centinaia di manifestazioni infiammano la Repubblica islamica. E il regime reagisce con la sola voce che gli rimane: la violenza. Mentre scrivo sono 12mila le persone in galera, più di 250 i morti. Uomini, donne, adolescenti, persino bambini. Venti i giornalisti arrestati, comprese Niloofar Hamedi e Elaheh Mohammadi, prime croniste a dare la notizia della morte di Mahsa Amini ora accusate dal regime di essere spie degli USA, crimine punibile con la morte in Iran. Niloofar e Elaheh sono state rinchiuse nelle stesse carceri in cui languiscono, da anni, senza mai perdere la speranza, migliaia di iraniani, prigionieri politici e di reati di opinione, aspettando un giorno di poter tornare a respirare in un Iran "libero".

Qui di seguito le voci di 10 donne iraniane che stanno facendo eco con azioni e parole alle voci di coloro che oggi continuano a protestare contro il regime degli Ayatollah a rischio della vita. Donne costrette all’esilio che non hanno mai staccato lo sguardo dalla terra natia, osservando e incoraggiando le loro sorelle mentre, centimetro dopo centimetro, spingevano indietro il velo per poi darlo alle fiamme e lasciare i capelli liberi al vento.

Azar Nafisi - scrittrice

Se si vuole sapere quanto è libera e aperta una società - ha dichiarato in una recente intervista a La Stampa - è necessario guardare a quanto sono libere le sue donne. Sono più di quarant’anni che le iraniane combattono per la libertà. Il regime ne ha arrestate a migliaia. In Iran il velo dovrebbe diventare facoltativo. Ma la Repubblica islamica non vuole perché ha paura che lasciando libertà di scelta pochissime donne lo metterebbero e sarebbe per loro una delegittimazione enorme”. Azar Nafisi è la voce dell’Iran laico, quello che parla di diritti e democrazia. Espulsa dopo 20 anni di insegnamento dall’Università di Teheran perché rifiutatasi di indossare il velo imposto dal Governo di Khomeini, è l’autrice di uno di quei libri imprescindibili per capire quello che sta accadendo oggi in Iran. “Leggere Lolita a Teheran” è la storia di come ha proseguito l’insegnamento clandestinamente, invitando a casa sua, ogni giovedì, sette delle sue migliori studentesse per leggere e discutere assieme di libri messi all’indice: Madame Bovary la “prostituta”, Daisy “la corrotta”,  Lolita “la tentatrice”. Nell’epilogo del romanzo, edito nel 2004, Azar scriveva profetica: “Mi convinco ora più che mai che sarà proprio questo testardo desiderio di vita, libertà e ricerca della felicità dei giovani iraniani di oggi, i figli della rivoluzione insieme alla dolorosa autocritica degli ex rivoluzionari a decidere del nostro futuro”.

Oggi, finalmente, "Lolita è a Teheran". Speriamo ci resti per sempre.

Golshifteh Farahani - attrice

La dolce Laura del film Paterson di Jim Jarmusch è stata la prima stella iraniana ad entrare nella grande produzione hollywoodiana. Costretta a lasciare il suo Paese e a non farci più ritorno in seguito alle intimidazioni del regime, si è trasferita a Parigi, dove vive tuttora. Nel 2012 Golshifteh ha posato nuda per la rivista francese “Madame Figaro”, qualche giorno dopo il Daily Telegraph inglese ha pubblicato un telegramma dove il governo iraniano ha dichiarato di “non aver più bisogno di un’attrice come lei”.

L'hijab è il palo che regge il tendone del circo della teocrazia iraniana - ha dichiarato - guarda cosa facciamo alle nostre donne. Guarda quanto ci rende potenti. Quando l'hijab si stacca, cade il tendone del circo e con esso 700 anni di repressione. Le donne iraniane hanno combattuto per tutta la vita, dalle nostre nonne alle nostre madri.  Adesso la società si è evoluta. Il tempo del regime è scaduto. Non abbiamo mai visto una tale solidarietà tra uomini e donne. Non abbiamo mai visto gli uomini coprire le spalle alle loro donne in questo modo. Gli uomini sono lì perché Mahsa Amini era la loro sorella. Era la loro figlia. Forse la Repubblica islamica sopravviverà. O forse no. Ma questa ferita marcirà per sempre”.

Eccola cantare sul palco assieme ai Coldplay, «Baraye» di Shervin Hajipour, l’inno degli iraniani che lottano per la libertà. La canzone che nel testo riporta le frasi scritte sui social dei giovani che protestano per Mahsa Amini. La sua voce:

Marjane Satrapi – fumettista

Quella del velo è una battaglia che Marjane ha iniziato fin da quando, da bambina ribelle, era costretta a indossarlo senza capirne il perché. Così come la sua alter ego in bianco e nero protagonista di Persepolis, la graphic novel autobiografica che l’ha resa famosa da cui è stato tratto l'ominimo film.

Marjane Satrapi, la più nota fumettista iraniana a livello internazionale, amata in tutto il mondo eppure non gradita a Teheran (non può tornare nel suo Paese da 22 anni), è convinta che stavolta qualcosa in Iran stia cambiando in modo irreversibile: “Non è più una lotta fra sessi – ha dichiarato - ma la lotta di un popolo intero per la parità di diritti e la democrazia. La cosiddetta generazione 80, i ventenni nati nel 1380 del calendario persiano, sono cresciuti con internet e informazioni da tutto il mondo, sono senza pregiudizi e non hanno paura del regime, con cui non sono disposti a dialogare. È ora di dire bye bye a questi vecchi che governano. Nelle piazze i ragazzi scandiscono lo slogan "Donna, vita libertà" e le ragazze rispondono con "Uomo, patria, prosperità"; è una lotta comune della luce contro le tenebre, della democrazia contro la dittatura".  Marjane ricorda la prima grande manifestazione contro il velo in Iran, l'8 marzo del 1980: “Mia madre era in piazza, ma con noi non c'erano gli uomini e neppure le forze di sinistra. All'epoca della Rivoluzione islamica, solo il 40% della popolazione sapeva leggere e scrivere, ora è oltre l'80% e le donne oggi rappresentano il 60% degli studenti nelle università di tutto il Paese”.

Shrin Ebadi – avvocato per i diritti umani

Lei sa cosa vuol dire perdere la libertà. E per la libertà ha perso tutto. Amici, colleghi, casa, carriera. Shrin Ebadi, avvocato per i diritti umani, prima donna iraniana magistrato, prima a ricevere il Nobel per la pace, ha ispirato milioni di persone nel mondo difendendo donne e bambini dai crimini del regime. Per poi essere costretta ad abbandonare la sua terra, in esilio volontario dopo indicibili minacce, arresti, persecuzioni. Nel 1979, nel giro di pochi mesi, prima diventò obbligatorio il velo, poi “fummo retrocesse a impiegate, poi mi ritrovai segretaria della stessa Corte che fino ad allora avevo presieduto”. Sulle proteste che stanno incendiando la sua Terra ha dichiarato: “Il problema adesso non è più la protesta contro l’uccisione di una giovane donna. Oggi il popolo, tutto il popolo, vuole soltanto una cosa: la caduta del regime”. Cosa si può fare? “I governi occidentali dovrebbero sanzionare e boicottare chi viola i diritti umani in Iran, come è stato fatto ad esempio con i sostenitori di Putin dopo che ha attaccato l’Ucraina. Si dovrebbe fare lo stesso con i membri del regime che hanno parecchie proprietà sparse per l’Europa, con i pasdaran che opprimono il popolo iraniano”.

Nazanin Boniadi - attrice

Nata a Teheran l'anno dopo la rivoluzione islamica, Nazanin Boniadi è un'attrice iraniana naturalizzata britannica da sempre attiva per la difesa dei diritti umani. Chi ha visto la serie tv: Il Signore degli Anelli – Gli Anelli del Potere se la ricorderà nei panni di Bronwyn, madre single e guaritrice delle Terre del Sud.

In un recente discorso a una riunione del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite Nazanin ha testimoniato contro le atrocità del regime riportando un messaggio del parente di un importante prigioniero politico iraniano: "Chiedo alle Nazioni Unite di non restare indifferenti ai crimini contro l'umanità della Repubblica islamica perché sta ammazzando i nostri bambini. Le proteste dovrebbero essere un diritto in ogni nazione, la repubblica islamica colpisce i manifestanti con proiettili di guerra, manganellate alla testa e proiettili al collo mentre corrono per salvarsi la vita. La cosa senza precedenti di queste manifestazioni è che sono state guidate da donne, è una rivoluzione che è partita dalle donne. Donne che continuano a scendere in strada, si tagliano i capelli, bruciano i propri veli ben sapendo che rischiano di essere arrestate, mandate in centri di rieducazione psicologica, torturate, violentate, uccise."

Marina Nemat - scrittrice

Prigioniera nel carcere di Evin per ottocento giorni all’età di sedici anni, Marina Nemat ha subito sulla pelle la repressione del regime iraniano. L’agghiacciante testimonianza dei suoi due anni di prigionia l’ha raccontata nel bestseller Prigioniera di Teheran, che l’ha portata in giro per il mondo a sensibilizzare l’opinione pubblica sui pericoli della dittatura islamica in Iran. Nel libro, che è stato per lei una sorta di balsamo terapeutico contro i traumi della sua adolescenza, c’è tutto: le torture, le lacrime, la rabbia, il matrimonio forzato col carceriere che l’ha violentata e costretta a convertirsi dal cattolicesimo all’islam, la fuga in Canada. “Il flusso naturale della storia suggerisce che questa ribellione crescerà”, dice anche se “è impossibile prevedere quando diventerà abbastanza forte e unificata da far cadere del tutto il sistema corrotto della Repubblica islamica. Ma verrà il momento, anche se sarà così presto. I miracoli accadono, nella storia. Ma di solito non sono né facili né veloci. E hanno un costo altissimo. Ci sarà bisogno in futuro di un leader chiaro che possa unire un Iran frammentato che sta scoppiando in frantumi per colpa delle divisioni etniche e ideologiche ".

Masih Alinejad - giornalista

Una donna che piange e ride forte e vive in una bolla di vetro” scrive sul suo profilo Instagram Masih Alinejad, 46 anni, giornalista e scrittrice, una massa di “provocanti” capelli ricci sempre bene in vista con un fermaglio a forma di fiore per protesta contro il governo del Paese da cui è fuggita e in cui non può più rientrare perché rischia l'arresto e la condanna a morte. Masih è una delle fondamentali portavoci delle proteste in Iran: mentre il governo iraniano impedisce ai giornalisti di documentare la repressione lei sui suoi seguitissimi profili social continua a postare i video e le foto che gli studenti riescono a mandarle violando lo shutdown digitale del regime.

Giornalista costretta all’esilio per le sue denunce contro la corruzione del regime iraniano, ha fondato My Stealthy Freedom of Iranian Women, la pagina Facebook dove le donne iraniane pubblicano le loro foto senza l'hijab, che secondo lei dovrebbe essere una libera scelta e non un obbligo. Il suo coraggio le è costato caro: nel 2019 il fratello è stato arrestato con accuse inconsistenti, i parenti costretti ad andare in tv a diffamarla. Suo padre, per essersi rifiutato, è stato condannato a 8 anni di carcere. Nel 2021 il governo americano ha reso noto un piano per cercare di rapirla a New York, mentre il 28 luglio 2022 è stato fermato un uomo che cercava di introdursi in casa sua con in auto un fucile d'assalto col numero di serie cancellato.

Shadi Amin - attivista LGBT e scrittrice

Attivista e scrittrice iraniana, è stata costretta a lasciare per sempre il suo amato Iran nel 1980 a causa del suo attivismo politico. Shadi milita contro il regime di Khomeini sin da quando aveva 14 anni. Sebbene avesse libertà di essere sè stessa nella propria famiglia, ha sempre dovuto nascondere il proprio orientamento sessuale in pubblico. Nel suo libro, Gender X, indaga la discriminazione di genere, l'oppressione contro le donne e le condizioni di vita delle donne lesbiche e transgender nella repubblica islamica, un paese dove le donne possono essere condannate a morte per il proprio orientamento sessuale, come è accaduto per le due attiviste gay iraniane Zahra Sedighi Hamedani e Elham Chubdar, accusate di "diffusione della corruzione sulla Terra". Secondo la Shari'a, infatti, le relazioni sessuali tra persone dello stesso sesso sono considerate un reato penale, punibile con pene che vanno dalla fustigazione alla pena di morte. "Questa è la prima volta che una donna viene condannata a morte in Iran a causa del suo orientamento sessuale", ha commentato la Amin, Membro fondatore dell'Iranian Women's Network Association (SHABAKEH) e coordinatrice dell'Iranian Lesbian Network (6Rang), che ha richiesto l'intervento della comunità internazionale per far pressione sull'Iran per il rilascio delle due prigioniere, che languiscono nelle carceri iraniane assieme alle migliaia di persone arrestate durante le proteste.

Shadi Sadr - giornalista e avvocato per i diritti umani

Grazie al suo lavoro tante donne, in Iran, hanno scampato la pena di morte. Direttrice di Raahi, un centro di consulenza legale per le donne poi chiuso dal regime, Sharin Sadr, avvocato per i diritti umani, ha contribuito a fondare Women's Field, associazione a sostegno dei diritti delle donne che ha lanciato diverse campagne, tra cui quella contro la lapidazione, punizione crudele che viene ancora eseguita in Iran. Sua anche l'idea di creare Women of Iran, il primo sito web dedicato al lavoro delle attiviste per i diritti delle donne iraniane. Dopo essere stata ripetutamente arrestata, Sharin adesso è costretta a vivere in esilio. Nonostante abbia lasciato il suo Paese, continua a lanciare campagne per difendere i diritti delle donne.

Della rivoluzione in atto ha dichiarato: "I manifestanti stanno imponendo un vero cambiamento. Dicono no a tutto il regime politico. La tattica attuale del regime è quella di arrestare quante più persone possibili. Non uccidono tanto quanto sarebbero capaci, anche se potrebbero farlo nel prossimo futuro, ma detengono migliaia di persone potenziali figure di spicco in queste proteste. Se capiscono che questa tattica non funziona potrebbero arrivare a usare una mossa finale e decisiva. Gli iraniani devono tenersi pronti".

Raha Bahreini - avvocato e ricercatrice di Amnesty International



Raha è cresciuta nell'Iran degli anni '80, quando si svolgeva uno dei capitoli più atroci della violenza di Stato del Paese, migliaia di dissidenti politici venivano sommariamente giustiziati e altre migliaia imprigionati e sistematicamente torturati: "Ricordo vividamente la rabbia che provavo così spesso perché i funzionari pubblici ci negavano la libertà di credo e ci costringevano crudelmente a seguire codici di condotta radicati nell'interpretazione più rigida dell'Islam sciita", dice. Quando si è esposti a forme estreme di oppressione, repressione e discriminazione, l'impulso di apportare cambiamenti può diventare insopprimibile. Così Raha, costretta all'esilio in Canada con la famiglia, ha messo sé stessa a servizio della difesa dei diritti umani in Iran. In qualità di Ricercatore per Amnesty International, svolge ricerche, valuta e documenta le violazioni dei diritti umani nel suo paese di origine, con focus sulla discriminazione sistematica contro le donne e gli abusi contro i minori.

Attraverso l'organizzazione non governativa per cui lavora sta denunciando e documentando i crimini commessi dal regime durante le proteste: "Le forze di sicurezza stanno ammazzando decine di minori sparando loro illegalmente con proiettili veri, spesso a distanza ravvicinata. Tre ragazze, Setareh Tajik, Sarina Esmailzadeh e Nika Shahkarami, sono morte a causa di colpi alla testa. Le famiglie dei bambini, tuttavia, sono state costrette a dire che i figli sono morti per malattia o suicidio".

Foto: LaPresse