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Enrica Calabresi, storia della zoologa vittima dell'Olocausto

Avrebbe potuto fuggire in Svizzera ma non lo fece per non abbandonare i suoi studenti. Morì, avvelenandosi, per sfuggire ad Auschwitz. Per questo il suo nome rimase ignoto per anni. La sua storia.

Avrebbe potuto fuggire in Svizzera ma non lo fece per non abbandonare i suoi studenti. Morì, avvelenandosi, per sfuggire ad Auschwitz. Per questo il suo nome rimase ignoto per anni. La sua storia.

Il Giorno della Memoria non è solo un modo per ricordare le vittime dell'Olocausto, ma anche un momento per scoprire le vite di quelle persone che si sono perse tra le pieghe della storia, quei nomi sfuggiti alle liste di deportazione. In Italia ci sono numerosi nomi rimasti dimenticati e in un momento in cui anche monumenti come Liliana Segre subiscono minacce e intimidazioni, è doveroso raccontare le vite di chi ha resistito ed è stato ingiustamente martirizzato.

Enrica Calabresi fu catturata nel 1944. Avrebbe dovuto esser deportata ad Auschwitz, ma non ci arrivò mai. Scelse di avvelenarsi. Ecco la storia della donna che elesse la scienza ad antidoto al fascismo.

Enrica Calabresi: una vita per la scienza

Nata a Ferrara il 10 novembre 1891, Enrica era l'ultima di quattro figli. La sua passione per la scienza la spinse ad iscriversi alla facoltà di Matematica dell'Università di Ferrara. Si trasferì a Firenze per frequentare i corsi di Zoologia e Botanica alla facoltà di Medicina. Il 1° luglio 1914 si laureò in Scienze Naturali con una tesi dal titolo Sul comportamento del condrioma nel pancreas e nelle ghiandole salivari del riccio durante il letargo invernale e l'attività estiva. Naturalmente prese il massimo dei voti.

Un amore spezzato

Ma prima di laurearsi, Enrica era già stata assunta come assistente presso il Gabinetto di zoologia e anatomia dell'Università di Firenze. Nel 1915 si separò dal suo spasimante, il geografo Giovanni Battista De Gasperi. I due si erano conosciuti tra i corridoi dell'università di Firenze, dove lui insegnava Geologia e Geografia fisica. Erano i tempi della Prima guerra mondiale e Giovanni era un ufficiale degli Alpini. «È brutta la guerra, ma insieme a tante brutalità… fa emergere anche bei sentimenti», scrisse in una lettera a Enrica. Giovanni morì nel 1916 e lei si arruolò come crocerossina negli ospedali da campo per superare il suo dolore.

Enrica Calabresi e le pressioni politiche

Dal 1918 al 1921 divenne segretaria della Società Entomologica Italiana. Nel 1924 le venne conferito il diploma di abilitazione alla docenza. Ma le pressioni politiche del regime fascista la costrinsero a lasciare la cattedra nel 1932. La motivazione ufficiale fu: "cattive condizioni di salute", ma la verità era che il conte Lodovico Di Caporiacco, fascista convinto, voleva il suo posto. E lo ottenne.

La scienza come "antidoto" al fascismo

Durante gli anni accademici 1936-37 e 1937-38 a Enrica fu assegnata la cattedra di Entomologia agraria presso la Facoltà di agraria della R. Università degli studi di Pisa. Nel suo tempo libero si dilettava con la poesia. Scriveva in inglese, francese e tedesco. Era coltissima. Per lei la scienza era "l'antidoto" al regime fascista. Insegnava anche al liceo ginnasio "Galileo Galilei" di Firenze. Fra i suoi allievi, udite udite, c'era anche Margherita Hack.

Nel 1938 le Leggi razziali fasciste fecero la loro comparsa in Italia. A causa loro, il 14 dicembre dello stesso anno decadde l'abilitazione alla libera docenza di Zoologia di Enirca. Infatti, la scienziata era "appartenente alla razza ebraica".

Proprio Margherita Hack fu testimone della sua cacciata dopo l'introduzione delle leggi razziali. «L'ho vista cacciare dalla scuola da un giorno all'altro a causa delle leggi razziali. Questo mi ha aperto gli occhi su cosa può fare una dittatura e ha segnato in me una frattura: è allora che sono diventata antifascista», ha raccontato la scienziata.

La cattura di Enrica Calabresi

L'atmosfera per quelli come lei, di origine ebrea, si stava facendo calda in quegli anni. Avrebbe potuto lasciare l'Italia, andare in Svizzera, ma non lo fece per non lasciare i suoi studenti. Dopo l'8 settembre 1943 Enrica fu prelevata e trasferita in carcere, a Santa Verdiana, un ex convento riconvertito per imprigionare ebrei e dissidenti. Da lì, avrebbe dovuto essere deportata ad Auschwitz. Ma non ci arrivò mai.

Si sottrasse a questo tremendo destino, ingoiando un veleno che da tempo portava sempre con sé. Si trattava di fosfuro di zinco, una sostanza usata per uccidere i topi. Seguirono due giorni di agonia, tra atroci tormenti. Morì durante la notte fra il 19 e il 20 gennaio.

La memoria di Enrica Calabresi

Enrica Calabresi non fu deportata e quindi non compare in nessuno degli elenchi delle vittime dell'Olocausto o in un qualsiasi libro della memoria. Oggi il suo nome campeggia nel reparto di entomologia del Museo la Specola di Firenze. Anche il Comune di Ferrara ha intitolato, nel 2011, una strada alla studiosa. In molti hanno scelto di raccontare la sua vita in un libro: Paolo Ciampi ha scritto Un nome, mentre Ornella Grassi ha girato il documentario Una donna. Poco più di un nome

Foto di apertura tratta dalla locadina del film di Ornella Grassi: Una donna. Poco più di un nome