Psiche
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Le 5 poesie più toccanti per aiutare nell'elaborazione di un lutto

Poesie che a volte sono come carezze che arrivano da un altro mondo

Poesie che a volte sono come carezze che arrivano da un altro mondo

Ci sono momenti nella vita in cui qualcuno ti manca così tanto che vorresti proprio tirarlo fuori dai tuoi sogni per abbracciarlo davvero.
(Paulo Coelho)

Quando ci troviamo ad affrontare il difficile momento del lutto ci sentiamo persi e frastornati. Nessuna parola detta o scritta riesce a sollevarci dal dolore e dal vuoto che sentiamo, soprattutto se la persona defunta è un nostro caro.

Esistono però scritti in grado di toccare i nostri cuori, anche nel faticoso periodo del lutto. Sono poesie, riflessioni o semplici frasi composte da grandi autori che risultano come carezze che arrivano da un altro mondo, scritte proprio per donare sollievo, consapevolezza, amore.

V’invitiamo a leggere attentamente queste poesie, anche più volte durante la giornata, a donarle scritte a mano a chi sta attraversando questo momento doloroso, a recitarle la sera prima di andare a letto o la mattina appena svegli, per andare nel mondo con occhi consapevoli e attenti.

Poesie in grado di toccare i nostri cuori.

1. Sant’Agostino, il famoso filosofo, vescovo e teologo romano ha scritto una tra le poesie più toccanti mai scritte sul tema della morte, prendendo i panni della persona defunta.

Se mi ami non piangere!
Se tu conoscessi il mistero immenso del cielo dove ora vivo,
se tu potessi vedere e sentire quello che io vedo e sento
in questi orizzonti senza fine,
e in questa luce che tutto investe e penetra,
tu non piangeresti se mi ami.

Qui si è ormai assorbiti dall’incanto di Dio,
dalle sue espressioni di infinità bontà e dai riflessi della sua sconfinata bellezza.
Le cose di un tempo sono così piccole e fuggevoli
al confronto. Mi è rimasto l’affetto per te:
una tenerezza che non ho mai conosciuto.
Sono felice di averti incontrato nel tempo,
anche se tutto era allora così fugace e limitato.

Ora l’amore che mi stringe profondamente a te,
è gioia pura e senza tramonto.
Mentre io vivo nella serena ed esaltante attesa del tuo arrivo tra noi,
tu pensami così!
Nelle tue battaglie,
nei tuoi momenti di sconforto e di solitudine,
pensa a questa meravigliosa casa,
dove non esiste la morte, dove ci disseteremo insieme,
nel trasporto più intenso alla fonte inesauribile dell’amore e della felicità.
Non piangere più, se veramente mi ami!

Sant’Agostino

2. Osho, famoso maestro spirituale indiano, ha scritto molto sul tema della morte e sulla sua elaborazione. Questo uno dei suoi scritti più importanti:

"Il mistero più grande della vita non è la vita, bensì la morte. La morte è l’apice della vita, la sua più grande fioritura. Nella morte viene riassunta tutta la vita e si arriva al traguardo. La vita è un pellegrinaggio verso la morte e sin dal primo istante la morte si avvicina: dal momento della nascita, la morte inizia a venirti incontro e tu inizi a muoverti verso la morte.

La più grande delle calamità che è potuta succedere all’umanità è stata quella di essere contro la morte, perché essere contro la morte indica che vuoi perdere il più grande dei misteri. Essere contro la morte significa anche che vuoi perdere la vita stessa – ambedue sono profondamente coinvolte, in realtà non sono due, la vita cresce e la morte fiorisce dalla vita. Il viaggio e lo scopo non sono separati: il viaggio termina quando raggiungi lo scopo."

Osho, The Revolution

3. Henry Scott Holland, teologo e scrittore britannico, ci ha donato uno degli scritti più emozionanti di sempre.

La morte non è niente.
Sono solamente passato dall’altra parte: è come fossi nascosto nella stanza accanto.
Io sono sempre io e tu sei sempre tu.
Quello che eravamo prima l’uno per l’altro lo siamo ancora.
Chiamami con il nome che mi hai sempre dato, che ti è familiare; parlami nello stesso modo affettuoso che hai sempre usato. Non cambiare tono di voce, non assumere un’aria solenne o triste.
Continua a ridere di quello che ci faceva ridere, di quelle piccole cose che tanto ci piacevano quando eravamo insieme. Prega, sorridi, pensami! Il mio nome sia sempre la parola familiare di prima: pronuncialo senza la minima traccia d’ombra o di tristezza.
La nostra vita conserva tutto il significato che ha sempre avuto: è la stessa di prima, c’è una continuità che non si spezza.
Perché dovrei essere fuori dai tuoi pensieri e dalla tua mente, solo perché sono fuori dalla tua vista?
Non sono lontano, sono dall’altra parte, proprio dietro l’angolo.
Rassicurati, va tutto bene.
Ritroverai il mio cuore, ne ritroverai la tenerezza purificata.
Asciuga le tue lacrime e non piangere, se mi ami: il tuo sorriso è la mia pace.

 Henry Scott Holland

4. I Navajo sono un popolo nativo americano abitante in Arizona, una delle loro canzoni-preghiere è divenuta famosa per la bellezza più unica che rara delle sue parole:

Non restare a piangere sulla mia tomba,
non sono lì, non dormo.
Sono mille venti che soffiano,
sono la scintilla diamante sulla neve,
sono la luce del sole sul grano maturo.
Sono la pioggerellina d’autunno
quando ti svegli nella quiete del mattino…
Sono le stelle che brillano la notte.
Non restare a piangere sulla mia tomba,
non sono lì, non dormo.”

Canto Navajo

5. Kahlil Gibran, noto poeta libanese, ci invita ad affrontare la morte in un modo completamente nuovo:

Ora vorremmo chiederti della Morte.
E lui disse: Voi vorreste conoscere il segreto della morte, ma come potrete scoprirlo se non cercandolo nel cuore della vita?
Il gufo, i cui occhi notturni sono ciechi al giorno, non può svelare il mistero della luce.
Se davvero volete conoscere lo spirito della morte, spalancate il vostro cuore al corpo della vita,
poiché la vita e la morte sono una cosa sola, come una sola cosa sono il fiume e il mare.
Nella profondità dei vostri desideri e speranze, sta la vostra muta conoscenza di ciò che è oltre la vita;
e come i semi sognano sotto la neve, il vostro cuore sogna la primavera.
Confidate nei sogni, poiché in essi si cela la porta dell’eternità.
La vostra paura della morte non è che il tremito del pastore davanti al re che posa la mano su di lui in segno di onore.
In questo suo fremere, il pastore non è forse pieno di gioia poiché porterà l’impronta regale?
E tuttavia non è forse maggiormente assillato dal suo tremito?
Che cos’è morire, se non stare nudi nel vento e disciogliersi al sole?
E che cos’è emettere l’estremo respiro se non liberarlo dal suo incessante fluire, così che possa risorgere e spaziare libero alla ricerca di Dio?
Solo se berrete al fiume del silenzio, potrete davvero cantare.
E quando avrete raggiunto la vetta del monte, allora incomincerete a salire.
E quando la terra esigerà il vostro corpo, allora danzerete realmente
.”

Kahlil Gibran