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Disturbo ossessivo compulsivo, dai sintomi alle cause: la parola alla psicologa

Il disturbo ossessivo compulsivo può condizionare parecchio (e in negativo) la qualità della vita, ma può essere affrontato e curato efficacemente. Capiamo meglio le cause, le dinamiche e le opzioni terapeutiche insieme alla dottoressa Beatrice Corsale.

Il disturbo ossessivo compulsivo può condizionare parecchio (e in negativo) la qualità della vita, ma può essere affrontato e curato efficacemente. Capiamo meglio le cause, le dinamiche e le opzioni terapeutiche insieme alla dottoressa Beatrice Corsale.

Una persona che si lava le mani minuziosamente, sfregando fino a scorticarsele, per poi tornare a lavarle non appena sfiora la maniglia della porta o il telefono. Questo è uno dei tipici esempi di disturbo ossessivo compulsivo: ma, chiaramente, è soltanto ciò che si vede dall’esterno. Dietro le quinte c’è un disturbo mentale molto complesso che va indagato e affrontato con il supporto di un professionista. Facciamo un po’ di chiarezza insieme alla dottoressa Beatrice Corsale, psicologa e psicoterapeuta che riceve a Milano e online.

Cos’è il disturbo ossessivo compulsivo

Il disturbo ossessivo compulsivo – noto con la sigla DOC oppure OCD, dall’inglese obsessive-compulsive disorder – è un disturbo mentale caratterizzato da pensieri ossessivi e comportamenti compulsivi che interferiscono con la vita quotidiana, fino a provocare un significativo carico di stress. Più precisamente:

  • i pensieri ossessivi sono idee, immagini o impulsi che si presentano in continuazione nella mente dell’individuo, in modo involontario e disturbante. Spesso sono angoscianti e riguardano temi come l’igiene, l'ordine, la simmetria, la sicurezza, la religione o la sessualità;
  • i comportamenti compulsivi sono le azioni ripetitive con cui l’individuo tenta di alleviare l’ansia o il disagio associato alle proprie ossessioni, senza riuscirci: il sollievo è soltanto superficiale e momentaneo, ma i pensieri ossessivi tornano ben presto a ripresentarsi.  

“In molti casi, nei momenti in cui disagio non è elevato, una persona con disturbo ossessivo compulsivo riconosce di esagerare la gravità che attribuisce ad alcune situazioni e comprende di mettere in atto azioni (compulsioni o rituali) che le altre persone non utilizzano”, chiarisce la dottoressa Corsale. 

“Tuttavia, il grado di consapevolezza del disturbo si colloca lungo un continuum. Con il passare del tempo dal momento dell’esordio, la persona può divenire meno consapevole dell’eccessiva importanza attribuita ai pensieri, alle immagini e alle paure di carattere ossessivo. Solitamente la marcata sofferenza generata da ossessioni e compulsioni, la differenza tra il proprio atteggiamento e quello altrui di fronte alle medesime situazioni, orientano la persona con disturbo ossessivo compulsivo a riconoscere di avere un problema da risolvere, pur non sapendo sempre di cosa si tratti”. 

“Spesso le persone provano forte imbarazzo per le ossessioni che hanno o per le compulsioni messe in atto e non vogliono parlarne a nessuno, pertanto la richiesta di un aiuto specialistico viene spesso ritardata”, continua.

Le cause del disturbo ossessivo compulsivo

Ma da cosa nasce il disturbo ossessivo compulsivo? “Le ricerche sono molteplici e spaziano dagli studi genetici, a quelli neurobiologici, all’ambito psicologico. Ad oggi, una delle teorie più accreditate suggerisce che le persone particolarmente sensibili ai segnali esterni di pericolo e all’ansia, ai temi morali, molto esigenti nei propri confronti e con un eccessivo senso di responsabilità pretendono, da una parte, di controllare i propri pensieri e, dall’altra, tendono a rifiutare e a considerare estranei pensieri, sensazioni o immagini che altre persone, con uno stile di pensiero più flessibile, non ritengono meritevoli di particolare attenzione”, risponde la dottoressa Beatrice Corsale.

L’inaccettabilità che alcune persone provano verso questi pensieri, sensazioni e immagini le porterebbe a cercare di sopprimere il pensiero stesso o a cercare di avere un sollievo compiendo azioni che alleviano il disagio, l’ansia o la paura provate. Queste azioni sono chiamate compulsioni, a volte dette anche rituali. Questo meccanismo si trasforma ben presto in un circolo vizioso in cui il breve sollievo procurato dalle compulsioni favorisce un aumento dei pensieri, delle sensazioni o delle immagini ritenute disturbanti e intrusive. Pertanto si ritiene che un atteggiamento di base rigido e intollerante verso determinati contenuti di pensiero, un eccessivo senso di responsabilità personale, unito a una sovrastima dei rischi, oltre alla difficoltà a tollerare emozioni sgradevoli, tra cui l’ansia, siano tra i fattori che portano la persona alla gestione ‘scorretta’ del pensiero, tale da renderlo più insistente e disturbante”.

I sintomi del disturbo ossessivo compulsivo

I sintomi del disturbo ossessivo compulsivo variano a seconda della natura dei pensieri intrusivi. Pensieri che, è bene ricordarlo, si ripresentano in continuazione nella mente contro la volontà del soggetto. Anzi, quest’ultimo prova frustrazione perché si rende conto di percepirli esagerati, insensati e imbarazzanti: prova ad alleviarli con le compulsioni ma, alla fine, ottiene l’effetto contrario. Per fare qualche esempio:

  • una persona può convincersi del fatto che le superfici siano contaminate e dunque lavarsi ripetutamente le mani dopo aver toccato qualsiasi oggetto;
  • una persona può fossilizzarsi sul timore di commettere qualche errore al lavoro e dunque controllare più e più volte le stesse attività, allungando i tempi in modo apparentemente ingiustificato;
  • una persona può essere ossessionata dalla necessità di tenere la scrivania in ordine e dunque disporre tutti gli oggetti in una sequenza ben precisa, per esempio dal più grande al più piccolo, ricontrollandoli e risistemandoli più volte durante il giorno;
  • una persona può essere terrorizzata dall’idea di fare del male fisico a qualcuno e dunque evitare determinate situazioni sociali, oppure ripetersi nella mente alcune frasi rituali.

La differenza tra il DOC e altri disturbi mentali

A prima vista il disturbo ossessivo compulsivo potrebbe essere confuso con altri disturbi che, tuttavia, hanno cause e manifestazioni differenti. Facciamo dunque chiarezza, sempre con l’aiuto della psicologa Beatrice Corsale.

Si parla per esempio di ipocondria, o ansia per la salute, se “la persona ha pensieri intrusivi e insistenti circa il proprio stato di salute e teme di avere contratto una malattia. Pertanto, la persona ipocondriaca si concentra sull’auto-osservazione del corpo in cerca dei segnali, chiede frequenti controlli medici e continue rassicurazioni”, spiega. “Chi ha il disturbo ossessivo compulsivo, invece, può avere il dubbio di essersi esposto a una condizione di rischio, ad esempio avere toccato una siringa o del sangue infetto, pur sapendo, in fondo, di non averlo fatto. Gli eventuali controlli medici o le rassicurazioni che chiede non sono tanto legati all’idea di essere malata, come accade nell’ipocondria, ma al rischio e al dubbio di avere fatto qualcosa che può averla messa a contatto con un virus, ad esempio con l’HIV”.

“Il disturbo ossessivo compulsivo deve essere distinto anche dalle idee o dalle convinzioni deliranti, perché, per quanto alcuni pensieri possano essere bizzarri e poco realistici, il paziente con disturbo ossessivo compulsivo è comunque in contatto con la realtà. Chi ha un delirio, al contrario, può avere la convinzione di essere vittima di una cospirazione, o di venire seguito, o di essere il salvatore del mondo, nonostante i dati di realtà e le altre persone smentiscano queste convinzioni”. 

“In generale, chi ha il disturbo ossessivo compulsivo riconosce l’esagerazione dei propri rituali ma non riesce a fare a meno di eseguirli. In alcuni momenti, può essere così spaventato e angosciato da disprezzarsi e colpevolizzarsi per avere avuto i pensieri ossessivi. Questo tipo di atteggiamento non si riscontra nei disturbi caratterizzati dal delirio”, chiarisce.

Che dire invece della depressione? Può essere una conseguenza del disturbo ossessivo compulsivo, ma “è caratterizzata, tra gli altri sintomi, da rimuginio e pensieri intrusivi negativi che sono, all’osservazione clinica, molto diversi. La persona con disturbo ossessivo compulsivo ha prevalentemente ansia e angoscia rispetto ai contenuti di pensiero, che non vorrebbe avere, rispetto alla tristezza che accompagna i pensieri di chi è depresso e su cui tende a soffermarsi”, spiega la psicologa.

È diverso anche il disturbo d’ansia generalizzato che, come suggerisce il nome, è caratterizzato da ansia pressoché costante e preoccupazioni diffuse. “La persona pensa insistentemente a ciò che la preoccupa nel tentativo di trovare soluzioni a quanto potrebbe accadere. La persona con disturbo d’ansia generalizzato prova ansia per molti ambiti e non ritiene che i pensieri preoccupanti siano fastidiose interferenze che non vorrebbe avere (come nel caso del DOC) ma questioni di cui si dovrebbe occupare in modo da prevenire una eventuale futura difficoltà”, puntualizza l’esperta.

Come si cura il disturbo ossessivo compulsivo

Tra gli approcci più efficaci e scientificamente dimostrati per il trattamento del disturbo ossessivo compulsivo c’è la psicoterapia cognitivo-comportamentale. “In particolare, le procedure che si sono dimostrate particolarmente valide sono l’esposizione e la prevenzione della risposta. Tali procedure comportamentali, unite ad un appropriato intervento cognitivo volto a intervenire sulla eccessiva rigidità, sui sensi di colpa e sulla corretta visione dei rischi possono portare a notevoli miglioramenti e a ridurre le possibilità di ricaduta”, spiega la dottoressa Beatrice Corsale.

“Si tratta di una terapia in cui sono definiti gli obiettivi terapeutici, è attiva e collaborativa ed è centrata sul presente e sul futuro che il paziente potrà costruire, vivendo in una condizione di maggiore benessere. La psicoterapia cognitivo comportamentale, inoltre, fornisce alla persona strumenti utili a ridurre il rischio di ricadute”.

“Solitamente, in una terapia con cadenza settimanale, un percorso può variare dai sei mesi all’anno. Non sono comunque rari i casi in cui la terapia è superiore all’anno. Solitamente i primi benefici della terapia si riscontrano comunque nell’arco dei primi tre-quattro mesi”, chiarisce.

“Il supporto farmacologico può essere un valido aiuto, particolarmente nei casi in cui le ricadute negative del disturbo sulla vita quotidiana sono molto ampie (molto tempo dedicato alle ossessioni o alle compulsioni, rituali che ostacolano la quotidianità, evitamenti che limitano la libertà di scelta e d’azione)”, aggiunge la psicologa.

“I farmaci maggiormente impiegati sono la molecola clomipramina o i gli inibitori selettivi della ricaptazione della serotonina. Si tratta di farmaci antidepressivi che, somministrati ad alto dosaggio, possono ridurre le ossessioni. Questi due gruppi di farmaci potenziano la trasmissione del neurotrasmettitore serotonina che si ritiene implicato negli aspetti biologici del DOC. Altri farmaci impiegati sono i neurolettici di ultima generazione. Viceversa le benzodiazepine, che talvolta i pazienti utilizzano al bisogno, possono essere controproducenti per la psicoterapia”.

“In molti casi la sola psicoterapia cognitivo comportamentale, ben condotta e ben seguita, conduce ai miglioramenti desiderati, prevenendo anche le ricadute mentre il solo trattamento farmacologico, in genere, non determina un beneficio adeguato e non limita le probabilità di ricaduta”, conclude la dottoressa. “Un intervento combinato, farmacologico e psicoterapeutico, può favorire il miglioramento nelle persone con un disturbo marcato e può ridurre il rischio di ricadute”.

Foto di apertura: Mélissa Jeanty su Unsplash