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Perché la vera dieta comincia dalla testa

Perché è così difficile tenere fede al buon proposito di mettersi a dieta? Lo abbiamo chiesto alla dottoressa Marta Vittoria Ferrari, psicologa, psicoterapeuta e istruttrice di mindfulness.

Perché è così difficile tenere fede al buon proposito di mettersi a dieta? Lo abbiamo chiesto alla dottoressa Marta Vittoria Ferrari, psicologa, psicoterapeuta e istruttrice di mindfulness.

Tra i buoni propositi di inizio anno, ce n’è uno che non manca mai: mettersi a dieta. Da fuori, in fin dei conti, sembra così semplice: oggi chiunque ha a disposizione esperti, libri, articoli che spiegano per filo e per segno come comporre un pasto bilanciato; gli scaffali dei supermercati sono stracolmi di prodotti healthy; YouTube offre migliaia di workout gratuiti per tenersi in forma senza nemmeno bisogno di iscriversi in palestra. Eppure, dopo qualche settimana o qualche mese, ci si guarda indietro e ci si rende conto che quel buon proposito è rimasto tale. Non sarà, forse, una questione mentale più che fisica? Lo abbiamo chiesto alla dottoressa Marta Vittoria Ferrari, psicologa, psicoterapeuta e istruttrice di mindfulness che riceve a Milano.

Perché è così difficile tenere fede a buoni propositi come quello di mettersi a dieta?

Un’intenzione non si traduce necessariamente in un’azione. La mente genera idee, pensieri e intenzionalità che però, se non c’è una messa a terra operativa, non trovano seguito nella realtà. Qualche esempio? Mi piacerebbe imparare una lingua ma non mi iscrivo a un corso; vorrei dimagrire ma non vado da un nutrizionista. Insomma, spesso nella vita si ha un’idea ma non si passa a all’azione. Questo è un modo per auto-sabotarsi già all’origine. Un altro auto-sabotaggio sta nel volere tutto subito. Bisogna lavorare sulla motivazione, sulla resilienza, sulla persistenza, sulla pazienza. 

Può fare qualche esempio di motivazioni corrette per iniziare una dieta e, viceversa, di motivazioni scorrette?

La motivazione dev’essere intrinseca, cioè deve trovare le proprie radici dentro a un qualcosa di profondo in termini valoriali. Quando una persona vuole smettere di fumare, il vero motivo non è che fumare fa male: se così fosse non avrebbe nemmeno iniziato, perché è una cosa che di sicuro già sapeva. Così come sa che l’obesità è un problema sanitario, ma la vera motivazione per cui decide di dimagrire è un’altra. La motivazione funzionale è l’amarsi, il volersi bene, il decidere di fare qualcosa per migliorarsi.

Le motivazioni fittizie estrinseche sono deboli. “Voglio tornare nella taglia 42” non è una motivazione: perché proprio la taglia 42? Un parametro che peraltro è soggettivo, dipende dalla cultura e dall’epoca in cui si vive. La motivazione è il primo passaggio di un lavoro che parte dalla testa per stare in un sano normopeso. Il sano normopeso non è un numero. Anche in assenza di disturbi del comportamento alimentare, la maggior parte delle persone ha quei chili di troppo che non riesce a perdere perché si fa distrarre da troppe cose e perde di vista l’obiettivo.

Avere una forte motivazione significa prendersi cura di sé con qualcosa che darà benessere nel medio-lungo termine. Noi tendiamo a volere tutto subito, ma i reali benefici arrivano soltanto con il passare del tempo. Tanto più nell’alimentazione: sappiamo bene che il peso perso rapidamente con le diete drastiche si riprende altrettanto rapidamente. Bisogna pensare a sé stessi in una prospettiva più ampia che comprenda corpo, mente e spirito.

Il cibo non è solo cibo ma anche consolazione, rifugio, valvola di sfogo. Come approcciarlo in modo più razionale? 

Il dottor Franco Berrino ha scritto bellissimi libri su questo tema, come “Ventuno giorni per rinascere”. Noi non mangiamo per una fame che parte dal nostro stomaco, ma per una fame di emozioni che non sappiamo gestire, per una fame di amore che manca, per una fame degli occhi. Il cibo ci coccola. 

Personalmente, io lavoro moltissimo attraverso la mindfulness. C’è anche un libro, Mindful Eating di Jan Chozen Bays, che parla – tra le altre cose – della fame degli occhi, quella che ci coglie quando siamo davanti a un buffet o a una vetrina di dolci. Bisogna fare un lavoro di consapevolezza: ascoltarsi e riconoscere, senza giudizio. Io riconosco che la fame degli occhi mi fa venire voglia di un dolce, ma mi chiedo: questo è un piacere momentaneo, ma domani mi farà bene? E so che la risposta è no. La nostra mente logica sa che non dobbiamo mangiare due fette di torta; la mente emotiva, invece, ne ha proprio voglia; la mente saggia riconosce che ne abbiamo voglia ma siamo in grado di dire di no.

Nell’era dei social media, come si fa a restare focalizzati sulle motivazioni profonde, svincolandosi dalle pressioni esterne e dal confronto con gli altri?

Bisogna coltivare la mente socialmente etica, quella mente che non dà per scontato tutto ciò che ascolta e vede. Quando andiamo in spiaggia vediamo persone normali, con un po’ di pancetta e ritenzione idrica: com’è possibile allora che in tv e su Instagram i corpi siano tutti perfetti, scolpiti, senza una ruga? Qualcosa non torna. Bisogna coltivare la capacità di mettere in discussione ciò che viene proposto, la capacità di scegliere cosa guardare, quali sono i modelli a cui fare riferimento. Riprendiamoci il diritto di scegliere ciò che ci nutre di benessere. Ci fa stare bene continuare a confrontarci con i corpi perfetti, ritoccati e filtrati che vediamo su Instagram? Difficilmente la risposta è sì.

A chi rivolgersi per farsi guidare da tutti i punti di vista, fisico e psicologico?

Oggi ci sono tante realtà sagge che stanno riprendendo questa visione d’insieme, e non più parziale, dell’essere umano. Quando bisogna riprendere in mano la propria vita per stare bene e mantenere un sano normopeso, bisogna innanzitutto rivolgersi a un professionista preparato, come un biologo nutrizionista. Le diete fai da te, o prese in prestito dall’amica, non funzionano perché non tengono conto della nostra unicità. Per l’approccio mentale, poi, ci si può rivolgere a uno psicologo.

Dopodiché ci si può anche informare attraverso fonti autorevoli: consiglio per esempio il libro di Judith Beck “Più testa, meno chili. Guida pratica per far funzionare la tua dieta con il metodo Beck”. Infine c’è l’attività fisica: ciascuno può scegliere quella che sente più sua, che sia yoga, corsa, padel, pilates o altro, ma è un qualcosa da cui non si può prescindere. Questo collima in una visione di vita sana, che impone di cambiare alcune abitudini per raggiungere il benessere. 

Foto apertura: choreograph / 123rf.com