Dolci
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10 dolci nati per errore

Sono frutto di ricette travisate, distrazioni provvidenziali o fortunate dimenticanze. Ma questi dolci, nati da un errore, sono entrati nell'Olimpo della pasticceria.

Sono frutto di ricette travisate, distrazioni provvidenziali o fortunate dimenticanze. Ma questi dolci, nati da un errore, sono entrati nell'Olimpo della pasticceria.

Ci sono due grandi verità che si imparano quando si varca la soglia di un laboratorio di pasticceria (o comunque di una cucina in generale). La prima è che cucinare o preparare dolci per mestiere non è per niente rilassante (i racconti di Anthony Bourdain lo chiariscono in maniera inequivocabile). L’altra è che in pasticceria (o in cucina) non si butta via niente, nemmeno i “fallimenti” o presunti tali. La storia della pasticceria è costellata di dolci nati per errore, anche se sarebbe più corretto dire reagendo a un errore. Perché nella maggior parte dei casi non è stato solo uno sbaglio a battezzare un nuovo dessert, ma la precisa volontà di rimediare a quello sbaglio. Abbiamo scelto dieci dolci: sono ricette nate per caso, ma non facendo cose a caso.

Brownies

È uno dei dolci americani più famosi al mondo. La leggenda vuole che sia nato come una cake al cioccolato “mancata”. Il cuoco che doveva occuparsi della preparazione di questa torta si dimenticò incautamente di mettere il lievito nell’impasto. Quello che ne seguì fu un dolce a metà tra un biscotto e una torta, capace di conquistare praticamente ogni palato. Benedetta dimenticanza!

Ganache

Ganache

Rimaniamo in tema cioccolato, ma ci spostiamo in Francia, per una delle preparazioni più apprezzate in assoluto in pasticceria (specialmente dagli amanti delle crostate). La ganache, con un nome così vellutato e scioglievole da farti quasi dimenticare che in realtà è un insulto. Questa crema meravigliosa è nata infatti in una cucina francese, dove un’apprendista rovesciò della panna bollente sul cioccolato. La cosa fu accolta nella brigata con la consueta giovialità con cui, nelle cucine, vengono salutati errori e disattenzioni del genere, e l’apprendista venne bersagliato di insulti, tra cui “ganache”, che in italiano possiamo tradurre in maniera garbata con “imbecille”.

Nel tentativo di rimediare a questo presunto disastro, mescolando vigorosamente (forse complice anche una certa dosa di incazzatura) si realizzò quell’emulsione tra panna e cioccolato alla base di una delle creme più apprezzate dagli amanti dei dolci. Che, forse, sono ben contenti che questa crema sia nata in Francia, perché ordinare una “crostata con imbecille” poteva dare adito a fraintendimenti.

Panettone

Fu un errore a rendere celebre quello che è a tutti gli effetti il dolce più famoso di Milano. Siamo in epoca leonardesca e il cuoco di Ludovico il Moro ha appena fatto qualcosa per cui in Francia gli avrebbero sicuramente dato del “ganache”. Si è dimenticato in forno il dolce da servire a pranzo (e non un pranzo qualunque: il pranzo di Natale), con un esito difficilmente commestibile. E parliamo di un errore a cui non si rimedia con delle semplici scuse. Il cuoco va nel panico, ma lo rinfranca il garzone Toni, che gli propone un piano B. Si tratta di un dolce che ha preparato proprio quel giorno, usando gli avanzi che ha trovato in dispensa: farina, burro, uova, cedro e uvetta. Praticamente una mistery box ante litteram, che permette al giovane Toni di battezzare un dolce leggendario, perché il “Pan de’ Toni”, oltre ad aver conquistato il palato di casa Sforza, è entrato nel cuore dei milanesi, dove, pur con tutte le trasformazioni del caso, è rimasto senza mai andarsene.

Torta Caprese

Se il panettone è nato da una mistery box, possiamo tranquillamente dire che all’origine della torta caprese vi fosse una sorta di “pressure test”, e in palio, forse, c’era qualcosa di molto più importante di un grembiule col proprio nome sopra. La storia in questo caso è ambientata, ça va sans dire, a Capri e l’anno è il 1920. Sull’isola sono arrivate delle persone che non sono proprio dei turisti qualunque. Si tratta di due malavitosi, in missione per conto di Al Capone. Sbrigate le commissioni, gli uomini del boss decidono di concedersi un dolce e si rivolgono al pasticciere più famoso in quel momento, Carmine Di Fiore, per assaggiare una torta al cioccolato. Di Fiore, probabilmente spaventato dai modi sicuramente affabili dei malavitosi, nel preparare il dolce dimentica la farina e prepara una torta usando solo mandorle e cioccolato. Era nata la torta caprese. Con buona pace del buon Carmine, che avrà sicuramente guardato a quel dolce con un misto di amore e terrore, un po’ come quando sei a cena con Cannavacciuolo e ti va qualcosa di traverso: una manata potrebbe salvarti o darti il colpo di grazia.
C’è chi sostiene che il dolce che preparò per errore Di Fiore fosse in realtà l’antenato della torta caprese: una ricetta nata alla corte del Re di Napoli, deciso ad accontentare la richiesta della principessa sua sposa, desiderosa di poter mangiare una Sachertorte. Nel tentativo di riprodurre il dolce viennese, qualcosa andò storto nella cucina reale. O forse no, perché quell’errore diede vita a un dolce poi molto amato. Altri confermano in parte questa storia, sostenendo che alla base di tutto ci fosse un capriccio di ​​Maria Carolina d’Asburgo, la moglie del Re “Nasone” Ferdinando IV, ma il dolce non poteva essere l'imitazione di una Sacher, dal momento che fu inventata alcuni anni dopo la loro morte.

Oops, mi è caduta la Lemon Pie

Parliamo di alta, altissima cucina. E di un dolce che è diventato un monumento che celebra, fin dal nome, l’errore che ha dato origine a un impiattamento iconico. Siamo all’interno dell’Osteria Francescana, il ristorante tre stelle Michelin di Massimo Bottura. Sta per finire un servizio e il giovane Takahiko Kondo deve solo finire di comporre le ultime due crostate al limone. Tutto sembra procedere come sempre, se non fosse una delle due torte cade sul bancone rovinosamente, dando vita a un perfetto quadro astratto. “Taka, da buon giapponese, avrebbe fatto volentieri harakiri” ha raccontato Bottura in più di un’occasione. Lo stesso chef esortò Kondo a guardare il lato poetico di quell’incidente “Guarda Taka, non è bellissimo?”. Quell’errore, quell’incidente viene costantemente ricostruito e celebrato, quasi fosse un rituale, nella cucina dell’Osteria Francescana, per rendere omaggio all’esatto istante in cui, oltre a un guscio di frolla, veniva infranto un nuovo limite in cucina.

Sacher

D’accordo, la Sacher, praticamente il dolce più famoso del mondo, non è nato per errore, ma poco ci è mancato. Come tutti ben sappiamo, la genesi di questa torta avviene in Austria, per la precisione a Vienna. L’anno è il 1832 e il co-protagonista di questa storia è il cancelliere Klemens von Metternich, che vorrebbe offrire al suo prossimo ospite un ottimo dolce. L’errore, se così si può chiamare, lo commette il pasticcere ufficiale di corte, quel giorno assente, perché malato. Metternich si rivolge allora al giovane Franz Sacher, grande amante del cioccolato, che non vuole rinunciare al suo ingrediente preferito nel mettere a punto la ricetta del suo dolce. Il risultato è epico: si narra che Metternich assaggiandolo abbia esultato. Quel che è certo che la ricetta della Sacher riscosse un successo tale, da essere secretata da uno speciale brevetto: solo l’Hotel Sacher di Vienna può riprodurre la vera torta di Franz, custodendone i segreti che ne hanno decretato il successo mondiale.

Chocolate Chip Cookies

Chocolate Chip Cookies

Ci sono poi dolci che in origine dovevano essere al cioccolato, ma che un errore ha reso qualcosa di diverso e, soprattutto, di leggendario. È vero che il cioccolato c’è comunque, ma l’inventrice dei biscotti più famosi d’America, quando si mise all’opera aveva in mente tutt’altro, o almeno questo è quel che si racconta. Siamo nell’America degli anni Trenta. Ruth Wakefield, proprietaria del Toll House Inn in Massachusetts e madrina di questi biscotti, aveva appena finito il cacao dei soliti cookies, e pensò di sostituirlo aggiungendo del cioccolato a pezzettini all’impasto, convinta che, in cottura, si sarebbe sciolto, fondendosi completamente col resto dell’impasto. Il risultato non fu esattamente questo, come tutti sanno. C’è da dire che, leggenda a parte, Ruth Wakefield era una chef navigata, perciò è un po’ difficile che non sapesse il fatto suo. Ma nell’immaginario collettivo è sicuramente più affascinante credere che i biscotti siano nati dal caso, come se lei dal nulla sia inciampata con in mano del cioccolato a pezzi che, dopo una serie di carambole da antologia, è finito nell’impasto. Chissà… ma nulla toglie o aggiunge a dei biscotti per cui davvero l’avviso “Attenzione, possono creare dipendenza” è molto più che una battuta trita e ritrita.

Crêpes Suzette

Crepes Suzette

Le leggende che circondano questo dessert sono infinite. Una delle più celebri ruota attorno a questa figura mitologica dell’apprendista capace di fare errori prodigiosi (non so le vostre, ma le mie memorie da stagista vanno in tutt’altra direzione). Il protagonista, in questo caso, si chiama Henri Charpentier, giovanissimo apprendista cameriere appena quattordicenne, in un lussuoso albergo di Montecarlo. Il suo compito è quello di preparare le crêpes per il principe e futuro re Edoardo VII. Sarà stata forse maldestria, o semplicemente l’agitazione, fatto sta che mentre Henri prepara la salsa di accompagnamento al dessert - un delizioso melange di burro, zucchero e liquori -, l’alcol si infiamma letteralmente. Il risultato è uno sciroppo perfettamente caramellato (ma lui questo ancora non lo sa), che Henri decide di servire ugualmente, per non far attendere troppo il principe. Edoardo ne fu talmente entusiasta, che volle battezzare il dolce con il nome dell’unica donna presente a tavola in quel momento: Suzètte.

Tortino dal cuore morbido

Tortino dal cuore morbido

Eccolo, il dolce che ha tormentato le cucine di tutto il mondo, richiesto a furor di popolo. Il tortino dal cuore morbido sta alla pasticceria come la Canzone del sole sta alla chitarra: prima o poi te tocca e non c’è modo di scappare. A meno che non raccontiate il segreto che sta alla base di questo mirabolante dolce: il cuore, caldo e fondente, è tale perché… non ha finito di cuocersi. La sua storia è il trionfo di tutti i piani “b”. Siamo a New York, sul finire degli anni Ottanta, quando nel menu del Lafayette compare per la prima volta un’invitante cake al cioccolato fuso. Il giorno prima, per un evento privato, lo chef Jean-Georges Vongerichten e la sua brigata hanno preparato 500 tortini al cioccolato, che però sono stati tolti dal forno troppo presto: la parte centrale era ancora liquida. Il risultato fu talmente spettacolare, che il dolce fu accolto con una standing ovation. Conosciuto anche con il nome di "Lava Cake", "mi cuit" (abbreviazione del francese “demi cuit”, ovvero “mezzo cotto) oppure moelleux al cioccolato, questo tortino ha spopolato nei laboratori e nelle cucine di mezzo mondo.

In pochi sanno che questa versione “sbadata”, ha in realtà un padre decisamente più nobile, il Coulant au chocolat, nato per mano dello chef Michel Bras nel 1981. La ricetta viene messa a punto dopo una gestazione lunga due anni e prevede l’inserimento di una sfera di ganache congelata all’interno di un impasto per biscotto, cuocendo il tutto in uno stampo cilindrico. Il coulant si è evoluto in mille modi diversi, tra cui uno, molto celebre, viene ripreso nel film “Chef”.

Tarte Tatin

Tarte Tatin

Ovviamente non poteva che esserci anche lei, la torta figlia di uno dei più celebri errori della storia della pasticceria. Per raccontare il mito della Tatin bisogna tornare indietro di oltre un secolo. È sul finire dell’800, infatti, che Stephanie Tatin, la cuoca che assieme alla sorella Caroline gestisce l’Hôtel Tatin, sulla Valle della Loira, incappa in una famosissima dimenticanza.Nel preparare la tarte aux pommes, Stephanie dispone come da copione le fettine di mela con burro e zucchero nello stampo. Peccato però che prima delle mele, nella tortiera dovesse andarci la pasta. Ma lei non si perde d’animo e decide di assecondare il suo errore: stende la pasta al momento, la dispone sopra le mele e inforna il dolce al rovescio. Al momento di servirla, lo capovolge su un piatto da portata, con le mele, magnificamente caramellate, rivolte verso l’alto.

C’è chi racconta che il dolce sia nato nel tentativo di rimediare a una torta di mele bruciata sul fondo, ma poco importa. La tarte des demoiselles Tatin ebbe un successo stratosferico, al punto da diventare uno dei dolci più iconici della cucina d’oltralpe. È il detto “francese come una tarte Tatin” ne è la prova più evidente. Certo fa strano che oltreoceano sia un’altra torta di mele il simbolo dell’identità nazionale, visto che in Usa è in voga il modo di dire “americana come un’Apple Pie”. Ma questa è un’altra storia (e un’altra torta).

Foto: 123RF