Amore
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Perché non esiste “amare troppo” o “troppo poco”

I sentimenti non si pesano, non si pensano: si vivono. Ecco perché l’amore ha una dimensione qualitativa.

I sentimenti non si pesano, non si pensano: si vivono. Ecco perché l’amore ha una dimensione qualitativa.

Amare troppo o troppo poco. E’ un’espressione a cui si ricorre spesso, come se l’amore fosse un salume da mettere su una bilancia per valutarne il prezzo.

Più è grande e più costa. Oppure, meno consistente è, più il suo prezzo cala.

In linea generale la relazione tra consistenza e valore ha un suo perché e può essere considerata valida e attendibile. Quanto valore ha, per esempio, un “ti amo” detto in modo inconsistente? Poco, se non nullo. Il punto, o meglio lo sbaglio, sta nel correlare l’amore e la sua consistenza a una sfera quantitativa, anziché qualitativa.

La realtà a conti fatti è infatti questa: o ami qualcuno o non lo ami. Non esiste "quanto ami" ma "come ami" qualcuno.

La relazione non è un supermercato, esattamente come l’amore non è un prodotto da pesare: la cosa essenziale è valutarne la qualità e, quindi, la vera natura.

Quando amiamo, amiamo e basta. Non c’è altro da aggiungere. Non esiste un “peso specifico” dell’amore.

Esiste il peso che hanno le parole, i gesti, i pensieri e le piccole attenzioni che lo alimentano. Allora, se quel peso c’è, ci sono consistenza e contenuto affettivo. Viceversa, se le parole che diciamo - o che ci sentiamo dire - non hanno un proprio peso, difficilmente saremo di fronte a un sentimento consistente e autentico.

Non a caso ricorriamo alle espressioni “amare troppo” o “troppo poco”  in fasi in cui siamo poco centrate in noi. Come, per esempio, quella dell’innamoramento iniziale. O meglio, dell’infatuazione. E’ la fase in cui diciamo “lo amo troppo”, in preda dall’entusiasmo e dalla voglia di esibire al mondo ciò che sentiamo nei confronti di qualcuno. Viceversa, la frase “mi amava troppo poco” viene di solito affibbiata all’altro quando si parla di una storia che si è chiusa per uno squilibrio affettivo. “Lui mi dava meno di quel che gli davo io”, è un commento tipico in questi casi.

Quando ci addentriamo nella dimensione quantitativa del sentimento e iniziamo a ragionare su “quanto devo dare” e “quanto sto ricevendo”, dovrebbe arrivarci il segnale che qualcosa tra noi e l’altro non sta andando come dovrebbe.

Il valore di un rapporto non si pesa sulla bilancia, non si calcola con delle formule matematiche. Dentro di noi dovremmo già sapere quanto teniamo a qualcuno, con la sola conferma che quel sentimento lo stiamo sentendo. Quando arriviamo a chiederci “lo amo più io, mi ama più lui?”, è bene rivedere la natura stessa del rapporto che stiamo vivendo con l’altro.

I sentimenti non vanno pesati né pensati: vanno vissuti. O ci sono, o non ci sono.

Diffidate da chi si giustifica dicendo di amarvi troppo, o di non sentirsi amato abbastanza. Quando si parla in questi termini, si è già fuori dalla sfera del sentimento. Meglio, a quel punto, rivalutarsi qualitativamente e chiedersi se si possa parlare ancora di coppia.

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