Vita di coppia
Vita di coppia

Relazioni tossiche: come riconoscerle e affrontarle

Come capire se si è in una relazione tossica? Quando una persona è tossica? Perché la gente continua a stare in relazioni disfunzionali? Il parere dell’esperta.

Come capire se si è in una relazione tossica? Quando una persona è tossica? Perché la gente continua a stare in relazioni disfunzionali? Il parere dell’esperta.

Parlare di relazioni tossiche in amore rischia di ridursi a uno schema in cui da una parte c’è una vittima e dall’altra un carnefice. La realtà è molto più sfaccettata di così.

Emma Lerro, psicologa e psicoterapeuta di Unobravo.com (e al tempo stesso Blog coordinator del sito), è laureata in psicologia clinica all’Università “La Sapienza” e specializzata in psicoterapia cognitivo comportamentale presso l’Istituto Walden di Roma.

Le abbiamo fatto alcune domande sulle relazioni tossiche per imparare a capire come riconoscerle da alcuni segnali e come fare a uscirne.

Cosa si intende per relazione tossica?

Per raccontare questo tema con l’accuratezza che merita, vorrei andare al di là della retorica delle relazioni “tossiche”, così come ci vengono frequentemente raccontate. In ambito scientifico viene invece preferito il termine “disfunzionale” per indicare quelle relazioni in cui intervengono dinamiche che compromettono il benessere di chi vi è coinvolto, come nel caso in cui c’è violenza. Ecco perché da ora in avanti utilizzerò il termine “disfunzionale”.

Chiunque può essere vittima di una relazione tossica? Ci sono delle persone che, in termini percentuali, sono maggiormente “a rischio”?

Soffermiamoci un attimo sull’effetto prodotto dal parlare di “vittima” e di “carnefice”. La parola “vittima” rischia di porre la persona in una posizione passiva, trascurando le possibilità di azione e di scelta che potrebbe avere (o iniziare ad avere) nella relazione. D’altra parte, bollare la persona che agisce con la violenza come “carnefice” potrebbe rappresentare un limite per comprendere (pur senza giustificarle) le ragioni di quel comportamento.

Detto ciò, ognuno di noi, spesso a livello inconsapevole, sceglie i partner che meglio si adattano alla personale visione che ha di se stesso e degli altri. Per questo motivo ci si può ritrovare in una relazione disfunzionale se, ad esempio, non ci si ritiene degni di amore oppure se si ha poca fiducia negli altri, tendendo quindi a selezionare proprio quei partner che possano confermare queste credenze.

Quali sono i segnali di una relazione tossica?

Una relazione disfunzionale è caratterizzata da comportamenti che compromettono il benessere delle persone coinvolte e che possono includere la manipolazione, la minaccia, l’aggressione e altri atti violenti.

Alcuni segnali sono ad esempio:

  • i comportamenti di controllo delle scelte personali del partner;
  • i tentativi di influenzare le relazioni sociali, come quando si impediscono i contatti con amici o familiari;
  • le scenate di gelosia;
  • l’adozione di atteggiamenti denigratori o svalutanti;
  • l’aggredire verbalmente o fisicamente.

Come si distingue una relazione tossica da un rapporto nel quale ci sono semplici e fisiologiche incomprensioni di coppia?

In tutte le coppie esistono i contrasti e le incomprensioni. Se il conflitto in generale può essere costruttivo, arricchire e portare a un’evoluzione della coppia, nelle relazioni disfunzionali diventa distruttivo e si traduce spesso in comportamenti violenti. Oltre ciò, è possibile riconoscere di essere in una relazione disfunzionale quando non ci si sente al sicuro per la maggior parte del tempo, si sperimenta una costante insoddisfazione per quello che si dà e si riceve oppure quando non si ha fiducia nel partner.

La consapevolezza è il primo passo per uscire da una relazione tossica. È sufficiente?

La consapevolezza è un importante strumento, perché spesso la più grande difficoltà di chi vive una relazione disfunzionale è accorgersi di ciò che sta accadendo. Comportamenti di controllo mossi dalla gelosia, ad esempio, possono essere scambiati per segni d’amore e attenzione. Ma la consapevolezza da sola non basta e, ovviamente, è necessario anche lavorare sulle motivazioni per cui continuiamo a stare in una situazione che ci provoca sofferenza.

Una relazione tossica può essere vista come una droga, quindi in grado di creare una dipendenza maggiore rispetto a un rapporto “sano”? Questo può essere uno dei motivi per i quali diventa più difficile chiuderle?

Qualsiasi tipo di relazione, per stare in piedi, poggia su dinamiche interne che lo rendono possibile. Stare in una relazione ci consente, ad esempio, di mantenere una precisa immagine di noi stessi e del partner. Questo schema relazionale, per quanto disfunzionale, potrebbe essere ciò che ho sempre conosciuto e di cui ho fatto esperienza. Per questo motivo, per quanto doloroso possa essere, è paradossalmente anche rassicurante e quindi difficile da lasciare andare

Quando una persona è tossica, ha necessariamente un disturbo? 

Parlare di “persone tossiche” significa fare confusione tra la persona e i suoi comportamenti. Per quanto la persona possa agire con comportamenti aggressivi, dannosi per sé o qualcun altro, questo non dovrebbe definire la totalità di ciò che è. I comportamenti disfunzionali possono sì essere inquadrati in una precisa diagnosi, ma non è sempre così.

Chi ha vissuto delle storie tossiche, può uscirne profondamente turbato. Quale può essere il ruolo della psicoterapia?

La psicoterapia può aiutare la persona a prendere consapevolezza delle dinamiche relazionali disfunzionali in cui è stata coinvolta, restituendole un ruolo attivo nel far fronte a situazioni che possono causare una profonda sofferenza, ampliando il raggio delle possibilità di azione che la persona riconosce a se stessa.

Il partner "disfunzionale" può cambiare? 

Come anticipato, riferire l'aggettivo “disfunzionale” alla persona rischia di semplificare la complessa dinamica delle relazioni disfunzionali, dividendo gli attori in buoni e cattivi. Anche chi commette, qualora desideri ricevere supporto, dovrebbe poter trovare l’aiuto di professionisti psicologi che, sospendendo il giudizio, favoriscano un processo di cambiamento. Un percorso di terapia, tra le altre cose, potrebbe aiutare ad assumere un punto di vista empatico rispetto alla sofferenza altrui e portare a una maggiore comprensione di sé e delle proprie modalità di stare in relazione con l’altro.