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Andrea Batilla: «Non ho mai creduto alle icone»

Intervista a Andrea Batilla, consulente strategico per aziende del lusso e protagonista della rubrica di moda "Satisfashion" su DeAbyDay.

Intervista a Andrea Batilla, consulente strategico per aziende del lusso e protagonista della rubrica di moda "Satisfashion" su DeAbyDay.

Un amore viscerale per il Bello, e una missione: analizzare e diffondere la cultura della moda, ribaltando stereotipi e falsi miti legati a un mondo decisamente più profondo e complesso di quello che viene normalmente raccontato. Andrea Batilla, consulente strategico per aziende di lusso, curerà per DeAbyDay la rubrica Satisfashion, dedicata a tutte le donne che amano la moda ma che al contempo, anche nel vestire, vogliono andare "oltre l'apparenza".

Chi è Andrea Batilla?
«Sono un consulente strategico per aziende del lusso specializzato in new business, talent management e start-up. Sono anche uno scrittore e un content creator su Instagram e YouTube. Lo stile secondo me è una sintesi tra l’espressione dell’identità personale e la costruzione del percepito che vogliamo avere di noi».

L’eleganza si impara?
«Certo. L’eleganza non è innata. È un insieme i regole quasi tutte create nell’800 che costituiscono una lingua che può essere imparata a chiunque. Eleganza deriva al latino eligere che vuol dire scegliere».

Come si fa a distinguersi, restando “alla moda” (che per definizione crea “modelli”)?
«La moda suggerisce modelli di riferimento che hanno un’attinenza con gli sviluppi sociali. Ognuno di noi può decidere se usare il proprio abbigliamento per comunicare che è al corrente di quello che avviene intorno a lui o a lei oppure può decidere di subire, più o meno coscientemente, i segnali che vengono da fuori».

Ma in un mondo dove non esistono più le tendenze e i cosiddetti capi icona, come succedeva negli anni ‘80-'90, cosa vuol dire “essere alla moda” ?

«Le tendenze ci sono. Sono più frammentate e forse meno mainstream ma ci sono, sia in termini di macrotendenze, come lo streetwear, che di  microtendenze, come le mules di Bottega Veneta. Si sviluppano attraverso social e celebrities sostanzialmente».

Il futuro della moda è “la moda etica”, “circolare”?
«Il tema della sostenibilità nella moda è e sarà sicuramente centrale nella moda. È un tema globale e generale ma che la moda ha accettato da subito. Ci sono però ancora molte cose che bisogna fare soprattutto per quanto riguarda il fast fashion».

Un falso mito sulla moda che andrebbe assolutamente sfatato.
«In molti pensano che la moda sia culturalmente superficiale ma questo non è vero e credo di averne parlato in maniera approfondita nel mio libro Instant Moda. In Italia il problema è particolarmente grave a causa di una mancanza di attenzione delle istituzioni da molto tempo».

Gli effetti del coronavirus sulla moda.
«La pandemia ha sicuramente accelerato le vendite online che è una cosa decisamente positiva e che penso che rimarrà anche dopo la fine di questo incubo».

Minigonna a 50 anni… sconveniente?
«Niente è sconveniente. Conformarsi alle regole che qualcun altro ha creato non è mai una cosa intelligente».

Un’icona, una stilista dei nostri tempi che ammiri particolarmente.
«Sicuramente Pier Paolo Piccioli, direttore creativo di Valentino, che sta facendo un lavoro straordinario sull’attualizzazione dell’alta moda e dell’artigianalità».

Audrey Hepburn o Grace Kelly?
«Io non credo e non ho mai creduto alle icone. Credo siano costruzioni mediatiche che semplificano dei concetti che meritano di rimanere profondi e complessi. Peraltro sono entrambe costruzioni dello star system hollywoodiano dell’epoca».

Marlene Dietrich o Marilyn Monroe?
«In questo caso Marlene Dietrich ha avuto una forza dirompente sulla percezione del femminile perché insieme ad altre sue colleghe si è vestita da uomo e ha sempre giocato sull’ambiguità, aprendo probabilmente le porte ad un discorso sulla fluidità di genere che in questo momento è importantissimo».