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Fedez annuncia la malattia: è giusto condividere una cosa così?

Il rapper ha raccontato di aver scoperto un «un problema di salute che comporta un percorso importante». Ma c'è chi lo accusa di aver "superato il limite".

Il rapper ha raccontato di aver scoperto un «un problema di salute che comporta un percorso importante». Ma c'è chi lo accusa di aver "superato il limite".

Sfera pubblica e privata: quanto, ai tempi dei social, ha senso parlare ancora di divisioni tra ciò che si può e non può condividere? A sollevare il dubbio è Fedez, che nelle ultime ore ha condiviso una notizia importante. «Ho un problema di salute che comporta un percorso importante», ha detto.

Occhi arrossati, voce spezzata per le lacrime che non riesce a contenere. C'è chi, sui social, ha commentato che non condividerebbe mai una notizia del genere. Ma personalità come Shannen Doherty, Emma Bonino e Gianluca Vialli hanno dimostrato che portare all'esterno la lotta contro un tumore ha tre ricadute positive: fa bene a chi lo fa, che si sente meno solo; sollecita l'opinione pubblica attorno al tabù della malattia; e incentivano la prevenzione, prima vera arma contro ogni patologia.

Il caso di Fedez

Non sappiamo ancora se Fedez ha un tumore. Tre anni fa, in un'intervista, aveva raccontato: "Mi è stata trovata una cosa chiamata demielinizzazione nella testa, per questo motivo sono a rischio sclerosi multipla". Però lui queste parole (tumore, sclerosi), almeno nelle storie, non le ha mai usate. Ha solo parlato di un «problema di salute» e di «un percorso importante». Ne ha parlato con gli occhi lucidi. Una cosa normale quando un evento potenzialmente catastrofico ti toglie il sonno e si frappone tra te e una qualsiasi idea di futuro. Ti fai forza e pensi che devi affrontare tutto per la tua famiglia, ma quella forza a volte non basta. Perché siamo esseri umani, spaventati dalla morte, ma soprattutto dalla malattia.

Fedez, che ha condiviso con i suoi fan persino la terapia di coppia fatta con la moglie nella serie tv The Ferragnez, ha scelto di non tacere anche su questo aspetto poco patinato, molto umano e difficile da raccontare. Ci sono parole giuste per raccontare la malattia? La paura di soffrire? Di essere malati e bisognosi di cure? Se sì, sono molto poche.

«Faccio questo video per esorcizzare nella speranza che possa far bene anche a me». Perché ci sono persone che hanno bisogno di condividere e persone che si chiudono in sé stesse. E questo, così come la scelta di mettere o no lo smalto sulle unghie, è un'inclinazione squisitamente personale.

Il tabù della malattia

Riconosciamo a Fedez la capacità di aver creato un grande hype non svelando la natura del «problema di salute», ma davanti alla malattia e all'ignoto, non c'è un manuale di istruzioni. Si fa quel che si può, con la legna che ognuno ha in cascina. «[...] ho bisogno di stringermi alla mia famiglia, ai miei figli. Mi sento di raccontarlo in futuro perché quando ho scoperto quello che ho scoperto, leggere storie di altre persone mi ha dato conforto».

Raccontare la malattia è difficile. Il nostro tempo, anche se vessato da guerre, immagini violente e dilaniato da una pandemia, non è quello patinato degli anni Ottanta. Ma anche se parliamo di body positivity, silver revolution e altri aspetti poco in linea con i canoni di bellezza mainstream, che ci vorrebbero tutti giovani e magri, della malattia e dei malati si parla poco. Il disagio provato dinanzi agli intubati per Covid, alle persone riprese dalle telecamere mentre giacevano prone in un letto di ospedale, sono ancora vive nei nostri occhi. E, nel ricordo, ci spingono ancora a distogliere lo sguardo.

Quando si parla di malattie debilitanti, lunghe, articolate, che richiedono tante cure, c'è chi sceglie di farsi forza condividendo la propria storia, per ricevere il conforto del "mal comune, mezzo gaudio". C'è chi si chiude in sé stesso perché non ha gli strumenti emotivi – gli stessi che hanno permesso a Fedez di piangere in video – per affrontarli, certi drammi. Eppure la malattia è lì, diventa quotidianità. Parole come "terapia", "trasfusione", "chemio" si fanno frequenti quanto "pane", "latte" e "mamma" o "papà". Come parlarne? Quanto parlarne? Quanto siamo disposti ad ascoltare?

«Se questo mio racconto riesce a dare conforto anche solo a una persona – ha detto il rapper – che magari non ha la fortuna di essere circondata da così tanti affetti come succede a me con la mia bellissima famiglia mi viene da pensare che questa parentesi della mia vita ha una sua utilità e riesco a conferirgli un senso, cosa che a tratti ovviamente non si riesce a dare».

La scelta di raccontare il dolore

Condividere o no la malattia con persone estranee alla nostra famiglia resta una scelta personale. Il modo con cui portare nel mondo il proprio vissuto non è uno solo: ognuno di noi ha i suoi strumenti e fa il meglio che può con quello che ha.

Tuttavia, lo slancio mostrato da Fedez, un essere umano come tanti che ha paura e oggi cerca conforto, può essere una leva importante per cambiare il discorso mediatico attorno al tema della malattia in generale.

Essere malati, per brevi o lunghi periodi, capita. E molto spesso non c'è colpa nell'esserlo. Ciò che può fare la differenza – nella malattia e in tutte le cose – e quanto di buono siamo in grado di tirar fuori da un tiro mancino della vita.