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Vita da Mamma: la rubrica di Federica Federico

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“Harry e Meghan” perché vedere la docuserie Netflix

“Harry e Meghan” è una serie da guardare senza l’intenzione di essere spettatori di un Grande Fratello o di scavare nel torbido dei reali inglesi. Se non lo avete già fatto,  guardatela con l’idea di osservare il passato che si ricongiunge al presente rinunciando a qualunque “rigore formale”.

“Harry e Meghan” è una serie da guardare senza l’intenzione di essere spettatori di un Grande Fratello o di scavare nel torbido dei reali inglesi. Se non lo avete già fatto,  guardatela con l’idea di osservare il passato che si ricongiunge al presente rinunciando a qualunque “rigore formale”.

Ne parlano tutti! In molti sono ferocemente critici, ma la docuserie “Harry e Meghan” disponibile in streaming su Netflix rappresenta esattamente ciò che i protagonisti stessi descrivono sin dal trailer:

- Perché volete fare questo documentario? Chiede la voce narrante;

- Nessuno vedeva quello che succedeva a porte chiuse. Risponde Harry;

- Con una posta in gioco così alta, non sarebbe meglio sentire la storia da noi? Controbatte Meghan.

“Harry e Meghan”: il prodotto commerciale

Il documentario è certamente un prodotto commerciale presentato come un “resoconto in prima persona raccontato con materiali inediti”.

È un progetto televisivo ed è una produzione di Netflix, come tale ha richiesto un capitale e intende produrre introiti.

È persino un prodotto di investimento e nello specifico investitori e protagonisti condividono gli interessi della serie: la docuserie “Harry e Megan” gode, infatti, della collaborazione della fondazione Archewell istituita nel 2020 dalla stessa coppia con lo scopo di presiedere ai loro progetti imprenditoriali e filantropici.

“Harry e Meghan”: è da subito polemica

Prima ancora che il primissimo frame si muova sullo schermo, si legge che la famiglia reale non ha rilasciato dichiarazioni sul contenuto della serie. Praticamente non c’è stato alcun contraddittorio tra le parti in causa: Harry e Meghan hanno fatto quello che Lei stessa annuncia nel trailer, ovvero hanno raccontato la loro versione dei fatti.

Per dovere di informazione, va detto che da Buckingham Palace hanno fatto sapere a mezzo stampa che nessun membro della Famiglia Reale è stato ufficialmente interpellato da Netflix per offrire un contraddittorio sulle vicende narrate.

L’uso delle immagini iconiche di Diana; quello di più stralci della discussa intervista che Lady D “rilasciò” a Panorama nel 1995; la sottesa continuità narrativa con The Crown; la riproposizione di dicotomie stereotipate: giornalisti britannici agguerriti e senza limiti e  membri “principali” della famiglia reale braccati come prede; la narrativa del secondogenito ai margini e l’evocazione del dolore della morte di una mamma giovane e “perseguitata” sono stati tra i punti nodali interpretati più unilateralmente dai delatori della docuserie.

Ma osservare queste prospettive senza cogliere le ragioni di insieme del documentario equivale semplicemente a restare in superficie cadendo nella trappola di quelle stesse stereotipie che si intende contestare.

Harry e Meghan”: un prodotto commerciale che scatena polemiche, ma soprattutto una vera rivoluzione pacifica

Qualcuno direbbe che non c’è peggior sordo di chi non vuol sentire, spesso tutti noi “restiamo sordi”, anche dinnanzi al progresso dei costumi e della società preferiamo rifugiarci nel silenzio. Qualche volta il silenzio che ci conforta finisce, però, per intrappolarci nel passato.

E non è raro che la storia ci riconsegni un passato che impone una nuova narrativa culturale e sociale, fosse anche per il solo fatto di meritare un “sorpasso”.

Questa docuserie è stata fortemente criticata perché attraverso essa Harry rivendica l’eredità (in modo quasi esclusivo) di Diana e “osa” ritrovare sua madre nella moglie. In realtà Harry e Meghan rivendicano anche il loro diritto di sorpasso: intendono superare il rigore in cui il Principe è nato ed esercitare semplicemente il diritto inalienabile alla libertà.

Bisognerebbe essere realisti nell’osservare la verità di queste rivendicazioni: Harry è ancora quel ragazzo che commise l’errore più clamoroso della sua vita partecipando a un party mascherato da generale delle SS; ma è anche l’uomo che è diventato dopo averne “espiato la pena in Africa” decidendo di rimettere i suoi passi sulla via maestra della madre.

La narrazione della fase auto-distruttiva di Harry non è banale, come qualcuno vuol fingere di credere. Il secondogenito di Diana ha semplicemente deciso di raccontarsi attraverso la vita e la libertà anziché attraverso il rigore, non si è messo a nudo, piuttosto si è presentato vestito a suo modo, informale, “inaspettato” e animato dai suoi ideali.

Difficile spiegare in altro modo se non con una scelta di rigore il perché il principe William abbia apertamente domandato la cancellazione da ogni palinsesto presente e futuro dell’intervista di Diana a Panorama. Fuori dal modus operandi di chi ottenne quelle dichiarazioni, l’ex moglie di Re Carlo III disvelò comunque il suo dolore e mostrò le ferite aprendo le stesse porte che oggi non fermano “Harry e Meghan” .

“Harry e Meghan”: le accuse di sensazionalismo

Chi si aspettava nomi, cognomi e rivelazioni è sicuramente rimasto deluso da questa docuserie che somiglia più al tentativo estremo di una normalizzazione.

Harry e Meghan cercano di apparire per ciò che sono sempre stati, anche celati sotto le vesti di Duchi; conservano quell’ironia con cui affrontarono la prima “riverenza” di Meghan alla Regina; restano uniti in quella fede reciproca che gli ha consentito di “portare il peso” e superare anche gli “inganni della stampa”.

Più in profondità questa coppia si oppone a ciò che il mondo nega loro. Quando ancora non erano sposati, Meghan denunciò gli assedi dei paparazzi alla polizia, malgrado ne subisse la pressione costante, le fu negata qualunque tutela perché il suo ruolo si presumeva causa ed effetto delle azioni della stampa.

Non si tratta una sensazionalistica rievocazione del destino triste di Lady D, il racconto di Meghan è, invece, la dimostrazione che la storia insegna e sulle tracce del passato il futuro può essere condotto diversamente. Nel caso di Harry e Meghan il futuro li ha condotti “altrove”.

Etichetta, rigore e formalità sono diventate un prezzo troppo grande quando Meghan è stata messa in discussione per il suo stesso essere. È stato allora che Harry ha colto le rinunce della moglie e forse ha potuto porsi in una prospettiva nuova riscrivendo la storia della sua vita.

Il corso storico è stato bloccato impedendo la riproposizione di uno schema già visto con Diana. È così che questa coppia ha rotto un sistema credendo fortemente che la libertà resta, ovunque e sempre, un valore non negoziabile.

Questo documentario non è una storia per chi ama Harry e Meghan e nemmeno è, per chi già li odia, un’opportunità di denigrarli ancora di più: esso è un punto di vista.

Ritrovarsi nelle proprie radici e nella consapevolezza di come siano state avvolgenti, quasi come serpenti costrittori, non è una resa cinematografica di una pagina di storia,  è, all’opposto, la declinazione di un sentimento profondamente doloroso. Nella revisione del proprio vissuto Harry e Meghan si somigliano, non per contesto o dinamiche, quanto per intensità: entrambi hanno tanto da raccontare.

L’intera narrazione del documentario non è condotta sulla falsariga di una storia romantica, è il resoconto di una scelta che è uscita dai confini del personale dal momento che chi la vive, “Harry e Meghan”, fa parte di un sistema dove l’identità ha un valore relativo. I Reali sono “le Teste Coronate” prima di essere Harry, William, Carlo, Diana, eccetera, ovvero l’istituzione che incarnano li sormonta.

In conclusione, guardate la serie non con l’intenzione di essere spettatori di un grande fratello o di scavare nel torbido dei reali inglesi,  fatelo, invece, con l’idea di osservare il passato che si ricongiunge al presente, a suo modo, con un passo comune e familiare.

Osserverete una verità: il danaro, la fama, la gloria non fanno la felicità di chi vive con fatica il proprio dolore restando continuamente teso nell’intenzione di superarlo. 

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Credit foto: LaPresse