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Vita da Mamma: la rubrica di Federica Federico

Adolescenza
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Vamping: che cos’è e come fermarlo, allarme tra i preadolescenti

I pericoli nascosti del vamping, moda dilagante tra i preadolescenti e spesso sconosciuta ai genitori.

I pericoli nascosti del vamping, moda dilagante tra i preadolescenti e spesso sconosciuta ai genitori.

L’allarme è partito dai pediatri che per primi hanno constatato un crescente affaticamento nei preadolescenti, una diffusa sintomatologia da deprivazione del sonno con conseguenti alterazioni dell’umore, calo dell’attenzione e del rendimento scolastico. Non è un patogeno a causare tutto questo, ma una moda dilagante tra i giovanissimi e spesso sconosciuta ai genitori, ignota almeno sino all’emergere dei sintomi: si tratta del Vamping.

Che cos’è il Vamping

Per Vamping si intende la pratica di restare attivi sui social (e quindi svegli) fino all'alba condividendo post, stati, inviando messaggi, partecipando a giochi o vedendo video online in condivisione con gli amici.

Io 04:00 del mattino;

Io 05:50 AM;

Io 06:00 Buongiorno Mondo;

sono questi alcuni esempi di stories e stati a tema #vamping, mentre l’hashtag riporta solo a info per i genitori, con poco appeal sui ragazzi.

I preadolescenti vivono il Vamping perché:

  • sono affascinati dalla sfida alla notte condivisa virtualmente con gli amici,
  • sentono di sfuggire al controllo dei genitori che molto spesso non si accorgono del fatto che i figli sono svegli e attivi nel mondo virtuale,
  • infine violano una regola sociale e domestica alimentando le sensazioni condivise con i coetanei di forza fisica e capacità di autocontrollo. Queste percezioni, però, fanno presto a svanire quando gli effetti della deprivazione del sonno predominano.

Principali sintomi del Vamping

  • Incapacità di staccarsi dal mondo virtuale gestendo un corretto ordine delle priorità e passando dalla evasione virtuale ai dover del mondo reale senza traumi né alterazioni;
  • Sovrapposizione dei due mondi (virtuale e reale) con conseguente ansia da disconnessione;
  • Ritardo importante nell’addormentamento con conseguente perdita delle ore di sonno e squilibrio del naturale ciclo biologico;
  • Nervosismo, aggressività, irritabilità;
  • Calo della concentrazione;
  • Sonnolenza.

Origini del Vamping

Sul panorama internazionale il Vamping non è una pratica recente, l’allarme dei pediatri fu rintracciato e dibattuto già dal New York Times nel 2014. Nell’articolo firmato da Laura M. Holson i ragazzi sono definiti i “vampiri dei social media”, da cui Vamping. Il fenomeno è cresciuto di pari passo con l’accesso dei più giovani all’uso autonomo dello strumento tecnologico.

Abbiamo dato il cellulare a bambini e ragazzini senza considerare che l’accesso alla rete ha implicazioni emotive importanti e che l’attaccamento a questo strumento ha altrettante conseguenze, anche in termini di difficoltà ad emanciparsi da esso come di difficoltà a gestirlo. Il Vamping lo dimostra: induce i pre-adolescenti e gli adolescenti ad andare a letto con la consapevolezza di non addormentarsi per vivere la rete lungamente e di notte. Il corpo è immobile e la mente corre, il ragazzo è in casa e nel suo letto, ma non necessariamente è in una condizione complessivamente sicura o sana.

Già nel Febbraio 2017 una ricerca condotta dall’Osservatorio Nazionale Adolescenza parlava apertamente di nuove dipendenze con riferimento alla tendenza degli adolescenti alla iper-connessione. La Pandemia ha aggravato l’inclinazione ad evadere e isolarsi nella rete.

Che cos’è la iper-connessione e come combattere il Vamping

Si intende per iper-connessione una tendenza a restare nella rete costantemente, di fatto i ragazzi sono come intrappolati nella connettività. Più aumenta l’effetto catalizzatore della condivisione, esposizione e partecipazione al virtuale, più cresce la fascinazione del web e più diventa difficile, soprattutto per i bambini e i ragazzi, gestire i tempi di connessione e creare una scala di priorità tra reale e virtuale.

Un disequilibrio tra questi due mondi, nonché tra l’agire e il vivere nell’uno e nell’altro contesto, porta con sé dei pericoli.

Noi per primi, come genitori, commettiamo l’errore di anestetizzare i bambini, anche piccolissimi, attraverso l’uso dello schermo: tablet, cellulari e tv diventano facilmente babysitter elettroniche anche molto più che occasionali.

Da un punto di vista neuro-pedagogico i bambini non andrebbero esposti agli schermi elettronici prima dei 2 anni e la ragione è scientifica:

  • gli input che le immagini prodotte da siffatti strumenti inviano al cervello di un bimbo sono molto più veloci delle sue sinapsi. Il cervello di un bambino, infatti, non è teoricamente in grado di processare stimoli ad una velocità pari a quella dei suoni e delle luci di un videogioco, di un video o di un cartone animato.
  • La lunga esposizione a queste stimolazioni interferisce con la percezione naturale della vita reale: a confronto con il mondo tecnologico, il mondo circostante sembra lento agli occhi del bambino, appare, quindi, anche meno interessante e meno attrattivo.
  • In termini diversi questo allontanamento dal mondo reale (in favore del calarsi nel mondo virtuale) interessa anche il bambino più grande e il preadolescente che nella rete trovano un accesso illimitato a ogni sapere largamente considerato.
  • Le chiavi di lettura di ciò che la rete mette nella disposizione del bambino non sono sempre cristalline, che anche questo sia considerato dai genitori!

Ad ogni modo, è nella moltitudine del web che la noia non è più la causa della ricerca del diversivo dentro lo schermo, ma essa si estende, in senso opposto, a tutto quello che non è dentro internet e dietro lo schermo. I ragazzi senza il cellulare si annoiano, non sanno più che fare, non sono in grado di riempire il “vuoto del mondo”. È qui che insorge la dipendenza, l’incapacità di allontanarsi dal mezzo tecnologico, l’ansia da distacco da esso, le crisi di rabbia ogni qualvolta il genitore impone uno Stop.

Pertanto se i nostri figli non sanno gestire i tempi di connessione e non si staccano dal cellulare né quando è ora di mangiare, né quando devono fare i compiti o devono andare a letto, il problema sta nella iper-esposizione allo strumento tecnologico. E contemporaneamente sta a monte, ovvero nel cattivo uso dello stesso come ciuccio virtuale, come passatempo ipnotico.

Come monitorare il Vamping e limitare l’esposizione al rischio di dipendenza digitale

Il principale problema della relazione tra giovani e strumenti tecnologici sta nella impreparazione degli adulti: a differenza dei nostri figli, noi non siamo nativi digitali, abbiamo appreso la tecnologia col suo progredire e ci manca il riscontro nel lungo temine delle conseguenze del suo uso.

Spesso siamo noi per primi a fare esposizione e sfoggio della nostra parte migliore sui social; in tal caso il messaggio che lanciamo ai nostri figli è quello di un uso della rete come vetrina falsata da una patina di dorata perfezione e qualche volta di perbenismo.

Di frequente siamo noi stessi a cadere nella trappola di questo o quel giochino online che continuiamo a fare ossessivamente; il messaggio che passiamo ai nostri figli è quello di una diffusività della dipendenza. Il bambino percepisce come “normale” o tollerabile giocare a oltranza.

Non raramente anche noi cadiamo nelle fake news e ci troviamo a condividerle o a confidare in esse trasmettendo ai ragazzi, in questo modo, l’idea che quello che c’è in rete sia affidabile e non sia necessario approfondirlo e controllarlo sempre.

L’educazione digitale deve partire da una auto-educazione dei genitori.

Per esempio, è buona norma spegnere il cellulare quando ci si reca a scuola per riprendere i figli.

Sarebbe eticamente corretto smettete di postare foto dei bambini senza il loro consenso o senza debitamente considerare che in loro va formata una giusta coscienza della privacy.

Abbiate cura di istruire i ragazzi al giusto uso della rete educandoli a mantenere la debita distanza di sicurezza che impone di controllare i messaggi che la rete veicola.

In base alle vostre esigenze e possibilità, ritardate l’uso autonomo dei dispositivi tecnologici, un accesso precoce alla rete è pericoloso.

I pericolo di un accesso precoce alla rete

Alberto Pellai e Barbara Tamborini - rispettivamente psicoterapeuta dell’età evolutiva e psicopedagogia - illustrano nel loro ultimo libro i pericoli di un autonomo e non monitorato accesso precoce alla rete.

In un mondo in cui i figli smartphone free sono una specie in via di estinzione, accogliendo le impostazioni dell’ultimo lavoro di Pellai e Tamborini, Vietato ai minori di 14 anni,  proviamo qui a fare una sintesi dei più importanti motivi per ritardare l’accesso autonomo dei bambini alla rete.

  1. Il bambino può non essere pronto a gestire l’alta complessità della rete in cui si intrecciano una moltitudine di bisogni e motivazioni, chiavi emozionali e esperienze possibili.
    Gli autori dell’appena citato libro, in un passaggio efficace del loro scritto, evocano l’immagine di un bimbo di 10 anni a cui è concesso di andare da solo a scuola coprendo a piedi un tratto di strada cittadina o di raggiungere in autonomia la vicina casa dell’amico; a questo stesso bambino la mamma non permetterebbe, però, di prendere il treno per arrivare nel capoluogo di provincia e trascorrere lì una giornata da solo. Evidentemente la mamma del nostro esempio permette al suo bambino di accedere alle competenze e alle esperienze per le quali ritiene sia pronto fisicamente e mentalmente. Mentre, la stessa, tutela il bambino da ciò che reputa eccessivo.
    La rete è più del capoluogo di provincia, essa è una megalopoli per un accesso sicuro ad essa il bambino deve avere più competenze:
    - deve saper distinguere le esperienze e la loro compromissione emotiva,
    - deve saper valutare le circostanze e le persone, nonché la loro pericolosità potenziale,
    - deve mantenere delle cautele in termine di esposizione di sé e di gestione dei dati sensibili,
    - senza contare che deve conoscere i meccanismi-tecnicismi della rete.
     
  2. L’attrattiva della rete, il suo potere seduttivo e coinvolgente possono impedire al bambino di strutturare un proprio ordine di priorità compatibile con gli impegni scolastici, le necessità di socializzazione e realizzazione sociale, nonché di sviluppo psicologico.
    Pertanto, come genitori, abbiate cura di stabilire delle regole per cui l’accesso alla rete abbia degli orari e delle finalità determinate.
    Considerate inoltre che il cervello del bambino si sviluppa sulla base delle esperienze che pratica nel mondo. Se la vita di vostro figlio si concentra nell’online, le esperienze che compirà nel mondo esterno gli sembreranno secondarie e l’attrattiva verso la rete diventerà sempre maggiore, più distrattiva e catalizzante potendo dare luogo a fenomeni di alienazione.
    Inoltre il cervello di un bambino al di sotto del 14-16 anni di età non ha ancora fatto abbastanza esperienza con la frustrazione, la resilienza e la gestione del tempo da essere capace di strutturare il proprio tempo staccandosi dal telefono, per esempio, per adempiere ai propri doveri, per esempio per andare a fare i compiti. Questa competenza non è una banalità.
     
  3. Troppe ore di connessione possono aumentare la sedentarietà di vostro figlio. Il corpo è statico mentre la mente corre.
     
  4. Un uso eccessivo degli schermi può danneggiare il corretto sviluppo dell’apparato visivo. Recentemente ci siamo interessati al crescete allarme miopia tra i bambini.

5. La solitudine della tastiera toglie spazio alla comunicazione corporea fatta di sguardi, espressioni visive, gesti, toni della voce e può alterare lo sviluppo empatico del bambino.

Cosa devono fare mamma e papà una volta venuti a conoscenza di questi pericoli potenziali:

  • Abbiate cura di controllare sempre le chat dei vostri figli, nonché le loro azioni di navigazione. Fate in modo che il controllo sia concordato e non avvenga come una intrusione esterna, ovvero partecipate alle attività in rete del bambino, siate la sua guida confidente e dialogante.
  • Non consentite ai vostri figli di avere password segrete sui dispositivi che utilizzano e fate in modo che il cellulare non diventi uno strumento di nascondimento, prevaricazione e sopraffazione, anche questa è educazione digitale.
  • Monitorate i livelli di stress di vostro figlio controllando che non prenda parte a giochi troppo immersivi o eccessivamente competitivi. Sono sintomi preoccupanti l’ira verso lo schermo, la rabbia urlata contro il gioco o i compagni di gioco, l’ansia da distacco dal dispositivo e le razioni smodate sia in caso di vittoria che in caso di fallimento online.
  • Fate in modo che i ragazzi non vadano a letto col cellulare, l’esposizione alla luce blu interferisce col buon sono e la stimolazione ingenerata dalle attività online ritarda l’addormentamento. Educate i bambini ad addormentarsi con qualche pagina di un buon libro.
  • Ricordate che la supervisione del figlio non si interrompe alle soglie dello schermo, vederlo fisicamente mentre muove i pollici sul cellulare non significa monitorare il suo comportamento, men che meno la ricaduta emotiva dello stesso mentre è immerso nel mondo virtuale.