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Covid, influenza e Rsv: allarme triplendemia

Dopo la pandemia da Covid-19, l’inverno 2022-2023 potrebbe essere quello della triplendemia, cioè della coesistenza di diversi virus respiratori molto contagiosi. Non c’è motivo di allarmarsi, ma soltanto di prendere le necessarie precauzioni. In primis il vaccino.

Dopo la pandemia da Covid-19, l’inverno 2022-2023 potrebbe essere quello della triplendemia, cioè della coesistenza di diversi virus respiratori molto contagiosi. Non c’è motivo di allarmarsi, ma soltanto di prendere le necessarie precauzioni. In primis il vaccino.

Avete anche voi l’impressione di essere circondati da persone raffreddate e febbricitanti, da quando le temperature eccezionalmente calde di ottobre e inizio novembre hanno lasciato spazio ai primi freddi? Potrebbe non essere solo un’impressione. Anzi, potremmo essere soltanto all’inizio di una triplendemia

Cos'è la triplendemia 

Triplendemic, tradotto in italiano come triplendemia, è il termine coniato dagli scienziati statunitensi per descrivere la situazione ritenuta più probabile per l’inverno 2022-2023. Cioè quella in cui ci sono tre virus in circolazione contemporaneamente, tutti molto contagiosi e tutti relativi all’apparato respiratorio: il Covid-19, l’influenza stagionale e il virus respiratorio sinciziale, anche noto con la sigla Rsv. 

Covid-19 

Il Covid-19 ormai non ha bisogno di presentazioni. Ci conviviamo da quasi tre anni – era gennaio del 2020 quando venne identificato il nuovo coronavirus – e tutti abbiamo fatto sacrifici, più o meno pesanti, per contenere il contagio. Le varianti che oggi sono dominanti non hanno nulla a che vedere con quella di Wuhan che innescò la pandemia. Centaurus, Cerberus e Gryphon sono state ribattezzate con questi nomi che ricordano tremende creature mitologiche ma, nei fatti, sono semplicemente delle sotto-varianti della più nota Omicron, con minime differenze l’una dall’altra. 

Tipicamente colpiscono le alte vie respiratorie, provocando inizialmente naso chiuso, mal di gola e forte mal di testa e, in un secondo momento, tosse, febbre e dolori muscolari. Talvolta a questi sintomi si accompagnano problemi intestinali. C’è la possibilità che la malattia si aggravi, rendendo difficoltosa la respirazione e alterando il battito cardiaco. Considerato che ormai il Covid-19 è molto simile a un forte raffreddore, è ancora il caso di sottoporsi al tampone? La risposta è sì; sia per tutela nei confronti degli altri, sia per avere una diagnosi certa e poter organizzare di conseguenza gli eventuali vaccini successivi.

Influenza stagionale 

Un po’ perché gli assembramenti erano vietati e un po’ perché indossavamo tutti la mascherina nei posti chiusi, negli ultimi due anni la classica influenza stagionale si è vista poco o nulla. Ora, con il ritorno delle normali occasioni di socialità, è inevitabilmente destinata a fare ritorno. 

Quest’anno saremo alle prese con l’influenza australiana, il cui picco è previsto sotto Natale con circa 250mila casi al giorno. I sintomi variano parecchio anche a seconda dell’età del paziente e di altre patologie in corso, ma tipicamente consistono in febbre alta, dolori alle ossa, mal di gola, raffreddore e inappetenza. Antipiretici e antinfiammatori aiutano a tenerli sotto controllo e superare più in fretta l’infezione. Gli antibiotici, invece, contro i virus non servono proprio a nulla; il medico li prescrive solo in quei casi, limitati e da accertare di volta in volta, in cui c’è una sovrainfezione batterica.

Rsv 

Nemmeno il virus respiratorio sinciziale (Rsv) è una novità: ci sono ottime probabilità che chiunque stia leggendo queste righe l’abbia contratto durante la prima infanzia, senza alcuna conseguenza. Già lo scorso anno, però, si è guadagnato parecchia attenzione perché ha portato a un picco di ricoveri negli ospedali pediatrici di tutt’Italia. Cosa è cambiato? Il virus all’incirca è sempre lo stesso, non è diventato più pericoloso. Semplicemente, per un anno e mezzo non ha avuto la possibilità di diffondersi, un po’ come l’influenza: non appena i bambini sono tornati a scuola e le restrizioni sono state allentate, è tornato in circolazione imbattendosi in una popolazione ormai priva di anticorpi.

Nella stragrande maggioranza dei casi, i sintomi sono quelli di un comune raffreddore e svaniscono da soli nell’arco di pochi giorni. Bisogna invece contattare il pediatra, o rivolgersi al pronto soccorso, se il bambino ha una tosse insistente che non passa, un respiro difficoltoso, sibilante o accelerato, se fa fatica a succhiare, se mostra segni di disidratazione o cianosi. I piccolini che hanno meno di due anni rischiano infatti che l’Rsv si evolva in polmonite o bronchiolite; entrambe patologie assolutamente curabili, ma con un supporto medico e qualche precauzione in più.

Quando arriva

Ma quando arriva questa triplendemia? È difficile dare una risposta, perché i dati cambiano di giorno in giorno e soltanto alla fine gli epidemiologi potranno elaborare una stima veritiera. Il periodo critico, in ogni caso, è quello invernale (dicembre-febbraio) perché le temperature sono più basse e si passa più tempo al chiuso.

Categorie a rischio e allarme degli esperti

Senza esagerazioni né allarmismi, tutti noi dovremmo prestare più attenzione ai sintomi (anche lievi) e seguire le raccomandazioni dei medici. In particolar modo se abbiamo dei bambini. Sono loro, infatti, i più esposti alla triplendemia. Innanzitutto perché frequentano asili e scuole, cioè ambienti chiusi affollati in cui non si indossa la mascherina e il contatto fisico è inevitabile. Poi perché non possono vaccinarsi contro il Covid-19 né contro il virus respiratorio sinciziale: nel primo caso il vaccino è riservato a chi ha più di 5 anni, nel secondo caso il vaccino non c’è. E la vaccinazione antinfluenzale? Quella invece esiste, è ampiamente testata ed efficace e può essere somministrata a partire dai 6 mesi, in accordo con il pediatra curante. Molti genitori però non lo sanno, oppure la sottovalutano. Così, il livello di protezione si abbassa.

Prevenzione: l'invito a vaccinarsi dell'OMS 

Di fronte alla triplendemia, il vaccino è l’arma più efficace e preziosa che abbiamo a disposizione. Abbiamo già ricordato che purtroppo non esiste un vaccino contro il virus respiratorio sinciziale, ma contro il Covid-19 e l’influenza sì: ed è davvero un peccato, oltre che un rischio, non approfittarne.

"Ogni anno fino a 500mila persone in tutto il mondo muoiono a causa di complicazioni dell’influenza. Circa il 10% di queste morti avvengono in Europa. Molte di queste vite avrebbero potuto essere salvate con un semplice gesto: effettuare la vaccinazione antinfluenzale”, ricorda Caroline Brown, Programme Manager per l'influenza e altri agenti patogeni respiratori dell’Ufficio Regionale per l’Europa dell’Organizzazione mondiale della sanità (Oms). "Ogni anno”, continua, “sono almeno 30 milioni le persone residenti nel continente europeo che decidono di vaccinarsi. Tutti coloro che hanno più di 65 anni, presentano problemi di salute preesistenti, sono in stato interessante o lavorano come operatori sanitari dovrebbero fare lo stesso”.

Foto copertina: hbrhs/123rf.com