Psiche
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Discriminazione sanitaria e prevenzione oncologica nella popolazione transgender

Sul piano delle protezioni contro l’omofobia e l’omotransfobia non ci siamo proprio: senza ancora una legge che condanni i crimini d’odio verso questa categoria di persone, anche la domanda di cura delle persone trangender è spesso disattesa o di approccio discriminatorio. Ma in Italia una realtà virtuosa c’è ed è un apripista per il resto d’Europa.

Sul piano delle protezioni contro l’omofobia e l’omotransfobia non ci siamo proprio: senza ancora una legge che condanni i crimini d’odio verso questa categoria di persone, anche la domanda di cura delle persone trangender è spesso disattesa o di approccio discriminatorio. Ma in Italia una realtà virtuosa c’è ed è un apripista per il resto d’Europa.

Subire limitazioni all’accesso all’assistenza sanitaria è una forma di discriminazione, una diseguaglianza di diritti cui costantemente le persone transgender sono sottoposte e che viene vissuta sulla propria pelle come un vero stigma sociale.

Se le differenze biologiche e socioculturali come determinanti di salute per garantire equità e appropriatezza della cura sono appannaggio della Medicina di genere, un passo avanti ancora richiede da parte della società la consapevolezza della necessità di un’attenzione più inclusiva al benessere dei suoi cittadini che si identificano nella comunità LGBTQI+.

Alla T dell’acronimo dobbiamo però fermarci un momento: Transgender, infatti, è un termine a sua volta “ombrello” usato per descrivere persone la cui identità di genere o espressione di genere differiscono in base al sesso assegnato alla nascita. La comunità transgender non è un monolite e i singoli individui hanno diversi orientamenti sessuali, espressioni di genere e identità di genere: le identità transgender non dipendono, dunque, dall'aspetto fisico o dalle procedure mediche.

In America la copertura assicurativa sanitaria ha per lungo tempo mantenuto dei vuoti rispetto alle necessità mediche della popolazione transgender con conseguente aggravamento della condizione globale di benessere di questa fascia, com’è documentato, e se l’amministrazione Trump aveva posto una stretta limitando la protezione per persone gay e transgender nel 2020, il presidente Biden ha da subito nel 2021 ripristinato il divieto di ogni forma di discriminazione nelle cure.

In Italia è stato con lo scontro intorno al ddl Zan che nei mesi scorsi l’opinione pubblica ha potuto riflettere su quali siano i reati aggravati da motivazioni discriminatorie basate sull’orientamento sessuale e l’identità di genere, di conseguenza, quali siano le forme di protezione e tutela delle minoranze oggetto di disuguaglianze. Anche in fatto di diritto alla salute. Studi e indagini hanno da tempo evidenziato come la mancanza di competenze culturali e specialistico-sanitarie nel comprendere i bisogni della popolazione transgender possa rappresentare una barriera nell’utilizzo dei servizi sanitari da parte di questa fascia di popolazione. In Italia una luce brilla nel buio normativo e a dispetto dello stallo del dibattito politico, esiste un portale istituzionale, il primo in Europa, che fornisce ai cittadini informazioni giuridiche e sanitarie facilmente accessibili e comprensibili dedicate alle persone transgender, Infotrans.it: è nato dalla collaborazione tra l’Istituto superiore di sanità (ISS) e l’Ufficio Nazionale antidiscriminazioni razziali - Presidenza del Consiglio dei Ministri (UNAR).

Tra gli scopi del servizio non soltanto c’è l’abbattimento dei pregiudizi e la piena inclusione sociale, ma l’informazione e la sensibilizzazione in ambito di benessere e salute. Ce ne parla Marina Pierdominici, referente del Centro di Medicina genere-specifica dell’Istituto superiore di Sanità.

Quali sono le discriminanti legate alla salute transgender e com’è gestita la presa in carico a livello territoriale di specifiche necessità specialistiche?

La popolazione transgender, variegata nella sua composizione e con bisogni di salute eterogenei, ancora oggi incontra difficoltà di accesso all'assistenza sanitaria e a risorse considerate determinanti nel settore sanitario come l'istruzione, l'occupazione, l'alloggio con conseguenze allarmanti in termini di salute. Una recente indagine condotta dall’agenzia dell’Unione europea per i diritti fondamentali sulle discriminazioni nella popolazione LGBT+ ha evidenziato come nella vita di tutti i giorni il 60% delle persone transgender intervistate si è sentita discriminata nei dodici mesi precedenti l’intervista (2019), incluso l’utilizzo dei servizi socio-sanitari. In tale contesto è necessario ricordare che le persone transgender condividono molte delle esigenze sanitarie della popolazione generale, ma possono avere anche peculiari necessità specialistiche, come quelle correlate alla terapia ormonale e/o alla chirurgia di affermazione di genere. Tra le criticità da affrontare vi è una disomogenea distribuzione sul territorio italiano dei servizi sanitari dedicati alle persone transgender, in particolare a quelle persone transgender che decidono di affrontare un precorso medico di affermazione di genere. I servizi sanitari dedicati alla presa in carico delle persone transgender sono dislocati prevalentemente nell’Italia del nord, come mostrato nella Mappa dei Servizi su Infotrans.it, portale nato dalla collaborazione tra l’Istituto superiore di sanità (ISS) e l’Ufficio nazionale anti discriminazioni razziali della Presidenza del Consiglio dei Ministri (UNAR). La disomogeneità nella distribuzione dei servizi sanitari crea forti diseguaglianze tra gli abitanti di alcune regioni italiane rispetto ad altre. Un esempio rappresentativo riguarda l’applicazione delle Determine AIFA n. 104272/2020 e n. 104273/2020 (G.U. n.242, 30 settembre 2020) in base alle quali la terapia ormonale di affermazione di genere per le persone transgender è stata inserita nell’elenco dei medicinali erogabili a totale carico del Servizio sanitario nazionale (SSN), previa diagnosi di disforia/incongruenza di genere formulata da una equipe multidisciplinare e specialistica dedicata: gli utenti che hanno la possibilità geografica o economica di frequentare un centro clinico dedicato saranno maggiormente favoriti nell’ottenere un appropriato accesso ai servizi sanitari e la gratuità del trattamento ormonale; viceversa, gli utenti che non possono beneficiare di questi servizi, avranno una più alta probabilità di essere vittima di discriminazione e/o di esclusione sociale, ricorrendo talora all’auto-somministrazione di preparati ormonali acquistati al mercato nero con grave rischio per la salute.

A ciò si aggiunge la scarsità o assenza di formazione del personale socio-sanitario in tema di identità di genere e salute. In particolare, dati internazionali e nostri dati in corso di pubblicazione hanno evidenziato che la mancanza di conoscenze in tema di benessere e salute della popolazione transgender - a partire dall’uso di una terminologia inappropriata - da parte del personale sanitario, rappresenta tra le maggiori criticità riscontrate dagli utenti nell’accesso ai servizi sanitari. D’altra parte, lavorare con le persone transgender richiede specifiche competenze che i percorsi formativi non forniscono. A oggi, infatti, la formazione degli operatori sanitari in questo senso è lasciata per lo più all’iniziativa e alla sensibilità personale. Alle problematiche descritte si aggiungono ostacoli burocratici, ad esempio il fatto che l’amministrazione sanitaria assume una concordanza tra sesso e genere. Ne consegue ad esempio che le persone transgender che hanno cambiato il loro genere legale hanno difficoltà ad accedere allo screening per malattie che sono codificate come "specifiche per genere" (ad es. screening del cancro all’utero per gli uomini transgender). Infine, sebbene la chirurgia di affermazione di genere sia coperta dal SSN, l’accesso a tale chirurgia, sulla base della legge 164/82, deve essere autorizzato da un tribunale sulla base di una solida documentazione medica che può avere un costo considerevole. Inoltre, il fatto che l'accesso alla chirurgia di affermazione di genere richieda l'autorizzazione aumenta i tempi di attesa per un intervento chirurgico (più di 12 mesi).

Prevenzione e salute: Quali sono i programmi di screening cui la popolazione transgender deve sottoporsi?

In generale, i programmi di screening sono percorsi di prevenzione e diagnosi precoce gratuiti e attivi tutto l’anno rivolti alla popolazione generale e a oggi riguardano il tumore al seno, alla cervice uterina e al colon retto. Aderire a tali programmi può risultare più difficoltoso per le persone transgender per motivi diversi (ad esempio difficoltà di accesso dopo rettifica anagrafica, discriminazione o stigma). Per quanto riguarda il tumore al seno, per le persone con sesso assegnato alla nascita femminile che si sono sottoposte a un intervento di mascolinizzazione del torace, lo screening dedicato è importante perché, nonostante l’intervento, una piccola porzione di ghiandola mammaria può rimanere. Inoltre, lo screening è importante per coloro che, pur non avendo fatto l’intervento di mastectomia, stanno assumendo terapia ormonale mascolinizzante, poiché sono descritti casi di tumore al seno anche in queste persone.

Per quanto riguarda il tumore della cervice uterina, è importante ricordare che esiste uno stretto legame tra questo tumore e l'infezione da parte di alcuni ceppi di papilloma virus umano (HPV), definiti "ad alto rischio". Il virus si trasmette attraverso i rapporti sessuali e la prevenzione, come per tutte le altre infezioni sessualmente trasmesse, è data dall’uso corretto del preservativo. Esiste inoltre una vaccinazione che garantisce la protezione da questa infezione. Tuttavia, anche se si è vaccinati per l’HPV, è importante sottoporsi allo screening cervicale. Altrettanto importante è lo screening del tumore del colon-retto che prevede per tutte le persone di specifiche fasce di età registrate presso il Servizio sanitario nazionale un controllo periodico.

Infine, da ricordare è l’importanza della prevenzione del tumore della prostata nelle persone con sesso assegnato alla nascita maschile. In particolare coloro che hanno effettuato un intervento di vaginoplastica con lembo peno-scrotale o colonvaginoplastica mantengono la prostata, pertanto possono soffrire di malattie a carico della prostata (per esempio il tumore della prostata). Si consiglia di rivolgersi al proprio medico di medicina generale o specialista referente per programmare, sulla base delle caratteristiche individuali (età, fattori di rischio), un’eventuale analisi per la diagnosi precoce.

Per ulteriori dettagli relativi a come funzionano i test di screening e a chi si rivolgono è utile consultare il sito Infotrans.it nella sezione salute e benessere.

Esiste, dal vostro osservatorio, sufficiente consapevolezza e competenza sulle questioni legate alla Medicina di genere con particolare attenzione alla popolazione transgender?

L’Osservatorio per la Medicina di Genere comprende un gruppo di lavoro dedicato alle diseguaglianze di salute legate al genere che ha tra le popolazioni target anche la popolazione transgender. E’ comunque importante ricordare che anche gli altri gruppi in cui l’Osservatorio è organizzato (percorsi clinici, ricerca e innovazione, formazione universitaria e aggiornamento del personale sanitario, comunicazione e informazione, farmacologia di genere) pongono attenzione, attraverso un lavoro di rete e con l’eventuale supporto di esperti nominati ad hoc, alle questioni relative al benessere e alla salute della popolazione transgender in linea con quanto scritto nella prima parte del Piano per l’applicazione e la diffusione della Medicina di Genere che invita a considerare le criticità relative allo stato di salute di questa fascia di popolazione.

Tipsby Dea

“Cancro al seno nella popolazione transgender": lo studio olandese

I ricercatori del VU University Medical Center di Amsterdam hanno pubblicato nel 2019 sul British Medical Journal un interessante studio sull'incidenza e le caratteristiche del cancro al seno nelle persone transgender nei Paesi Bassi rispetto alla popolazione generale olandese.

Questo studio ha coinvolto 2260 donne transessuali e 1229 uomini transgender che hanno ricevuto un trattamento ormonale per l’affermazione di genere e ha mostrato un aumento del rischio di cancro al seno nelle donne trans rispetto agli uomini cisgender e un rischio inferiore negli uomini trans rispetto alle donne cisgender. Nelle donne trans il rischio di cancro al seno è aumentato in una durata relativamente breve del trattamento ormonale e le caratteristiche del cancro al seno, nei casi oggetto di ricerca, assomigliavano a un modello più femminile ed emerge nell’ascolto dei soggetti coinvolti come le informazioni sul rischio di cancro al seno nelle persone transgender siano ancora limitate e poco conosciute mentre le linee guida generali sui programmi di screening dedicati a questa malattia sono adeguate anche per popolazione transgender che ha effettuato e sta effettuando la terapia ormonale.