Psiche
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Cos’è la sindrome dei corpi multipli

Siamo nell'era del "tutto è possibile", compreso modificare in modo estremo il proprio corpo, dopo "averlo messo alla prova" con un filtro sui social. Il dottor Alfio Maggiolini: «Dobbiamo aiutare i ragazzi a costruire un'identità orientata al senso di futuro». 

Siamo nell'era del "tutto è possibile", compreso modificare in modo estremo il proprio corpo, dopo "averlo messo alla prova" con un filtro sui social. Il dottor Alfio Maggiolini: «Dobbiamo aiutare i ragazzi a costruire un'identità orientata al senso di futuro». 

La sindrome dei corpi multipli è l’ultimo effetto dei social che sta contaminando le vite di adolescenti, ma non solo. L’uso sempre più estremo di filtri virtuali che modificano l’immagine in video, sta producendo una specie di scollamento tra il corpo reale e quello virtuale, spingendo gli utenti a ricercare anche al di fuori dello schermo le fattezze restituite dall’algoritmo sullo schermo. Secondo uno studio dell’Università di Cassino questa sindrome colpisce il 50% dei giovani al di sotto dei 14 anni, fascia d’età in cui il corpo che si ha non piace quasi mai. Tuttavia, se in passato ci si esasperava e si lavorava con trucco e vestiti per inseguire il proprio ideale estetico, alla ricerca dell’approvazione sociale, ora il rischio è arrivare a rifiutare il corpo reale, inseguendo – costi quel che costi – quello virtuale. 

Cos'è la sindrome dei corpi multipli 

Simone Digennaro, PhD, Ricercatore e Educatore Professionale, Presidente dei Corsi di Laurea in Scienze Motorie, ha coordinato una ricerca per l'Università di Cassino che ha fatto emergere l'esistenza della sindrome dei corpi multipli. Si tratta dell’utilizzo massiccio dei social da parte di una fascia sempre più ampia di adolescenti. Questa tendenza li porta a considerare il proprio corpo come una somma di rappresentazioni e d’immagini, da adattare e modellare a seconda dei propri gusti e desideri.  
I dati riferiscono che il 50% dei giovani under 14 usa i filtri messi a disposizione dai social per modificare la propria immagine e il 42% di loro vorrebbe essere nella vita reale così come appare quando li utilizza. 

Secondo Digennaro, la nostra epoca sta vivendo «un’esaltazione dell’apparenza nella ricerca di un’approvazione sociale e nel tentativo di replicare modelli socioculturali che esaltano ideali di bellezza, di apparenza, assieme a canoni estetici fortemente artati». 

Intervista al dottor Alfio Maggiolini, psicoterapeuta del Minotauro di Milano 

Adolescenti che non "sopportano" il proprio corpo: un fenomeno da sempre scritto nella storia umana. Come funziona? 

Gli adolescenti hanno difficoltà ad adattarsi ai cambiamenti del corpo. In passato, questo disagio colpiva più le ragazze che i ragazzi, a causa di cambiamenti più dolorosi ed evidenti. Si può affrontare questo passaggio in modi diversi. In alcuni casi il rapporto con il corpo può essere attivo, ma non è un rifiuto. Lo si abbellisce per accettarlo, per sentirsi più belli. È un lavoro di attenzione all'immagine del corpo che non nasce da un impulso distruttivo, ma estetico Poi ci sono degli adolescenti che lo attaccano, che praticano l’autolesionismo o sviluppano disturbi alimentari, che corrisponde a un rifiuto del corpo. 

I social offrono una modifica temporanea. Quali sono i danni sulla psiche degli adolescenti che li usano? 

Se parliamo di estetica, ci sono due aspetti da distinguere. A volte ha a che fare con il bello, che ha a che fare con l'attrazione, la sensualità, l'identità di genere. Poi c'è un'altra parte, che riguarda la dimensione dell'identità sociale. Il corpo dice chi sei, quanto vali, quanto sei sfigato o figo. Abbellire il corpo e segnalare la sua trasformazione, guadagnando la propria identità sociale è una cosa che esiste da sempre. I riti iniziatici avevano la funzione di segnare i passaggi verso l'età adulta. Oggi molto avviene attraverso le immagini: non è solo il mio corpo reale che si presenta agli altri reali, ma posso virtualizzarlo ed estrarre l'immagine. Può essere manipolato. Questo aspetto, fa una differenza. 

Quale? 

È come se staccassi a realtà del corpo dalla sua immagine.  

Può essere rischioso? 

Sì, perché un adolescente dovrebbe arrivare a integrare l'immagine con la realtà. Se si stacca il corpo reale dal virtuale, non c'è più continuità tra l'immagine che uno ha di sé e l'immagine reale che può dare agli altri. È un rischio che va contro l’esigenza evolutiva.  

Si può arrivare anche a condizionare la propria immagine reale, ricreando l’ideale estetico virtuale attraverso la chirurgia plastica. Del resto, è boom di interventi di botox per labbra e viso anche tra adolescenti... 

È un esempio estremo di come, invece di avere un'immagine che esprime chi si è dal punto di vista estetico – anche l'apparire conta – oggi il virtuale determini il reale. È come se l'immaginario prevalesse. Succede perché la virtualità delle relazioni le rende più vere di quelle vissute al di fuori degli schermi. Quindi è come se l'identità in costruzione dentro i social, la dimensione immaginaria dell'identità, parte importante ma non unica, assorbisse le altre funzioni.  

L'apparire può diventare uno scopo? Se sì, quali sono le conseguenze a lungo termine? 

Certamente, ci si costruisce un'identità e una professione anche attraverso l’apparire. È un fenomeno sempre esistito: è quello che hanno fatto attori e modelli. Sono professioni in cui l'apparire è al centro di tutto. Però oggi questa dimensione rischia di diventare pervasiva. Fa percepire la possibilità che tutti possano apparire e recitare.  

Apparire in un certo modo, grazie a un filtro, è anche un mezzo per ottenere approvazione sociale. In un mondo in cui l'individualismo impera a scapito del principio di solidarietà comunitaria, a che serve ancora l'approvazione sociale? 

L'approvazione sociale serve sempre. È un'illusione pensare che una persona possa farne a meno. In un tempo in cui l'identità sociale non è data dalle radici e dall'appartenenza comunitaria, si cerca quel senso di comunità altrove, alimentandolo con i like. Ed è proprio la mancanza del senso di appartenenza comunitaria che aumenta il bisogno di approvazione sociale. L'individualismo e la ricerca di “mi piace” sono due aspetti speculari. All’opposto, si costruisce la propria identità in base all'appartenenza a una comunità e a un tessuto comunitario. 

Come si possono ricondurre le nuove generazioni a un'esistenza fatta di scopi concreti, eticamente orientati? 

Bisogna contribuire a costruire un'identità orientata al senso di futuro, di appartenenza sociale. In molti casi i ragazzi hanno l'appartenenza familiare, ma poi c’è solo un vasto orizzonte vuoto, che si riempie di virtuale. La scuola non riesce più a fornire il senso di appartenenza che aveva in passato e non è facile trovare altri luoghi in cui sentirsi accolti. Se non c'è un contesto sociale che struttura l'identità, che fa vedere loro chi possono essere, che mostra un futuro possibile, che aiuta a sviluppare competenze, insomma se fuori da casa non ho niente a parte un centro commerciale, dove si può trovare quel senso di accoglienza sociale, che aiuta a costruire l'identità sociale? Non resta che andare online.