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Single shaming: come combattere la "vergogna" della solitudine

Quante volte ti hanno fatta sentire in difetto solo perché eri single? In tutti questi casi, hai sperimentato il single shaming: vediamo cos'è e cosa fare per contrastarlo. 

Quante volte ti hanno fatta sentire in difetto solo perché eri single? In tutti questi casi, hai sperimentato il single shaming: vediamo cos'è e cosa fare per contrastarlo. 

Hai presente quei momenti in cui, almeno una volta all’anno, ti ritrovi con i parenti che, durante il resto dell’anno, non sanno praticamente niente di te? Mai una chiamata, mai un SMS, mai un piccione viaggiatore partito per sbaglio, per te, per chiederti Come stai? Eppure, nonostante i vostri rapporti si riducano a una manciata di commenti su quanto sia buono il cibo in occasione di una specifica ricorrenza e sul fatto che sì, anche stavolta avete esagerato, alla fine i riflettori sono puntati sempre su di te.

«E allora, quando ce lo presenti?». All’improvviso ti senti come se ti mancasse qualcosa, come tutti stessero guardando la sedia accanto a te, che è vuota. Solo che tu sei da sola e a dirla tutta, non hai nessun problema a esserlo. Perché allora inizi a vergognarti? Episodi simili hanno un nome: single shaming. Vediamo di capire insieme in cosa consista, perché susciti uno stato d’animo così disagiante e cosa puoi fare per contrastarlo.

Cos’è il single shaming

Single shaming significa letteralmente “far vergognare qualcuno di essere single”, condizione che, solitamente, viene in un certo senso aggravata, agli occhi di chi ci giudica, dal fattore età. La vergogna diventa così direttamente proporzionale a quanti anni sono passati da quando hai superato i 30.

I tuoi parenti pensano ci sia qualcosa che non vada in te. Perché sei rimasta sola dopo i 30 anni? Perché non ti stai ancora occupando minuziosamente dei preparativi per le tue nozze? Perché non racconti a tutti quanto sia stata pazzesca la tua luna di miele?

Così, ti ritrovi a pensare a cosa ci sia di sbagliato in te, ai perché le tue scelte ti abbiano portata a sederti a quel tavolo da sola, senza un anello al dito che dimostri che ce l’hai fatta, che hai raggiunto il traguardo tanto ambito.

Ma perché, allora, ti chiedi, tu sei una zitella che non ha ancora trovato l’uomo della sua vita, mentre tuo fratello, che ha pure più anni di te, è lo scapolo d’oro che tutti invidiano perché, giustamente, che ci vuoi fare, è fatto così?

Il single shaming è un problema sociale

Il single shaming è la conseguenza di una società contrassegnata da ritmi ben serrati: nasci, cresci, studi, ti sposi, fai un figlio, pensi al suo futuro e il loop ricomincia. Una macarena tramandata di generazione in generazione, dove sei vai fuori tempo e cambi passo, sei quello sbagliato, che non ha capito come si balla.

È il frutto di discriminazioni etiche e di pregiudizi radicati che portano a mettere un’etichetta sulla testa di chi non ha un partner. È single, poverino, chissà quanto si sentirà solo. Ma essere single e solitudine sono due concetti ben diversi. E poi... in quanti si sono sentiti tanto soli pur avendo una relazione?

Perché, allora, dovresti sentirti in colpa e provare vergogna se in realtà stai benissimo nella situazione in cui ti trovi? Perché i tuoi parenti devono compatirti con la frase «Ti meriti la felicità», quando tu lo sei già, single e felice, nonostante i giudizi, le frecciatine, gli anni.

Da una ricerca di Match emerge che il 52% degli intervistati ha sperimentato il single shaming dopo la pandemia. Di loro, il 38% racconta che gli altri hanno provato pietà nei suoi confronti per il fatto che non avesse un partner o che vivesse da solo, nonostante il 59% di loro si sentisse perfettamente a proprio agio nel proprio stato di “singletudine”.

Come combattere il single shaming

Single non è sinonimo di tristezza, solitudine, appiattimento. Essere single non significa essere la sfigata di turno, quella a cui non gliene va mai una buona, probabilmente, per colpa sua.

Nel corso degli anni, le domande a bruciapelo sull’argomento potrebbero diventare sempre più infuocate. Cosa potresti fare allora per non essere sempre vittima di single shaming e ritrovarti a mettere in discussione la tua intera esistenza?

Intanto, non te la prendere. Per alcuni sei e resterai sempre quella che viene giudicata per il suo stato coniugale e nulla più. Ricorda che, però, non devi dimostrare niente a nessuno. E soprattutto, non hai bisogno di giustificarti per il fatto di essere single.

Cosa (e come) rispondere a chi ti mortifica

Se le domande sulla tua vita sentimentale dovessero diventare troppo pesanti, ci sono alcune cose che potresti fare. Prima di tutto, un bel respiro profondo (e magari contare fino a 10 prima di aprire bocca). Rispondere a tono o in modo acido non farà altro che confermare l’opinione che loro hanno di te. Non devi per forza smontargliela e fargli vedere che single può essere davvero tante cose che non siano commiserevoli.

Per uscirne:

  • potresti per esempio cambiare argomento e parlare di un viaggio incredibile che - pensa un po’ - hai fatto proprio da sola. Stuzzica la loro curiosità e poi fai in modo che siano loro a parlare, ma di altro: dei loro problemi di coppia, per esempio!
  • o ancora, potresti tranciare subito la conversazione con un semplice «Non ho voglia di parlare di queste cose».

In questo modo, però, non faresti altro che schivare la questione e spostare l’attenzione su qualcos’altro. Ma sai che c’è? Prova a dire quello che pensi davvero e non lasciarti condizionare da opinioni che non ti appartengono.

Non cambiare frequenza, viaggia alla tua. Quella dell’autenticità e della consapevolezza. Perché non devi “sistemarti” a tutti i costi se sei già a posto così come sei. Una donna libera, fiera, sicura delle sue scelte, alla quale non manca di certo un pezzo per riuscire a stare bene.