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Cuocere la pasta a fuoco spento: pro e contro

Il dibattito culinario delle ultime settimane è stato infiammato dalla polemica circa le modalità di cuocere la pasta. E voi da che parte state?

Il dibattito culinario delle ultime settimane è stato infiammato dalla polemica circa le modalità di cuocere la pasta. E voi da che parte state?

La crisi energetica tiene banco da mesi e, con essa, anche i rimedi casalinghi per risparmiare su bollette di luce e gas. Tra gli espedienti che hanno infiammato il dibattito nelle ultime settimane c'è la cottura passiva della pasta. A rispolverare il concetto – perché, prima di lui, ci aveva pensato Dario Bressanini – è stato niente meno che il premio Nobel per la fisica Giorgio Parisi. Molti si sono schierati in suo favore, ma tanti altri hanno spiegato perché questa tecnica della cottura passiva non può darci lo stesso risultato della pasta cotta alla vecchia maniera. Abbiamo raccolto qui tutti i pezzi della polemica: e voi, da che parte state?

La cottura passiva secondo Giorgio Parisi

All'inizio di settembre Giorgio Parisi ha pubblicato questo post.

«La cosa più importante è tenere il COPERCHIO sempre, il calore si perde moltissimo per evaporazione». E da questa prima affermazione parte la ripresa del metodo spiegato da Alessandro Busiri. Secondo il fisico il metodo funziona e si risparmia sui consumi. «In fondo la pasta si cuoce bene anche in montagna con l'acqua che bolle a 90 gradi», aggiunge.

Cos'è la cottura passiva

In realtà Parisi non ha inventato nulla. La cottura passiva della pasta risale alla fine del Settecento. Si tratta di una tecnica diffusa soprattutto nei Paesi orientali per cuocere anche riso, zuppe e minestre. Si prende la pasta e la si cala nella pentola con acqua a ebollizione. Dopo 2 minuti si spegne il fuoco e, con sopra il coperchio, si sfrutta quel lasso di tempo in cui l'acqua si mantiene comunque a temperatura.

La cottura procede anche quando la temperatura scende tra i 75° e gli 80° (ricordiamo che il punto di ebollizione dell'acqua è pari a 100°). Durante questo processo, il glutine si coagula regolarmente. Bisogna mettere in conto almeno 1 minuto in più rispetto al tempo di cottura indicata e ricordarsi di mantenere il coperchio sulla pentola. Secondo un'indagine dell'Unione italiana food, questo metodo permette di risparmiare fino al 47% di emissioni di CO2.

Funziona, ma...

La cottura passiva funziona. Ma ciò che avremo nel piatto è leggermente diverso dal solito primo a cui siamo abituati. Può capitare che la pasta risulti non tanto gommosa, ma sicuramente meno callosa di quanto piace alla maggior parte delle persone. È anche vero che, nella maggior parte dei casi, l’aggiunta del condimento riduce questa sensazione ai minimi termini. Dipende anche dalla qualità della pasta che si sceglie. Usando una pasta industriale quasi non ci si accorge della differenza. Con una pasta artigianale, potrebbero esserci brutte sorprese al momento di scolare.

Il primo divulgatore: Dario Bressanini

Era il 2017 e lo scienziato Dario Bressanini iniziava a parlare di cottura passiva della pasta. Si parte dalle considerazioni di Benjamin Thompson, che nel 1799 sosteneva che l'ebollizione non è una condizione necessaria per poter cuocere la pasta. «La cottura del cibo infatti dipende solo dalla temperatura raggiunta, e non dal fatto che l’acqua stia bollendo o meno».

Dopo aver indagato i fattori cardine della cottura della pasta - « la velocità di penetrazione dell’acqua all’interno dell’impasto, la gelatinizzazione dell’amido e la denaturazione e conseguente coagulazione del glutine», fattori dipendenti dalla temperatura - Bressanini passa a spiegare che l'acqua penetra nella pasta anche quando è fredda. Insomma, crollano certezze con effetto domino, leggendo l'articolo di Bressanini.

La cottura passiva secondo lo chef Antonello Colonna

Lo chef Antonello Colonna è un ristoratore, imprenditore e volto televisivo di Hotel da Incubo, ed è stato anche cuoco ufficiale della Presidenza del Consiglio. Per lui, la teoria ripresa da Parisi non può funzionare, almeno per le cucine di alto livello. Perché? La pasta ottenuta con la cottura passiva è «gommosa».

Il fenomeno gli è ben chiaro nella mente. Infatti, quando era bambino, la pasta veniva cotta su un fornello a gas. La bombola che lo alimentavo aveva questo brutto vizio di terminare mentre gli spaghetti erano in cottura. Al momento di scolare, la consistenza rendeva il primo immangiabile.

L'alternativa: la cottura a freddo

Chef Colonna propone un'alternativa: la cottura a freddo. Si prende una pentola, per ogni etto di pasta si mette un litro d'acqua, poi si mette sul fuoco. Man mano che l'acqua si scalda, con un mestolo si toglie. Non proprio un metodo antispreco, diciamo. Un'ulteriore alternativa salva-bolletta è quella di cucinare la pasta sulla brace o sulla legna, come suggerisce lo chef veneziano Tino Vettorello.

Dividi per tre come Elio Sironi

Nel 2009, quindi ancor prima di Bressanini, lo chef Elio Sironi (all'epoca executive chef del Bulgari Hotel) suggerì "la regola del tre". «basandomi sui tempi di cottura normali - quelli sulle confezioni per chi non li conosce a memoria - divido la cottura in tre fasi. La prima con il fuoco acceso sotto la pentola, la seconda a fuoco spento con il coperchio a chiuderla, la terza con la mantecatura nel sugo dopo aver scolato la pasta. Semplificando ancora, se sono spaghetti che richiedono nove minuti, ecco che si cuociono normalmente tre minuti, passivamente altri tre e si conclude l'opera in altri tre».

Il modo per capire se il metodo funziona è l'acqua. «Se prima di scolare la pasta è pulita e non torbida, vuol dire che tutto è rimasto all'interno dello spaghetto o del rigatone e quindi con un buon sugo avremo un buon piatto». Non resta che provare e trovare il metodo giusto per noi.