special

Le donne contano

Carriere e Visioni
Carriere e Visioni

Lavoro, lavoro, lavoro: la resilienza femminile non è un ammortizzatore sociale!

La pandemia non ha fatto sconti a nessuno, ma sono le donne ad aver subito, sul piano professionale, il colpo maggiore. Per superare il precariato e favorire la parità di genere, il sostegno governativo è oggi più che mai necessario. 

La pandemia non ha fatto sconti a nessuno, ma sono le donne ad aver subito, sul piano professionale, il colpo maggiore. Per superare il precariato e favorire la parità di genere, il sostegno governativo è oggi più che mai necessario. 

È molto difficile parlare di lavoro nonostante l’incipit della Costituzione Italiana, nel suo art.1, ci ricordi come l’enunciato si sostanzi in un diritto che dovrebbe essere parte integrante di un percorso di vita per acquisire dignità ed indipendenza economica alla portata di cittadine e cittadini. Un diritto-dovere inserito in un percorso di cittadinanza consapevole da percorrere a testa alta, perché rappresenta il motore dell’economia di un Paese, garantendone prosperità e favorendo consumi che si traducono in crescita economica . Ed anche “scomodare" il discorso sulla Costituzione di Calamandrei che si dipana, tra gli art. 33 e 34, mettendo al centro il diritto all’istruzione, forse non semplificherebbe il dibattito in corso sugli obiettivi della legge di bilancio e dei fondi europei del Next Generation Fund.

Ciò che è certo è che sulla democrazia partecipativa pendono varie istanze ma soprattutto quelle parole, dell’art. 3 a corollario del diritto di uguaglianza, che pesano come macigni, quando si cita   la responsabilità politica  “nel rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale che…impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del  Paese” e da qui si dipana il filo conduttore del PNRR , il Piano Nazionale per la resilienza e la ripartenza o Piano Italia Domani.

Un programma concreto che di fronte anche all’esigenza di rispettare una volta per tutti l’impegno dell’art.37 sulla parità salariale (sul quale negli anni a dire il vero non abbiamo mai visto programmi specifici da parte di qualsivoglia partito politico!), non si tira indietro e propone un avvio di proposte migliorative: dalla certificazione di genere alle premialità per le PMI che rispettano parametri inclusivi, che vieppiù risulta doveroso nel rispetto del Piano per la Parità di Genere 2020-2025, fortemente voluto dalla Presidente della Commissione UE Ursula Van der Layen. Tanto che la stessa Commissione UE ha integrato la dimensione di genere in tutti gli strumenti di finanziamento e di garanzia, oltre una decina,  previsti dall’Unione Europe nel Quadro Finanziario Pluriennale (QFP), unitamente alla raccomandazione ad ogni stato membro di inserirla: nei partenariati internazionali, nelle politiche commerciali, sociali e di vicinato.

Un Piano economico quindi cruciale per il quale è stato scelto un approccio trasversale inserendo in tutte le componenti del piano il tema della riduzione dei divari di genere. Occorre quindi analizzare le somme che vengono distribuite nei settori Educazione e Formazione come direttamente correlati alla creazione di nuovi posti di lavoro che saranno maggiormente ricoperti da Donne, che anche con l’attenzione dedicata alla transizione ambientale e digitale potrebbero recuperare parte del divario che le vede meno coinvolte, ma che possiamo osservare come già nelle nuove generazioni al femminile risieda un attivismo puntuale molto incoraggiante.

Da questo quadro emerge che anche se le difficoltà economiche sono diffuse in Europa, solo laddove c’è un forte sostegno governativo si riesce a superare la situazione di precariato nella quale versano ad esempio settori trainanti per lo sviluppo come la ricerca, così con la giusta  attenzione che è stata data nell’utilizzo dei Next Generation Fund si farà molto per questo settore. La ricerca è, e deve essere il punto di partenza per ogni intervento didattico strutturale che per noi è legato, dalle scienze mediche a quelle economiche e statistiche anche alla lotta alle disuguaglianze e alla povertà educativa attraverso interventi e affiancare le famiglie e le fasce più fragili della popolazione tagliate fuori dall’erosione delle risorse economiche e finanziarie.

Un’ uguaglianza di genere che deve essere vista nel senso più ampio e completo che comprende diversità, giustizia e inclusione. Andiamo quindi oltre il concetto esclusivo di uguaglianza di opportunità concentrandoci a mio avviso maggiormente sul garantire equità nell’ottenimento dei risultati. Dobbiamo considerare che non sono uguali  condizioni socio-economiche delle lavoratrici e dei lavoratori. È importante quindi tenere conto delle differenti difficoltà che le persone devono affrontare per creare una condizione sociale di equità di trattamento, indipendentemente dalla loro posizione di partenza. E lavorare proattivamente sulla disuguaglianza di genere in certi ambiti come quello salariale e di accesso ai finanziamenti primari vuol dire prendere atto che ci sono comunque ancora tante sfide da affrontare su questo tema.

Anche perché la pandemia non ha fatto sconti a nessuno. Ciò che non possiamo omettere è che di fronte all’emergenza pandemica il Paese secondo molti analisti si ritrova unito in una comune percezione che il rilancio dell’Italia debba basarsi proprio sulla riduzione delle differenze lavorative di genere, che sono una priorità assoluta. Nelle indagini effettuate tra imprese e direttori d’acquisto emerge chiaramente una visione che finalmente riconosce che senza un diretto coinvolgimento occupazionale delle donne sarà impossibile tornare a crescere, e ciò dopo decine di evidenze raccolte negli ultimi anni sui migliori risultati aziendali che si ottengono nell’applicare politiche di welfare aziendale rivolte alla diversità e inclusione e percorsi di carriera mirati a un ‘uguale rappresentanza di genere ai vertici. Il raffronto tra la prima e la seconda ondata del Covid19 risulta impietoso per i lavori persi dalle donne e per il maggiore impegno di “lavoro famigliare” svolto che ha penalizzato le Donne con i figli minori. Ma soprattutto son le condizioni economiche delle donne che hanno perso il lavoro o son sottoposte ad una gestione complicatissima delle attività famigliari e lavorative al contempo che restano simmetriche cioè nonostante siano entrambi in “home working”. 

Possiamo quindi concludere che la sovra rappresentazione delle donne nel settore dei servizi più vulnerabili, e spesso con contratti part time o a tempo determinato e le difficoltà nella conciliazione lavoro famiglia dovranno essere al centro delle riforme che si innescheranno dall’applicazione del PNRR e che trovano un ulteriore alleato nel Family Act, che ricalca i piani di servizio alla famiglia che già in Francia, Spagna e Portogallo ne hanno migliorato la natalità.

Non c’è dubbio che siamo di fronte alla peggior recessione dal 1861 e ad onor del vero tra i traini finanziari spiace constatare come la Borsa Valori abbia una capitalizzazione del listino principale che in 20 anni non e’ cresciuta, il che raffigura l’immobilità di un sistema produttivo che resta ancorato ad un tessuto di PMI, piccole e medie imprese, che difficilmente arrivano alla quotazione in Borsa, e quindi a mettere in moto un sistema virtuoso di coinvolgimento di investitori e risparmiatori nell’economica reale dell’Italia, nonché a far leva su quei fondi per l’imprenditoria femminile che ne sarebbero un ottimo viatico.

Il Governo calcola che l’impatto del PNRR in 16 punti percentuali e 24 al Sud complessivi, da qui al 2026. Ci saranno un milione di posti di lavoro in più entro il 2023, recuperando così i livelli pre pandemia, inoltre lo stimolo occupazionale proseguirà sino al 2026, anno nel quale terminerà il periodo coperto dai fondi Next Generation EU. Secondo i dati pubblicati la crescita occupazionale dovrebbe essere del +3,7% per le donne e del +3,3% per gli uomini a livello medio nazionale, mentre nel Sud Italia l’incremento atteso e’ del +4,9% per i giovani e del +5,5% per l’occupazione femminile. Risultati incoraggianti ma che non ci permettono di avvicinarci tangibilmente alla media europea dell’occupazione per le donne italiane, a dimostrazione che necessitano politiche lungimiranti e continuative nel tempo, ed anche sul lato della domanda per sbloccare il dato. Attualmente fermo al 48,6%, 32,2% al Sud , rispetto al 62,4% nell’UE! 

Come diceva Simone de Beauvoir: “Sarà sufficiente una crisi economica o politica perché i diritti delle donne siano rimessi in discussione. Questi diritti non sono mai acquisiti. Dovete rimanere vigili durante tutto il corso della vostra vita.” E se la Vita è l’arte dell’incontro e l’essere umano è inclusivo e comunitario per natura, la speranza che le nuove generazioni raccolgano il testimone della battaglia sull’uguaglianza di genere non è abbastanza, perché non c’è più tempo e le Donne lo hanno già testimoniato a gran voce con un impegno mai venuto meno ma che nessuno si deve azzardare a considerare come un ammortizzatore sociale. Perché è venuta l’ora della responsabilità sociale e politica nel riconoscimento delle potenzialità di genere come investimento sul futuro dell’Italia, per creare una vera prospettiva di cambiamento anche per tutte le donne italiane, ed è nostro dovere e responsabilità agire ora in un vera direzione di coesione sociale. 

Foto apertura: tomertu -123.rf