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Donne contro gli stereotipi: lo speciale

PEOPLE: L'ATTUALITA'
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Amalia Ercoli-Finzi: «"Spazio" alle donne»

Di Luna, stelle, extraterrestri, donne spaziali e viaggi su Marte con Amalia Ercoli-Finzi, la scienziata che il mondo ci invidia.

Di Luna, stelle, extraterrestri, donne spaziali e viaggi su Marte con Amalia Ercoli-Finzi, la scienziata che il mondo ci invidia.

Calda, materna. Un sorriso che ti mette bene. Amalia Ercoli-Finzi è una di quelle persone che vorresti avere in miniatura sul comò. Per sfogliarla ruga per ruga, storia per storia.

Lei è stata la prima donna a laurearsi in ingegneria aeronautica in Italia, nel lontano 1961, quando al Politecnico di Milano le ragazze erano 5 su 650 (già). Quando "moglie" e "casalinga" erano sinonimi (o quasi) e l'unico orizzonte possibile per molte donne era quello della cucina di casa, tra pignatte, fornelli e tovaglie da ricamare a punto croce.

Amalia è riuscita a scavalcarlo, quell'orizzonte. Ha volato alto, altissimo, arrivando a "toccare le stelle". È diventata "la signora delle comete". Sì perché questa dolce nonnina di 84 anni è la mamma della Missione Rosetta, la responsabile dello strumento SD2 , il trapano con punta di diamante e lenti di zaffiro che è arrivato a perforare per la prima volta il nucleo di una cometa dopo 10 anni di viaggio, il 30 settembre 2016, alla ricerca dei mattoni fondamentali della vita.

Consulente scientifico di NASA, ASI ed ESA... un cv che sembra quello della protagonista di un film di fantascienza. La Ercoli-Finzi è rimasta con i piedi per Terra, nonostante tutto. La testa, però, è sempre lì. Rivolta verso quell'altrove che ci sovrasta, quello spazio senza confini e senza tempo che ci fa sembrare così piccoli e inermi. Verso quelle stelle che guardava da bambina curiosa e caparbia. Sognando di andare a caccia di comete.

Ha sempre saputo che sarebbe diventata un ingegnere?

«Io dico sempre che sono un ingegnere nato. Sono stata sempre curiosa, fin da bambina. Smaniosa di sapere come funzionassero le cose. Una curiosità terribile e fastidiosa per gli altri, a dire il vero: i miei perché erano infiniti. Non mi bastava schiacciare un bottone per far funzionare un giocattolo, volevo sapere cosa c'è dietro il movimento, l'elettricità» .

Quando si è iscritta al Politecnico c’erano 5 femmine e 650 maschi. Da allora molte cose sono cambiate, eppure le ragazze che scelgono facoltà scientifiche sono sempre molte meno degli uomini (circa la metà).

«Questo non è un problema solo dell'Italia, è un problema di tutto il mondo. Adesso le cose stanno cambiando, al Politecnico le ragazze sono il 19-20%. Che è sempre poco perché vuol dire una su cinque. Le lauree "dure", la meccanica, l'aerospaziale, di ragazze ne hanno veramente poche, siamo attorno al 10%».

Come lo spiega?

«Intanto quello dell'ingegnere nello stereotipo generale è considerato mestiere da uomini. Io mi sono sempre sentita dire per tutta la vita "non è cosa da donne". E, soprattutto, le donne si spaventano all'idea non solo della difficoltà degli studi ma poi della difficoltà di conciliare un mestiere come quello dell'ingegnere con la famiglia o con hobby o altre aspirazioni».

Cos'è che ha fatto scoccare il colpo di fulmine per lo spazio?

«Ho fatto aeronautica perché era l'indirizzo di studi più all'avanguardia, mi affascinava molto. L'aeroplano è una macchina complessissima. Che voli così bene, con così pochi incidenti, è un miracolo della tecnica. Poi un professore del Politecnico che insegnava meccanica aerospaziale è andato in pensione, mi è stato offerto di sostituirlo. Ho detto subito di sì».

Il momento più bello della sua carriera.

«La cattedra. La cattedra universitaria è un traguardo importantissimo, soprattutto per le donne. In ingegneria, nel mio dipartimento, io sono stata la sola donna per tanti anni, la prima che è salita in cattedra».

Immaginavo che mi rispodesse "l'atterraggio del trapano SD2 nel cuore della cometa 67P/Churyumov–Gerasimenko durante la Missione Rosetta...". Anche quello è stato un bel momento, no?

«È stata una grande soddisfazione professionale. Non solo l'atterraggio ma tutta la Missione Rosetta. Nel corso dei dieci anni della missione attivavamo regolarmente il trapano in modo da assicurarci che fosse pronto per lavorare una volta arrivato sulla cometa. E quando abbiamo risvegliato Rosetta, dopo quasi due anni e mezzo di ibernazione, io ho contattato il mio trapano e lui mi ha risposto "ready", mi sono messa a piangere. L'emozione è stata grandissima».

Il 20 luglio di 52 anni fa l'uomo metteva piede per la prima volta sulla Luna... che ricordi ha di quella notte?

«Ho avuto la fortuna di assistere a tutta la storia dello spazio. Ho sentito il bip bip dello Sputnik nel 56, l'anno in cui mi sono iscritta all'università. Ho saputo del primo volo di Gagarin prima ancora che fosse reso ufficiale. E poi ho vissuto l'allunaggio, un momento di grandissima emozione anche perché, a pensarci adesso, con la tecnologia che c'era allora il fatto che sia andato tutto così bene è veramente qualcosa che ha del miracoloso».

Ma lei ha mai desiderato andarci... sulla Luna?

«No . A dire la verità sto benissimo sulla Terra (ride, ndr). Lei tenga conto del fatto che io soffro l'ascensore. Quindi capisce che per me andare nello spazio sarebbe un po' complicato. Mi era stato gentilmente offerto di partecipare a dei concorsi per diventare astronauta ma ho rifiutato. Sa... io sono piccola e peso poco. Siccome quello che costa è il "chilo lanciato" lanciare me sarebbe stato un vantaggio».

La Nasa con la missione Artemis vuole riportare l'uomo sulla Luna nel 2024. Per la prima volta una donna metterà piede sulla Luna. Secondo un recente studio "L'impatto di sesso e genere sull'adattamento allo spazio" le donne risulterebbero più adatte alle missioni di lunga durata. Questo per una serie di ragioni: sopportano meglio degli uomini gli effetti collaterali di una lunga permanenza nello spazio, sono più leggere, pesano meno, consumano meno e producono meno rifiuti.... Eppure non sono state sempre le benvenute nelle missioni spaziali ...

«Le donne che volevano andare nello spazio non erano ben viste, soprattutto dai russi che dicevano portassero sfortuna, come sulle navi. Per loro dovevano starsene a casa. Si è visto che non solo le donne possono andare nello spazio bene come gli uomini ma possono dare anche un contributo prezioso. Nello spazio alle donne si fa fare esattamente quello che si fa fare agli uomini».

Cosa possono dare le donne di più o di diverso rispetto agli uomini nell'ambito del contesto di una missione spaziale ma anche al di fuori di questo contesto?

«Che cosa facciamo meglio noi? Abbiamo attenzione per gli altri. Se uno ha un problema o una difficoltà noi istintivamente ce ne occupiamo. E questo è importantissimo in qualunque caso, in particolare nello spazio».

Marte rappresenta un po' l'ultima frontiera.... Una specie di Pianeta maledetto. Oltre 50 missioni e più della metà andate male ... Perché è così difficile la missione su Marte?

«La missione su Marte per ragioni astronomiche richiede 2 anni di tempo. Il che vuol dire: 150 giorni per andare su Marte, altrettanti per tornare e un periodo intermedio in cui sostare sul pianeta. La missione umana su Marte prevede una sistemazione. Quale sarà? Un avamposto umano. Oppure una caverna. È in atto un programma Esa per allenare gli astronauti a vivere in caverne sulla Terra. In particolare in Sardegna dove pare ci siano delle caverne adattissime».

Quando possiamo sperare di mettere piede (umano) su Marte?

«Nella seconda metà degli anni 30. Tra il 35 e il 40, certamente non prima. A meno che non ci sia qualcuno che "mandi" su Marte degli esseri umani per vedere come se la cavano... Ma questo è un altro discorso...».

A proposito della clonizzazione spaziale... Stephen Hawking sembrava essere convinto del fatto che gli esseri umani dovessero lasciare la Terra, un giorno. Vedeva l’espansione su altri corpi celesti come una specie di assicurazione nel caso in cui un grande asteroide, una guerra nucleare o un disastro ambientale come il cambiamento climatico avessero reso la terra inabitabile. La pensa allo stesso modo? Come vede il futuro della colonizzazione spaziale? Miliardari come Richard Brenson, Jeff Besoz e Elon Musk ci stanno investendo parecchio ...

«Marte è l'unico pianeta dove possiamo pensare di andare. È l'unico pianeta roccioso in una zona ancora "vivibile". Tutti gli altri pianeti o sono ghiacciati o non vi è possibile camminare, quindi viverci. Mercurio, ad esempio, è troppo vicino al sole, Venere è invivibile (ci sono più di 400° di temperatura, piove acido cloridrico...)...».

La Luna rappresenta l'avamposto ideale per future missioni di lunga durata nello spazio come appunto quella su Marte, una palestra, un trampolino di lancio. Cosa può ancora insegnarci la Luna?

«Ad imparare a vivere lontano dalla Terra a distanza in un ambiente inospitale. A produrre acqua, perché in qualsiasi posto andassimo avremmo bisogno di acqua, di imparare a produrre il combustibile per tornare indietro. Produrre vuol dire "estrarre". Un passaggio intermedio importante per poter spiccare il grande balzo verso Marte».

Lei ha raccontato che la molla principale per dedicarsi allo spazio è stata la sua passione per le stelle... Cosa la affascina di più delle stelle?

«Intanto il fascino delle stelle c'è anche solo guardandole. Hanno il fascino dello sconosciuto. Sono l'esca della conoscenza. Lasciano spazio alle Grandi Domande. Siamo soli nell'Universo? Esiste solo quest'universo o c'è una porta per passare in un altro universo?».

A proposito di Grandi Domande gliene faccio io una. Gli studi stimano che nella nostra galassia potrebbero essere presenti ben 6 miliardi di pianeti simili alla Terra. Sembra quasi impossibile non pensare che da qualche parte nell'universo ci siano esseri simili a noi... Ci crede agli extraterrestri?

«Forme di vita aliena, io che amo la matematica, statisticamente ci sono di sicuro. Che tipo di vita? Non è per niente detto che sia simile alla nostra... Noi abbiamo il ciclo del carbonio. Loro potrebbero avere il ciclo del silicio, come le lumache, per esempio. Il vero problema è un altro: considerate le distanze le possibilità di incontrare degli alieni con cui comunicare sono praticamente nulle».

Il suo posto preferito per guardare le stelle.

«Ho la fortuna di vivere in una casa di campagna che ha un bellissimo terrazzo dove è possibile ammirare le stelle. D'inverno, soprattutto, quando col freddo l'aria diventa trasparente, è una meraviglia. E quando si impara a riconoscerle, si sentono "amiche". La stella Sirio, per esempio, che è il nostro faro, la stella più luminosa che vediamo, la sentiamo vicina».

Che mamma è stata e che nonna è oggi?

«Sono stata una mamma come tutte le altre: in famiglia abbiamo avuto i nostri problemi... ma quello che credo di aver dato ai miei figli è stato un tempo di qualità. Io non ho dato loro molto tempo proprio perché la mia era una professione che mi portava via molto tempo. Ma quello che ho dedicato loro è stato un tempo di alta qualità. Ho potuto seguirli negli studi non solo al liceo ma anche all'università. Non sono una nonna di routine, non posso garantire tutti i lunedì pomeriggio o i martedì mattina, ma quando c'è bisogno ci sono sempre. E i miei figli lo sanno».

Crede in una vita oltre la vita?

«Sono convinta che non ci perderemo ... non finiremo. Sono una donna di fede, quindi credo in un Dio buono che provvede a noi. E quindi... provvederà anche dopo».