Editoriali
Editoriali

L'Amica Geniale: il femminismo di Elena e Lila

Il femminismo ante-litteram delle due protagoniste della terza stagione de “L'Amica Geniale”, in onda ogni domenica su Raiuno fino al 27 febbraio.

Il femminismo ante-litteram delle due protagoniste della terza stagione de “L'Amica Geniale”, in onda ogni domenica su Raiuno fino al 27 febbraio.

Le mani di Lila. Rosse, livide a forza di spolpare ossa d'animale. Mani che si agitano con lei mentre racconta della vita delle operaie in fabbrica. Fendono l'aria, come per schiaffeggiare, rianimare, riportare alla realtà, una platea di giovani comunisti intellettuali sbattendogli in faccia una verità che va oltre gli ideali e le filosofie astratte: “Le operaie si devono far toccare il culo da chi le comanda e dai colleghi senza fiatare. Se il padroncino ha voglia qualcuna deve seguirlo nel suo ufficio. Come succedeva sotto suo padre. Forse anche sotto suo nonno. Uomini e donne all'uscita possono essere perquisiti perché esiste una cosa che si chiama parziale ...ma il parziale non è solo per i possibili ladri, è soprattutto per le belle ragazze a cui il padrone o il guardiano vogliono mettere le mani addosso”. Le stesse mani che impugnano il coltello con cui minaccia di uccidere il marito, che la vorrebbe bella e docile. Per poi stringere quelle di Elena detta Lenù, l’amica di infanzia, facendo fluire verso di lei il desiderio di scrivere, leggere, studiare. Lenù, che riesce a fuggire dal rione. Elena, che si ribella al ruolo di riproduzione e di cura affibbiatole “per natura” da un marito che predica l'eguaglianza tra gli uomini, certo, ma non pratica quella tra uomini e donne.

Lila e Elena, le due creature di Elena Ferrante protagoniste della terza stagione de L'Amica geniale, serie tv italo-statunitense  - traduzione televisiva della quadrilogia della scrittrice  in onda ogni domenica su Raiuno fino al 27 febbraio, sono due femministe. Femministe inconsapevoli, femministe ante-litteram.

Entrambe lottano contro gli stereotipi di una società costruita a immagine e somiglianza degli uomini nell'Italia bigotta e retrograda degli anni ’50-'60, quando non era ancora scoppiato a Napoli, e in Italia, il femminismo. Quando le donne accettavano placide e docili di vivere in una società creata ad immagine e somiglianza degli uomini.

L'accudimento della prole, la pasta col ragù della domenica, le camice linde e pinte col colletto inamidato, la cura della casa. L’Italia di Elena e Lila è un Paese dove le donne non hanno altro orizzonte per la propria realizzazione personale che quello delle pareti domestiche abbellite con la carta da parati. È il Paese dove gli uomini si sposano per avere una “serva fidata” in casa. Un’Italia ipocrita, dove la pillola viene venduta esclusivamente come mezzo per regolare il ciclo. E solo alle donne sposate.

Le lotte femministe di Lila ed Elena

Da bambine. Poi adolescenti, mogli, madri, amanti. Elena e Lila sono due donne che lottano. Lottano contro le famiglie d'origine, i compagni di scuola diventati padroni di fabbriche o giovani intellettuali dell’Unità durante i mitici anni del ’68. Lottano contro i colleghi, i mariti, i fratelli, il sessismo costante dei professori. Sentono sulla pelle il conflitto con gli uomini, la ribellione al potere patriarcale, ma reagiscono in modo diverso assecondando istinti e inclinazioni personali.

Lila lotta senza successo per proseguire gli studi contro un padre che per metterne a tacere le proteste arriva a gettarla di peso dalla finestra del pianterreno. Lotta contro una famiglia che anziché nido per spiccare il volo finisce per tarparle le magnifiche ali. Lotta contro un “matrimonio prigione”. Lotta per i diritti delle operaie in fabbrica.

Elena fa i conti con esperienze sessuali umilianti e dolorose, tutte dirottate sul piacere maschile e mai sul suo, di godimento. Lotta contro l'etichetta di “ragazza facile”, che le si appiccica addosso tutte le volte che trasgredisce le norme sociali di buona condotta. Si sfoga scrivendo un libro femminista sulla repressione sessuale. Ed eccola, di nuovo, l'etichetta di “zoccola”. "Una ragazzina impegnata a nascondere la propria mancanza di talento con paginette pruriginose di mediocre trivialità", la definisce il critico del Corriere. Una volta divenuta madre è costretta a interrompere la sua carriera di scrittrice, ma riesce nella strada del compromesso: il marito, mite e ipocrita, acconsente a prenderle un aiuto nel ruolo di accudimento e crescita per cui pare socialmente predestinata.

Elena e Lila, e il valore dell'amicizia tra donne

Il centro de L'Amica Geniale non è però la condizione di donne oppresse di Elena e Lila. Non è un uomo che entrambe si contendono. Ma sono loro. E' la loro amicizia. La relazione d'amore, di sorellanza tra due donne, a volte complice, a volte conflittuale. Una cosa che in televisione e al cinema non si racconta così spesso.

Lila ed Elena si incontrano, si scontrano ma si ritrovano. Sempre. In un movimento incessante, simbiotico, evolutivo. E noi non facciamo il tifo per l'una o per l'altra. Ma per LORO.

L’unico parere sul suo romanzo che interessa davvero a Lenù è quella di Lila, è solo a Lenù che Lila sa di poter affidare il figlio, la cosa più preziosa che ha al mondo. 

Elena e Lila rappresentano quella solidarietà, quell'unione, quella comunione d'intenti - cosa che pare nel corso della storia sia riuscita molto meglio alla controparte maschile - che è, o dovrebbe essere, l'elemento cardine dei movimenti femministi, antichi e moderni.

>>>LEGGI ANCHE: 10 canzoni da dedicare alla tua migliore amica