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Alma, volontaria a 92 anni: «Riposare in poltrona? Non fa per me»

Ora una caduta le ha imposto di stare a casa, ma la più anziana volontaria della Croce Rossa Italiana è stata capace anche di macinare 2.000 ore al centralino di Arona. La sua forza? Le telefonate dei colleghi e la certezza che «le emozioni positive superano sempre quelle negative»

Ora una caduta le ha imposto di stare a casa, ma la più anziana volontaria della Croce Rossa Italiana è stata capace anche di macinare 2.000 ore al centralino di Arona. La sua forza? Le telefonate dei colleghi e la certezza che «le emozioni positive superano sempre quelle negative»

«Dopo ogni caduta, che si sa, a una certa età, iniziano a capitare, la mia prima preoccupazione è capire se la testa c'è perché così posso continuare a lavorare. Che a noi, senza offesa, ci hanno insegnato un modo diverso di farlo, che voi giovani non conoscete». Per Alma Mazza Broccoli, 92 anni, il lavoro è una costante. Impiegata in una ditta di profumi per 25 anni e poi in un negozio di abbigliamento per altri 16, alla pensione non volevano lasciarla andare via. Dopo aver perso il marito non lavorava per denaro, quanto per tenersi occupata. Un giorno, un postino le ha detto: «Perché non vieni in Croce Rossa?». E dalla sede di Arona è iniziata la seconda parte della sua vita.

Da quel 1° gennaio 1991 per la Croce Rossa Italiana ha fatto tutto: viaggiava come ordinario a bordo delle ambulanze e poi, quando il fisico le ha imposto di rallentare, si è dedicata al centralino. «Ci sono anni in cui ho fatto anche 2.000 ore di servizio – racconta – ho sempre cercato di tenermi libero il mercoledì, sa per le visite mediche, ma se ero libera ci infilavo comunque un paio d'ore in sede». Dopo lo stop dettato dal Covid, ora è costretta a casa per via di una caduta, ma i colleghi di lavoro la cercano costantemente al telefono: «Mi aspettano e questo mi dà la forza di continuare con la fisioterapia. Che sa, non è per me stare in poltrona a guardare la tv e a far le parole crociate».

Alma, cos'è per lei il volontariato?

La cosa più bella che ci sia. Lo faccio da trent'anni, da quando sono andata in pensione. Ero preoccupata di cosa fare nel mio tempo libero. Non ci penso nemmeno a riposarmi su una poltrona. Secondo me finché c'è la testa, non ci si può fermare solo a fare le parole crociate o a guardare la tv.

Quali mansioni svolge?

Nella sede della Croce Rossa di Arona, dove ho iniziato il 1 gennaio 1991, sono al centralino. Prima dei 70 anni andavo anche in ambulanza, mansione che si può svolgere dopo aver fatto il corso. Ma non ho fatto il pronto intervento: accompagnavo i dializzati, gente che doveva essere trasportata per esami o visite specifici. Per un periodo ho associato questo impegno anche al volontariato in Caritas.

Cosa faceva lì?

Tutto quello che c'era da fare. Si riceve ciò che la gente dona e si fa la selezione, scartando ciò che è meno buono. Purtroppo era una mansione che richiedeva di stare tanto in piedi, cosa che mi ha spinto a dedicarmi solo al centralino della Croce Rossa.

In 30 anni di volontariato alla Croce Rossa Italiana qual è stata la sua più grande soddisfazione?

Quando riesci a coprire i servizi, tipo a fornire un'ambulanza all'ultimo a chi pensava di portare i genitori in ospedale da solo, sei già contentissimo. Chi ha lo spirito del volontario ha un modo diverso di ragionare, che magari sfugge a chi ci guarda dall'esterno.

Cioè?

Il volontario, se può, ti aiuta. Anche se è tornato da un servizio urgente, ma può fare ancora qualcosa prima di andare via, lo fa. Anche ora, che ci si deve bardare con le tute per paura del Covid.

Come ha vissuto la pandemia?

Data la mia età, mi hanno chiesto di rimanere a casa, per proteggermi. Ma siamo rimasti in contatto: i volontari mi chiamavano tutti i giorni. Marzo, aprile e maggio li ho fatti così, con mia figlia che mi faceva la spesa. Poi sono tornata a ottobre e novembre, quando il virus è arrivato anche da noi. Fino a dicembre sono rimasta a casa.

Nella sua vita da volontaria qual è il momento più difficile che ricorda?

Ce ne sono diversi. Durante il trasporto dei dializzati, poteva succedere che qualcuno non ce la facesse. Poteva succedere anche a chi tornava da interventi difficili o incidenti particolarmente gravi: sono cose che ti sconvolgono. Ma è questo il lavoro della Croce Rossa. È come per medici e infermieri: non ti abitui, ti adatti. Ma le soddisfazioni superano le sensazioni negative: ne vale la pena.

Quali sono le caratteristiche che un buon volontario deve avere?

Se interessa andare solo in ambulanza con la divisa, non si è volontari veri. Chi lo fa, lo sente: vuole aiutarti, sempre. Giorno e notte deve esserci un ambulanza pronta, con medico e senza medico. Per questo il vero volontario è quello che ha coscienza, che ti dà già i turni senza che glieli devi chiedere. Lo vedi da come fa i servizi. Partecipa alla vita di comunità. Ha una sensibilità particolare, e non conta essere uomini, donne, anziani o giovani. Ci sono donne con suocere, mamme e figli a carico, che riescono a trovare le ore da offrire alla Croce Rossa e non trascurano nulla. Fanno tante cose e non le fanno pesare perché hanno la mentalità del volontario.

Che consiglio si sente di dare a chi vorrebbe fare volontariato?

Basta venire in croce rossa, chiedono il modulo da compilare. Si fa un corso, che si tiene di sera, dove viene spiegato cosa si va fare. Poi c'è l'affiancamento. Alcuni si perdono per strada, altri restano. Non è difficile: ci vuole buona volontà.