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Barba, storia di come Alec è nato due volte

Una graphic novel per raccontare il percorso di transizione di un ragazzo, nato in un corpo di sesso femminile. Intervista all’autore.

Una graphic novel per raccontare il percorso di transizione di un ragazzo, nato in un corpo di sesso femminile. Intervista all’autore.

Alec ha 24 anni e viene da Roma. Da un paio di anni si è trasferito a Urbino, dove studia Progettazione Grafica e Comunicazione visiva: da sempre disegna e scrive piccole storie. Una, un po’ più lunga, la sua, è diventata una graphic novel: si intitola Barba. Storia di come sono nato due volte (Laterza) e, con leggerezza, racconta la trasformazione di un ragazzo nato in un corpo di sesso femminile in ciò che è sempre stato: Alec.

Ciao Alec. A chi consiglieresti Barba, il tuo primo romanzo a fumetti?
È bello pensare che sia una storia universale e che quindi si possa consigliare davvero a tutte le persone. Alla fine il percorso di affermazione di genere è in parte un viaggio alla scoperta di sé, alla ricerca della propria consapevolezza: questa cosa qui tocca tutti, prima o poi.

E come è nato?
Un po' per caso. Avevo in mente questa storia, per la prima volta più lunga e articolata. Ho iniziato a buttarla giù solo per me, per riordinare un po' nella mia testa tutto quello che era successo, per capire dove ero arrivato. Poi è arrivato l'incontro con l’editore ed è diventato un progetto vero, su carta. Con il tempo mi sono reso conto che non sarebbe più stata una storia "mia". Era destinata anche alle altre persone.

È stato terapeutico?
Sicuramente. Anche perché mi piace pensare che il Fumetto (maiuscolo, lo specifica, ndr) sia un semplificatore di concetti ed emozioni complesse. Mettendo tutto su carta, certe cose sono diventate più chiare!

Quanto era importante, per te, avere proprio la barba? Curiosamente, ci sono tanti uomini che sono praticamente imberbi…
In questa storia la barba non è tanto quella dell'uomo macho, barbuto, peloso e muscoloso, a cui pensavo di dover somigliare all'inizio. Anzi, al contrario è il simbolo dell'essere se stessi. In fondo non esiste un codice a cui aderire per essere un ragazzo. Cosa significa esserlo? Forse nulla... Cosa significa essere se stessi è la vera domanda. La barba è stata sicuramente un punto di inizio per Ale, per camminare sulla terra con più consapevolezza.

Ti riporto una tua frase: “Mi ci aggrapperei alla mia barba. Sarebbe il mio posto sicuro. Nessuno dubiterebbe di me. Nemmeno io. Con la barba sembrerei un ragazzo per forza”. Ti è capitato di dubitare di ciò che sentivi di essere e volevi diventare?
C'è stata un po' di paura prima di affrontare questo percorso. Ma una paura “buona”, quella dell'inizio, un po' il motore che ti permette di procedere. Bisogna sempre dire che ogni percorso è diverso e ognuno ha la sua esperienza, perché siamo tutti diversi. Mi spaventava pensare che avrei dovuto fare un "passaggio da stato A a stato B", ma in realtà per me non è stato questo il percorso. È stato come crescere. Lo penso come un colore che inizialmente è tenue e poi diventa sempre più acceso, intenso, senza fermarsi: continuiamo a cambiare. Inoltre avevo paura che sarei stato solamente una persona trans, ma in realtà è solo uno spicchio di quello che sono, una piccola percentuale, dentro c'è anche tutto il resto di me.

Senti, c’è qualcosa della “vita da uomo” che già ti è venuto a noia?
Idealmente potremmo dire che non esiste vita da uomo o vita da donna, ma in questa società qui, in questa parte di mondo, nasciamo e ci mettono in testa degli ombrelli che possono essere o rosa o blu.... Altri colori non sono possibili. Quello che fa ombrello blu, non può fare ombrello rosa e viceversa. All'inizio pensavo che non avrei più potuto ascoltare Beyoncé, che avrei dovuto per forza giocare a calcio e conoscere tutti i calciatori della Nazionale: la realtà è che non esistono cose da uomo o cose da donna, ma le "cose delle persone". Accorgerci che esistono questi stereotipi, che esiste "la legge degli ombrelli", è già un piccolo passo per smontarli e liberarcene piano piano.

Che ruolo hanno avuto genitori e amici in questo percorso?
Avere attorno una fitta rete di persone che ti sostiene sicuramente fa il 90% di tutto. Esistono poi strutture con professionisti competenti che possono aiutarti ad affrontare il tutto e a conoscerti molto meglio. Ma non ho mai avuto ostacoli di questo tipo, anzi sono sempre stato circondato da persone aperte e disponibili a comprendere.

Quindi mi pare di capire che i rapporti non sono cambiati.
Sono cambiati, ma in positivo. Ogni rapporto è migliorato, considerando che adesso io sono davvero io. Ho raggiunto una certa consapevolezza, che però non basta mai, perché quando pensi di esserti trovato davvero, lì ricomincia tutto da capo, alla ricerca di nuove consapevolezze. Ma adesso mi sento più presente a me stesso e di conseguenza vivo meglio anche con le persone. Ascolto meglio tutto il mondo che mi circonda.

Che rapporto hai con il tuo “dead name”. E quanto è davvero “morto”?
Per quanto riguarda la mia esperienza e anche la storia di Barba, non esiste un nome morto: Ale è il risultato di tutto quello che c'è stato prima di lui. Senza di Lisa non sarebbe arrivato dove è adesso. È come crescere, affermarsi nel tempo, il nucleo è lo stesso, solo che matura, fiorisce. In ogni caso bisogna sempre fare attenzione a quale nome e pronome utilizzare, perché ci rendono noi stessi quando ci interfacciamo con gli altri, ed è una cosa davvero importante.